Dott.ssa Silvia Piano Psicologa

Dott.ssa Silvia Piano Psicologa Psicologa - cell: 3383613708 Una piacevole occasione per entrare nel mondo della Psicologia attraverso curiosità, emozioni e sentimenti.

Questa illustrazione viene spesso proposta da psicologi, pedagogisti, educatori (…) come un simbolo dell’eccessiva prote...
29/08/2024

Questa illustrazione viene spesso proposta da psicologi, pedagogisti, educatori (…) come un simbolo dell’eccessiva protezione. Ma non è così.

Noi ci vediamo tutt’altro e vogliamo proporvi una nuova chiave di lettura. La vignetta non parla di «IPERPROTEZIONE». Chi «IPERPROTEGGE», infatti, è anche IPERVIGILE ai segnali che l’altro manda. Chi IPERPROTEGGE, ha un elevato FOCUS sui BISOGNI ALTRUI…. allora, avrebbe notato i PRIMI SEGNALI di sofferenza del piccolo fiorellino.

Al contrario, chi agisce SENZA CONSIDERARE LE REALI ESIGENZE DELL’ALTRO, danneggia. È importante scandire questa differenza. Altrimenti si rischia di confondere la DISATTENZIONE con la PREMURA. L'Amore con l'incuria e le preoccupazione con. il controllo.

Il fiore più grande, non è iperprotettivo, è disattento, inconsapevole.

Il box finale della vignetta è POTENTISSIMO perché il fiore grande sembra “stupito” delle condizioni del piccolo, inconsapevole della sua responsabilità… Nelle famiglie, nelle relazioni, spesso si FINISCE PER CONDANNARE L’ALTRO PER LE PROPRIE VULNERABILITA’ senza rendersi conto che si è artefici! Senza capire che quelle vulnerabilità sono state CAUSATE proprio dalla superficialità, dal MANCATO ASCOLTO di chi colpevolizza.

Quanti sintomi, quanti malesseri “nascono” così, in un contesto relazionale e poi vengono considerati - come qualcosa dell’individuo, di non relazionale? Tantissimi.

Quindi, ragazzi, questa vignetta parla di:
- incuria
- mancato ascolto
- mancanza di cure
- irresponsabilità…
… parla di tante cose, eccetto di iperprotezione.

- | Psicoadvisor

Sono andata a cercare l’origine della parola sensibilità: parola composta dal verbo "sentio" (sentire) e dal sostantivo ...
23/08/2024

Sono andata a cercare l’origine della parola sensibilità: parola composta dal verbo "sentio" (sentire) e dal sostantivo "habilitas" (disposizione, attitudine).
La sensibilità è la capacità di sentire.
Ma la cosa bella è che per i latini questa era un’habilitas, un’abilità, una dote, un talento, un punto di forza, qualcosa di positivo che si possiede, che si ha dentro (habilitas deriva a sua volta dal verbo habeo), quasi una consapevolezza di sé.
E per noi invece?
Da quando per noi la sensibilità ha smesso di essere un pregio ed è diventata una mancanza, una debolezza, un difetto?
Da quando ha smesso di essere un’habilitas ed è diventata invece l’esatto contrario, una sorta di "in-abilità" a stare al mondo?

(Nicole, "Ossimoro Tossico")

"Memineris avvenimenta tumultu, qui eos comitatur, nudare et eorum essentiam considerare: intelleges nihil esse in eis t...
22/08/2024

"Memineris avvenimenta tumultu, qui eos comitatur, nudare et eorum essentiam considerare: intelleges nihil esse in eis terribile nisi nostram metum."
(Seneca)
"Ricordati di spogliare gli avvenimenti dal tumulto che li accompagna e di considerarli nella loro essenza : capirai che in essi non c'è niente dì terribile se non la nostra paura"

Questa citazione di Seneca invita a un profondo esercizio di riflessione e discernimento. Il filosofo ci esorta a guardare oltre le apparenze superficiali e tumultuose degli eventi della vita, che spesso sono accompagnate da emozioni intense, preoccupazioni e paure. Secondo Seneca, la vera natura degli avvenimenti è spesso molto meno terribile di quanto sembri a prima vista. È solo la nostra paura, spesso infondata o esagerata, a conferire loro un aspetto spaventoso.

Seneca suggerisce un approccio razionale agli eventi, invitandoci a "spogliarli" del tumulto emotivo, per osservarli nella loro essenza. Questo processo di "spogliare" implica una sorta di distacco emotivo, un esercizio di controllo su se stessi che permette di vedere la realtà per quello che è, libera da distorsioni emotive.

