Gruppo di Ricerca e Formazione sull'Immaginario

Gruppo di Ricerca e Formazione sull'Immaginario Il GRUPPO DI RICERCA E FORMAZIONE SULL’IMMAGINARIO
è composto da figure professionali che si inte

05/10/2025

Miagola Azzurro di Celentano e riconosce il tuo volto.

Nelle RSA del Veneto dal 2022 succede qualcosa di impensabile. Un gatto artificiale che non ha mai cacciato un topo, ma cattura ricordi.

Il robot memorizza fino a 120 volti diversi tra ospiti e operatori. Ogni persona ha la sua colonna sonora d'epoca: canzoni italiane degli anni '60 che riportano alla mente momenti perduti.

Non è fantascienza, è robopet therapy.

Gli operatori raccontano scene toccanti: anziani che non parlavano da mesi tornano a sorridere sentendo "Nel blu dipinto di blu". Il gattino artificiale diventa confidenze sussurrate e abbracci spontanei.

L'Università di Padova ha documentato tutto in una tesi pionieristica. Anche Ca' Foscari di Venezia studia questo fenomeno: come un oggetto senza anima risvegli l'anima di chi l'ha quasi perduta.

Prima del Covid c'erano cani e gatti veri nelle case di riposo. La pandemia ha chiuso quella porta per sempre, aprendo questa finestra tecnologica.

Il risultato stupisce: meno farmaci sedativi, più momenti di lucidità.

Oggi la memoria si affida a circuiti di silicio che cantano melodie del cuore. Domani chissà quale altra frontiera tra uomo e macchina cadrà, nell'eterna ricerca di ciò che ci rende umani.

Forse il paradosso è proprio questo: serve un robot per ricordarci chi siamo.

💁‍♂️ Quel che non sapevi, in breve
👉 Memorizza 120 volti e associa canzoni personalizzate a ogni ospite
👉 Ha ridotto l'uso di sedativi in diverse RSA del Veneto
👉 È nato dalle limitazioni Covid alla pet therapy tradizionale
👉 È studiato dalle università di Padova e Ca' Foscari

30/09/2025

La direzione non è dare in eredità ai figli giardini reali, non è dare in eredità ai figli, i beni le rendite, le proprietà.

Si tratta di dare in eredità ai figli il nostro sguardo sul mondo.

La prima forma dell'eredità dei figli è l'eredità dello sguardo dei genitori.

Questo sguardo è capace di vedere lo splendore del mondo?

Questo sguardo è capace di testimoniare che sentiamo, sentiamo ancora, che siamo ancora capaci di amare, nonostante il dolore del mondo?

[Massimo Recalcati]

29/09/2025
27/09/2025
12/09/2025

«Nessuna Scuola-dispositivo potrà mai sopprimere l’esistenza della Scuola-radura salvo trasformare la Scuola stessa in una pura organizzazione carceraria. Lo racconta a suo modo un film divenuto cult come L’attimo fuggente (1989), dove in una Scuola ispirata a un codice paterno deformato e ridotto alla trasmissione dell’ideale disciplinare dell’obbedienza ai valori della tradizione, un professore – il mitico professor Keating – porta con sé la potenza anarchica e sovversiva del desiderio di sapere. Per quanto il dispositivo della Scuola tenda a ridurre il sapere a una ripetizione anonima di slide prive di vita, l’esperienza della radura e della luce è, in realtà, sempre possibile».

La luce e l'onda. Cosa significa insegnare? (Einaudi editore, 2025)

08/09/2025

Gli scienziati hanno scoperto che la sfida fisica più dura per il corpo umano non è correre un’ultramaratona.
È la gravidanza.

Il cuore cresce e p***a fino al 50% di sangue in più.
I polmoni perdono quasi il 20% della loro capacità perché gli organi si spostano.
Il cervello si “riscrive”, con cambiamenti che durano anni, per permettere alla madre di legarsi e proteggere il suo bambino.
Nel terzo trimestre, il sonno diventa frammentato come in chi soffre di insonnia cronica.
E il corpo crea persino un nuovo organo: la placenta, che consuma più energia del cervello stesso.

