02/10/2023
Sotto la maschera (ASD, DSM 5 e Masking)
Il Disturbo dello Spettro dell’Autismo (ASD) è inserito all’interno del DSM-5 tra i disturbi del neurosviluppo.
Vi sono due criteri in particolare osservati per fare diagnosi di ASD, Il primo è il persistente deficit della comunicazione sociale e dell’interazione sociale in molteplici contesti, delineato nei seguenti deficit:
Deficit di reciprocità socio-emotiva, ovvero una certa difficoltà a iniziare o mantenere relazioni con gli altri, un approccio sociale anomalo e fallimento della normale reciprocità nel conversare, una scarsa condivisione di interessi e delle emozioni;
Deficit dei comportamenti comunicativi non verbali utilizzati per l’interazione sociale, ad esempio vi è scarsa integrazione tra comunicazione verbale e non verbale, anomalie nel contatto oculare, atipie nella mimica facciale;
Deficit nello sviluppare, gestire e comprendere le relazioni sociali
Il secondo criterio è riferito ai pattern di comportamento, interessi o attività ristretti, ripetitivi (stereotipati), osservati in ecolalia, movimento, uso di oggetti e del linguaggio stereotipato o in modo ripetitivo, aderenza ad una routine priva di flessibilità, rituali, forte selettività.
Il livello di gravità si basa proprio sulla compromissione di questi due criteri principali, e di quanta necessità di sostegno necessita la persona per mostrare interazioni sociali funzionali ed una certa ampiezza negli interessi e nelle risposte comportamentali più in generale.
Vi è compromissione significativa del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
Le alterazioni osservate non devono essere meglio spiegate da disabilità intellettiva o da ritardo globale dello sviluppo: il livello di comunicazione sociale deve essere inferiore rispetto al livello di sviluppo generale.
I sintomi dell’ASD sono presenti sin dall’infanzia, anche se possono essere mascherati da scarse richieste del contesto sociale in cui vive l’individuo e da strategie apprese.
Diverse ricerche si dedicano negli ultimi anni al mascheramento dei sintomi dell’autismo, sottolineando che il fine ultimo di questi sforzi è ridurre la visibilità sociale di tratti autistici, aumentando invece i comportamenti in linea con il modo neurotipico di interagire nella società. Si tratta, secondo alcuni studiosi, di una strategia di fronteggiamento dello stigma sociale potenzialmente derivante dai sintomi dell’autismo: il masking è per chi lo pratica un modo per essere accettati, per far parte in qualche modo di una società neurotipica pur vivendo una neurodivergenza. Esso quindi rappresenta un’alternativa all’evitamento di situazioni sociali, ma potrebbe anch’esso presentare dei costi.
Il masking (o camouflage) è particolarmente comune tra le donne con ASD, e alcuni ricercatori stanno approfondendo il costo di questa maschera: ad esempio Alaghband-Rad et al. riportano il concetto di burnout autistico, avvicinandolo agli sforzi che richiede il tenere una maschera per tempi prolungati. La qualità della vita, secondo Cage et al. e Mantzalas et al. rischia di essere compromessa dal mascheramento dei sintomi dell’autismo, Lilley et al. sottolineano le potenziali problematiche correlate all’uso della maschera sull’autostima; altri autori includono tra le conseguenze del camouflage autistico una più alta probabilità di sviluppare un disturbo d’ansia, depressione, alti livelli di stress, senso di non appartenenza alla società e pensieri e comportamenti suicidari. Usare una maschera sul lavoro per nascondere i sintomi dell’autismo può aumentare il senso di inautenticità e può essere correlato a difficoltà emotive. Anche il funzionamento esecutivo (ovvero tutta una serie di abilità cognitive come concentrazione, attenzione, problem solving, inibizione, flessibilità ecc.) sembra compromesso dagli sforzi necessari al mascheramento.
È chiaro che l’alternativa: l’evitamento, che porta ad isolamento, può facilmente risultare in un ridotto funzionamento sociale, venendo meno tutta una serie di opportunità sociali e di conseguenza riducendosi le opportunità di svago e di apprendiemento.
Se la fuga dalla società (risultante sia dall’isolamento che dal masking, in cui la propria spontaneità non è immersa nel sociale ma è appunto “in fuga”) sembra non essere una strada percorribile al fine del raggiungimento di una migliore qualità di vita, quale alternativa scegliere? Come sopravvivere in una società con la quale non si è perfettamente “in linea”? Può essere una strada quella dell’accettazione? È faticosa anch’essa: accettarsi più che cambiare indossando una maschera, un trucco, per sembrare più belli agli occhi degli altri, non è spesso ciò che sceglie la gente. Tuttavia riconoscendo i propri valori ed il proprio valore ci si può apprezzare nelle differenze, che poi alla fine il concetto di “diverso” accomuna neurotipici e neurodivergenti, dal momento che due esseri umani non sono mai uguali, almeno per la vita che hanno vissuto, che molto molto difficilmente potrà tra due diverse persone coincidere alla perfezione.
Cosa ne pensate del masking? Avete mai sperimentato il desiderio di nascondere qualcosa di voi, e che costo ha avuto farlo? E che ne pensate dell’alternativa di un’intima accettazione della diversità, nonostante poi qualcun altro potrebbe non accettare questa diversità? Che pensare, che fare, di fronte a questo “muro” che si potrebbe incontrare negli altri?