In un certo senso, Seneca sta parlando della potenza della mente umana: la nostra interpretazione degli eventi è ciò che determina la nostra percezione della loro gravità. Quando affrontiamo le nostre paure, le riduciamo alla loro vera dimensione, scoprendo spesso che non erano così formidabili come sembravano.

Questo messaggio è straordinariamente rilevante anche oggi. In un mondo pieno di stimoli e informazioni che ci sopraffanno, è facile cadere vittima del tumulto che accompagna gli eventi e delle emozioni che essi suscitano. Seneca ci ricorda l'importanza di mantenere la calma, di esercitare la nostra ragione e di affrontare le situazioni con lucidità. Facendo questo, possiamo vivere in modo più sereno, riconoscendo che la paura è spesso una costruzione della nostra mente e non una caratteristica intrinseca degli eventi stessi.

Antonio D'Ettorre

Una breve storia zen recita: IL SAGGIO E LE DOMANDE C’era una volta un vecchio saggio seduto ai bordi di un’oasi all’ent...
20/08/2024

Una breve storia zen recita:

IL SAGGIO E LE DOMANDE

C’era una volta un vecchio saggio seduto ai bordi di un’oasi all’entrata di una città del Medio Oriente.
Un giovane si avvicinò e gli domandò:
"Non sono mai venuto da queste parti. Come sono gli abitanti di questa città?"
L’uomo rispose a sua volta con una domanda:
"Come erano gli abitanti della città da cui venivi?"
"Egoisti e cattivi. Per questo sono stato contento di partire di là".
"Così sono gli abitanti di questa città!", gli rispose il vecchio saggio.
Poco dopo, un altro giovane si avvicinò all’uomo e gli pose la stessa domanda:
"Sono appena arrivato in questo paese. Come sono gli abitanti di questa città?"
L’uomo rispose di nuovo con la stessa domanda:
"Com’erano gli abitanti della città da cui vieni?".
"Erano buoni, generosi, ospitali, onesti. Avevo tanti amici e ho fatto molta fatica a lasciarli!".
"Anche gli abitanti di questa città sono così!", rispose il vecchio saggio.
Un mercante che aveva portato i suoi cammelli all’abbeveraggio aveva udito le conversazioni e quando il secondo giovane si allontanò si rivolse al vecchio in tono di rimprovero:
"Come puoi dare due risposte completamente differenti alla stessa domanda posta da due persone?
"Figlio mio", rispose il saggio, "ciascuno porta nel suo cuore ciò che è.
Chi non ha trovato niente di buono in passato, non troverà niente di buono neanche qui.
Al contrario, colui che aveva degli amici leali nell’altra città,troverà anche qui degli amici leali e fedeli.
Perché, vedi, ogni essere umano è portato a vedere negli altri quello che è nel suo cuore.

Nella vita si trova sempre ciò che si aspetta di trovare.. perché ognuno proietta all’esterno ciò che risiede dentro di sé

SAPEVI CHE IL MITO DELLA CAVERNA DI PLATONE RIVELA LA NATURA DELLA NOSTRA REALTÀ?Allegoria che sfida la nostra percezion...
19/08/2024

SAPEVI CHE IL MITO DELLA CAVERNA DI PLATONE RIVELA LA NATURA DELLA NOSTRA REALTÀ?

Allegoria che sfida la nostra percezione del mondo

Nel libro VII de "La Repubblica",
(Platone presenta una delle allegorie più celebri e profonde della filosofia occidentale) il Mito della Caverna. Questo racconto non è solo una narrazione affascinante, ma anche uno strumento potente per comprendere la teoria della conoscenza e la percezione della realtà, concetti centrali nel pensiero platonico