Eppure, alle mamme spesso viene detto di “smettere di lamentarsi” e di “godersi ogni momento”.

La gravidanza non è solo qualcosa di meraviglioso.
È il lavoro più duro che un corpo umano possa mai affrontare.
E il mondo non dovrebbe mai darlo per scontato. ❤️

08/09/2025

[ Tutto ciò che di più grande conosciamo ci è venuto dai nevrotici. ]

Sono loro e non altri che hanno fondato religioni e hanno creato magnifiche opere d’arte. Mai il mondo saprà quello che deve loro, e nemmeno quanto essi abbiano sofferto per poter elargire i loro doni. Noi gustiamo le incantevoli musiche, i bei quadri, mille cose raffinate, ma non sappiamo ciò che esse sono costate a coloro che le inventarono, in insonnie, pianti, risa spasmodiche, orticarie, asme, epilessie, e in un’angoscia di morire, che è peggio di tutto quanto.

Marcel Proust, da “I Guermantes”, Alla ricerca del tempo perduto - Traduzione di Giovanni Raboni

ph Stefan Moses

05/09/2025

Identificazione Proiettiva.

“Sappiamo che l’identificazione è la più primitiva e originaria forma di legame emotivo” scriveva Freud nel 1921, in “Psicologia delle masse ed analisi dell’Io”, descrivendo le forme dell’identificazione primaria, basata sull’acquisizione delle caratteristiche dell’oggetto amato, attraverso un processo di introiezione, sul modello degli istinti cannibalici originari del neonato:

un legame emotivo precoce, precedente all’instaurarsi della relazione anaclitica*.

-A partire da questa considerazione, è possibile affermare che l’identificazione originaria a cui Freud si riferisce costituisce una sorte di matrice teorica di cruciale importanza, che solo nel tempo verrà ripresa e sviluppata dagli psicoanalisti post-freudiani, anche grazie al progressivo maggior riconoscimento dei meccanismi di funzionamento della mente primitiva, e della precocità delle relazioni oggettuali.

Sarà il caso dell’”identificazione proiettiva”.

-Il concetto di “identificazione proiettiva”, pur essendo comparso già in precedenza nella letteratura psicoanalitica (Weiss, 1925; Brierley, 1945) non suscitò molto interesse negli psicoanalisti, finché non venne descritto nel 1946, da M. Klein, in “Note su alcuni meccanismi schizoidi”.

-Concordando con le osservazioni di Fairbain (1944) sull’esistenza di una “posizione schizoide” normale nei primissimi tempi dello sviluppo, M.Klein descrive una particolare fantasia attraverso la quale il neonato – per difendersi dall’angoscia – scinde, e proietta parti di sé intollerabili all’interno della madre, con il fine di prenderne possesso e controllarle/la:

“ poiché e in quanto, con tale proiezione dentro, la madre viene a contenere le parti cattive del Sé, essa non è sentita come un individuo separato ma come il Sé cattivo […]. Ciò determina una particolare forma di identificazione che costituisce il prototipo delle relazioni oggettuali aggressive” (ed anche, aggiungerei, delle identificazioni narcisistiche).

-Nella revisione di quello stesso articolo, nel 1952, aggiungerà:

“Proporrei di denominare questa forma di processo di identificazione ”identificazione proiettiva”.

-Si tratta di un concetto complesso, che “illustra la connessione tra istinti, fantasia e i meccanismi di difesa.

-E’ una fantasia di solito molto elaborata e dettagliata;

è un’espressione degli istinti perché sia i desideri libidici che quelli aggressivi sono sentiti essere onnipotentemente soddisfatti dalla fantasia;

è comunque anche un meccanismo di difesa nello stesso modo in cui è la proiezione, cioè sbarazza il Sé delle parti non desiderate” (H. Segal, 1967), tenendole al tempo stesso sotto controllo.

