27/09/2025
Ciò che finanzi, orienti. Si può dissimulare tale assioma auto-evidente da teoria del complotto, ma resta elementare fisiologia del potere.
Un apparato mediatico che trae la quota prevalente di ricavi da un’unica entità o sistema entra in rapporto di dipendenza funzionale con lo stesso, e il tema se ciò lo renda meno libero non si pone, perché strutturalmente non è libero. Il prodotto di questo è una narrativa monomaniacale verso gli interessi delle individualità in oggetto, e il placebo di una cronaca apparente che è solo il feticcio ingegnerizzato per somministrare un’anestesia generale contro ogni critica reattiva. Talmente lapalissiano che il paradosso sia doverlo anche evidenziare.
L’imparzialità nel caso di specie editoriale rappresenta un’architettura sorretta da distanza finanziaria, autonomia e assenza di debiti di riconoscenza, pilastri senza i quali ogni informazione diramata si piega nella cornice del migliore offerente, verosimilmente colui che detiene il potere economico maggiore. Ne consegue che l’informazione è valida solo quando indipendente, e l’indipendenza si misura con la pluralità delle entrate (esclusivamente dai lettori) operando una tracciabilità integrale delle fonti di finanziamento quale parete di controllo tra chi finanzia e chi decide la linea editoriale, con trasparenza dei progetti sponsorizzati e valutazione esterna, indipendente, dei bias da finanziamento.
Reputo ciò rappresenti il minimo dei prerequisiti di credibilità ai quali dovrebbe sottoporsi il settore, come barriera d’asepsi che distanzia chi eroga fondi da chi direziona l’apparato mediatico. Sebbene oggi questo sia materia di fantasia, in un contesto che rinuncia ab origine a giudicare gli organismi speculativi che dirottano l’informazione ufficiale e nel quale si perseguono senza neanche averne imbarazzo i traffici più miserevoli o inverosimili. Non occorre nemmeno l’ordine diretto, con i cani del giornalismo ammaestrati a seguire per impulso viscerale gli interessi della mano che paga e la cui assenza totale di attendibilità è ripetutamente documentata dai fatti.
Schema anatomico sovrapponibile ad un regime, ma peggiore, perché eterodiretto, estero e d’interesse sovranazionale.
Nel controfattuale opposto di un mezzo che risponde invece alla concorrenza di voci del corpo sociale appartenenti al suo pubblico, scaturirebbero inchieste di rilievo reale, verifiche dei fatti e una linea di responsabilità reputazionale. L’unica connotazione che rende credibile un progetto editoriale dovrebbe essere la povertà, evidenza che esclude accordi per accondiscendenza con un potere anelettivo e per lo più occulto che opera con regolarità l’espianto di organi dalle democrazie occidentali.
Solo la disclosione totale dei finanziamenti con incompatibilità regolamentate tra finanziatori e linea editoriale, revisione paritaria dei contenuti sostenuti e indicatori di esito pubblici, aprirebbe a una base metabolica di ricavi dai lettori come sistema di recupero per ripristinare l’omeostasi informativa. In latenza di questo ogni suddetta «fonte di informazione ufficiale» può dirsi solo un corpo estraneo a tale connotato, mera iatrogenesi del potere e catetere usa e getta del capitale.