Immaginate una caverna oscura dove un gruppo di prigionieri è incatenato fin dalla nascita. Questi prigionieri sono immobilizzati in modo tale che possono guardare solo verso una parete di fronte a loro. Dietro i prigionieri, c'è un fuoco e, tra il fuoco e i prigionieri, c'è un sentiero rialzato. Su questo sentiero passano persone che portano oggetti e figure di varie forme, proiettando ombre sulla parete che i prigionieri possono vedere. Per questi prigionieri, quelle ombre sono l'unica realtà che conoscono
Le ombre nella caverna simboleggiano l'ignoranza e la percezione limitata di coloro che non hanno raggiunto la conoscenza vera. Rappresentano una realtà distorta e superficiale, una metafora di come le apparenze e le percezioni possano ingannare la nostra comprensione della vera natura delle cose.
Il mito prende una svolta significativa quando uno dei prigionieri viene liberato. All'inizio, questo prigioniero prova un dolore acuto e una confusione intensa nel ve**re esposto alla luce del fuoco e, infine, al sole del mondo esterno. La luce è accecante, e il prigioniero lotta per comprendere questa nuova realtà. A poco a poco, i suoi occhi si abituano, e inizia a vedere il mondo così com'è: colori, forme, la vastità del cielo e lo splendore del sole. Questo processo simboleggia il cammino verso la conoscenza e l'illuminazione intellettuale, un viaggio arduo e doloroso, ma profondamente trasformativo.
Il prigioniero liberato si rende conto che le ombre nella caverna non sono la realtà, ma semplici illusioni. Nel suo desiderio di condividere questa rivelazione, torna nella caverna per liberare gli altri. Tuttavia, al suo ritorno, trova resistenza e viene frainteso da coloro che sono ancora incatenati. Per loro, le ombre restano l'unica realtà valida, e l'idea di una realtà diversa è inconcepibile e minacciosa. Questo ritorno sottolinea la difficoltà di trasmettere e accettare la verità in un mondo abituato alle illusioni, un riflesso della resistenza umana al cambiamento e all'accettazione di nuove verità.

Il Mito della Caverna, quindi, non illustra solo la teoria epistemologica di Platone, ma anche la sua visione sull'educazione e il ruolo del filosofo nella società. Il filosofo, come il prigioniero liberato, ha la responsabilità di guidare gli altri verso la luce della conoscenza, anche se ciò comporta affrontare l'incomprensione.

Una mattina, la maestra disse:  - "Oggi faremo un disegno".  - "Bene!", pensò il bambino. Gli piaceva fare di tutto: leo...
19/08/2024

Una mattina, la maestra disse:
- "Oggi faremo un disegno".
- "Bene!", pensò il bambino. Gli piaceva fare di tutto: leoni e tigri, galline e mucche, treni e navi; e tirò fuori la sua scatola di pastelli e iniziò a disegnare.

Ma la maestra disse:
- "Aspetta! Non è ancora ora di iniziare!"
E aspettò che tutti fossero pronti.
- "Ora", disse la maestra, "facciamo dei fiori".
- "Bene!", pensò il bambino. Gli piaceva disegnare fiori belli con le sue matite rosa, arancione e blu. Ma la maestra disse:
- "Aspetta! Ti insegnerò come fare".
E disegnò un fiore rosso, con un gambo verde.
- "Ecco", disse la maestra, "ora puoi iniziare".

Il bambino guardò il fiore della maestra, poi guardò il suo. Gli piaceva di più il suo fiore rispetto a quello della maestra, ma non lo disse. Si limitò a girare il foglio e fece un fiore come quello della maestra: rosso, con un gambo verde.

Un altro giorno, la maestra disse:
- "Oggi faremo qualcosa con l'argilla".
- "Bene!", pensò il bambino. Gli piaceva l'argilla. Poteva fare di tutto: serpenti e pupazzi di neve, elefanti e topi, auto e camion. E iniziò a ti**re e pizzicare la sua palla di argilla.

Ma la maestra disse:
- "Aspetta! Non è ancora ora di iniziare!"
E aspettò che tutti fossero pronti.
- "Ora", disse la maestra, "facciamo un piatto".
- "Bene!", pensò il bambino. Gli piaceva fare piatti e iniziò a crearne di tutte le forme e dimensioni.

Ma la maestra disse:
- "Aspetta! Ti insegnerò come fare".
E mostrò a tutti come fare un piatto profondo.
- "Ecco", disse la maestra, "ora potete iniziare".

Il bambino guardò il piatto della maestra, poi guardò il suo. Gli piaceva di più il suo piatto rispetto a quello della maestra, ma non lo disse. Si limitò a trasformare la sua argilla in una grande palla di nuovo e fece un piatto come quello della maestra: un piatto profondo.

E molto presto il bambino imparò ad aspettare, osservare e fare le cose come la maestra. E molto presto non creò più nulla da solo.

Poi accadde che il bambino e la sua famiglia si trasferirono in un'altra casa, in un'altra città, e il bambino dovette andare in un'altra scuola.

La nuova maestra disse:
- "Oggi faremo un disegno".
- "Bene!", pensò il bambino. E aspettò che la maestra gli dicesse cosa fare. Ma la maestra non disse nulla. Si limitò a passeggiare per la classe.