-Ciò permette, inoltre, di evitare ogni consapevolezza di separazione, di dipendenza e di invidia.

-L’uso eccessivo dei meccanismi proiettivi produce l’insorgere di angosce paranoidi, poiché gli oggetti contenenti le parti cattive del sé diventano persecutori, oltre ad un senso di svuotamento e indebolimento dell’Io, fino a stati di depersonalizzazione, per la perdita delle parti scisse e proiettate del sé.

-Questa dinamica verrà descritta da M. Klein con molta chiarezza nel suo articolo “Sulla identificazione” (1955), attraverso le trasformazioni identitarie di Fabien, il protagonista della novella di J. Green, “Se fossi in te”.

-Bisogna ricordare che M. Klein si era parzialmente dissociata dalla teoria pulsionale di Freud, ritenendo che la relazione oggettuale esistesse fin dall’inizio della vita neonatale, e che ogni spinta pulsionale fosse sempre fissata ad un oggetto, il primo dei quali è il seno materno precocemente interiorizzato, che costituisce “un organizzatore fondamentale dell’Io e ne garantisce la coesione”.

-All’epoca in cui ha descritto l’Identificazione Proiettiva, stava cercando di approfondire la qualità degli stati d’angoscia primitivi, ed i meccanismi attraverso i quali l’Io immaturo del neonato – privo di una stabile coesione ma presente ed attivo fin dalla nascita, – cerca di difendersene.

-L’angoscia conseguente all’entrata in azione della pulsione di morte nell’organismo, viene “avvertita inizialmente come paura di annientamento (morte), e… si configura pressoché immediatamente come paura di persecuzione” da parte di oggetti che minacciano il neonato dall’interno.

-Ciò lo espone ad intense angosce di frammentazione, per difendersi dalle quali, scinde attivamente ed espelle dentro all’oggetto esterno, il seno materno, parti dell’Io e degli oggetti interni minacciosi, gli oggetti cattivi.

-Questo stato della mente, caratteristico dei primi 3-4 mesi di vita, fu denominato dalla Klein “ posizione schizoparanoide”.

-Klein, tuttavia, sottolinea che, non solo parti “cattive” del sé vengono proiettate nell’oggetto esterno, ma anche parti “buone” – perché sentite come immeritate, o per proteggerle dai cattivi persecutori interni.

-Tale proiezione “è fondamentale affinché il bambino sviluppi buone relazioni oggettuali e le integri nel proprio Io”, e diventa la base dell’empatia.

-Se eccessiva, anche in questo caso, “può derivarne una troppo forte dipendenza da questi rappresentanti esterni delle parti buone del sé e la paura che la propria capacità di amare vada perduta” (Klein, 1946)

-W. Bion (1959, 1962) sarà il primo ad introdurre una distinzione tra una forma di Identificazione Proiettiva “normale”, ed una “patologica”, mettendo in luce, accanto alla primitiva funzione evacuativa descritta inizialmente da M. Klein, la dimensione interpersonale, comunicativa, che l’identificazione proiettiva contiene.

*La relazione anaclitica è, in psicoanalisi, il processo mediante il quale un bambino cerca e riceve supporto emotivo (appoggio) dalla madre o da una figura genitoriale di riferimento.

A cura di Maria Laura Zuccarino

Società Psicoanalitica Italiana.

28/08/2025

«L'inconscio di una persona è proiettato su un'altra persona, così che la prima accusa la seconda di ciò che trascura in se stessa.
Questo principio è di una validità talmente generale e allarmante che ognuno farebbe bene, prima di prendersela con gli altri, a mettersi a sedere e considerare molto attentamente se il mattone non dovrebbe essere gettato sulla propria testa.»