Quando si avvicinò al bambino, gli chiese:
- "Non vuoi fare un disegno?"
- "Sì", disse il bambino.
- "Cosa disegniamo?"
- "Non lo so finché non lo fai", disse la maestra.
- "Come lo faccio?", chiese il bambino.
- "Beh, come vuoi", disse la maestra.
- "E di che colore?", chiese il bambino.
- "Qualsiasi colore", disse la maestra.

E il bambino iniziò a disegnare un fiore rosso con un gambo verde.

---

"Abbiamo una definizione ristretta di cosa significa essere intelligenti, che esclude molte persone e ferisce il senso di sé degli altri. Abbiamo elevato un tipo di intelligenza a scapito di tutte le altre forme di intelligenza e di espressione.

L'intelligenza non è una cosa sola, ma tante. Il vero problema è un insieme di pratiche istituzionali che rafforzano l'idea che la differenza sia un problema.

Non fare le cose solo come ti dicono gli altri. Fai le cose nel modo che ti sembra migliore. Il tuo modo potrebbe essere migliore".

Testo: Helen Buckley

Pensiero largo e pensiero chiusoDentro di noi esistono due modi di pensare, un pensiero “largo” e uno “chiuso”. Cosa int...
04/05/2024

Pensiero largo e pensiero chiuso

Dentro di noi esistono due modi di pensare, un pensiero “largo” e uno “chiuso”. Cosa intendo per pensiero “chiuso”? Tutte le volte che ci succede qualcosa e ci mettiamo a pensare e a ripensare a quanto ci è accaduto, quando cerchiamo un perché per ogni episodio, quando vogliamo individuare la causa che ha determinato la nostra sofferenza…, quando tutta la mente è concentrata sull’evento che mi ha ferito… quando si vuole spiegarne i passaggi, allora siamo in una situazione di pensiero “chiuso”. Quando ragioniamo sulle ferite dell’anima. Dopo un abbandono, una sconfitta, un tradimento, ci chiudiamo nella prigione dei pensieri. Così non possiamo farcela.
Io mi sono imposto questa regola: tutte le volte che soffro non devo ragionarci su e mai, assolutamente mai, cercare soluzioni.
Qualunque cosa accada, io non penso mai a che cosa l’ha causata, ma sposto lo sguardo altrove. Faccio come i bambini, che sono maestri dell’anima: mi distraggo, mi affido al pensiero “largo”.
Fantasie, immagini, sogni a occhi aperti sono la mia cura e rappresentano il pensiero “largo”, quello che non ha i confini dei pensieri e che è il perno della terapia dei disagi dell’anima. Il pensiero “largo” è l’abbandonarsi alle immagini, ai sogni e alle fantasie che si accendono dentro di noi.
Con un pensiero “largo” siamo in grado di dare un senso nuovo e più ampio alla vita, di sviluppare appieno la nostra natura e realizzarci con fluidità, senza inutili deviazioni.

Raffaele Morelli, L’unica cosa che conta.

perché il mondo sta letteralmente impazzendo?
13/03/2024

perché il mondo sta letteralmente impazzendo?

Secondo l'ultimo report Mental State of the World, la salute mentale globale è crollata, con i giovani particolarmente colpiti.

Oggi sul "Sole 24 ore" si parla di salute mentale sul lavoro.Il malessere è aumentato negli ultimi anni del 6%, di cui i...
06/03/2024

Oggi sul "Sole 24 ore" si parla di salute mentale sul lavoro.
Il malessere è aumentato negli ultimi anni del 6%, di cui il 23% è riconducibile al contesto lavorativo.
Le riflessioni del Ceo di Axa, Chiara Soldano, sono molto stimolanti:
- solo il 45% degli italiani sente che l'azienda ha dato supporto in caso di difficoltà
- il minor coinvolgimento delle persone con disagio psicologico ha un impatto sul PIL del 3,5%.

È ormai consolidato il binomio
PIÙ BENESSERE = PIÙ PERFORMANCE

In questa ottica, nell'agenda di un capo è necessario che ci sia il benessere in chiave performativa.

Indirizzo

Riceve Su Appuntamento A Bergamo
Bergamo

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Dott.ssa Silvia Piano Psicologa pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta Lo Studio

Invia un messaggio a Dott.ssa Silvia Piano Psicologa:

Condividi

Share on Facebook Share on Twitter Share on LinkedIn
Share on Pinterest Share on Reddit Share via Email
Share on WhatsApp Share on Instagram Share on Telegram

Digitare