(C.G.Jung - Civiltà in transizione, Opere Vol. 10)

10/08/2025

"Tu non conosci la vergogna". Me l’ha detto una volta mia nonna Gera ed è stato uno degli attimi più commoventi della mia vita. Lei era una donna dura e abrasiva, che somigliava a una statua gotica. Anche lei aveva avuto i suoi dolori e suoi nodi da sciogliere. Un giorno la accompagnai a messa e un pretino, vedendola in vestito scollato, le disse: “Nonnina si copra le vergogne”. Io indicai il crocifisso e risposi al prete: “Non mi sembra che il padrone di casa abbia problemi con la nudità”. Fu allora che mi disse: “Brava, tu non conosci la vergogna”.
La vergogna non è un luogo utile: è disfunzionale, immobilizza, non fa avanzare. Un luogo che inchioda perché non permette il perdono di sé, una cantina buia chiusa dall’esterno. Il pudore, invece, è un luogo gentile, pieno di luce che a me piace molto. Una stanza dove riposano le cose che non ci convincono o che vogliamo tenere per noi. Tutti abbiamo diritto ai segreti, purché non contengano disagio.
Il rispetto dell'identità, si costruisce esercitandosi su se stessi e superando la vergogna. Perché la vergogna fa schifo, genera mostri enormi che sono il pregiudizio, lo scherno, il suicidio, l’omicidio, la violenza. Questi mostri sono parti di noi pigiate in una cantina buia.
La percezione di sé è soggettiva e ha a che fare con un’infinità di elementi emotivi e affettivi. Ha a che fare con il libri che hai letto, le canzoni che hai sentito, gli amori che ti sei negato, gli abbracci che sei riuscito a strappare.
Bisogna che gli altri abbiano rispetto dei tuoi sentimenti.
La vanità non è tra i miei peccati.
Ho il vantaggio dell'età: l'esperienza è l'unico riscatto al crollo effetto valanga dei corpi.



C’è una forza disarmante nelle parole di Drusilla Foer, una verità che si fa strada non con violenza, ma con eleganza, con quella ironia intelligente che non ferisce ma sveglia, che svela. Quando racconta quell’episodio con sua nonna – aspra, antica, forse severa – ci mostra in un attimo come la libertà di essere se stessi sia la più potente delle rivoluzioni. “Tu non conosci la vergogna” detto da chi apparteneva a un’altra epoca, a un altro mondo di codici rigidi e giudizi sussurrati, diventa un gesto d’amore, una benedizione inconsapevole.

Drusilla ci accompagna in un confronto profondo tra vergogna e pudore, due parole che spesso confondiamo, ma che lei separa con lucidità poetica. La vergogna, dice, è un luogo buio, chiuso da fuori: è prigione, è negazione, è il veleno che ci fa odiare ciò che siamo. Il pudore, invece, è una stanza gentile, dove possiamo custodire ciò che ci è caro, senza paura, senza nascondere per vergogna ma per rispetto. È una distinzione fondamentale, che andrebbe insegnata, ripetuta, ricordata.

La sua riflessione si apre poi su un tema universale: la percezione di sé, che non nasce solo da ciò che vediamo allo specchio, ma si compone di un mosaico di esperienze, traumi, sogni e carezze mancate. Siamo fatti dei libri letti, delle parole che ci hanno scaldato, degli abbandoni che ci hanno segnato. Ecco perché il rispetto per l’identità altrui è sacro: perché non si conosce mai la profondità di ciò che una persona è stata costretta a custodire nella propria cantina buia.

Le sue parole, mai banali, ci ricordano che l’esperienza è un riscatto, non un peso. Che crescere, invecchiare, cambiare, può essere la più grande delle libertà se si abbandonano le zavorre della vergogna.

E se davvero vogliamo un mondo più umano, più equo, più vero, dobbiamo cominciare da lì: dal coraggio di non vergognarci più di esistere per come siamo.
Drusilla non lo dice per provocare. Lo dice perché, semplicemente, è vero.

11/04/2025
17/03/2025

Chi non vive serenamente la propria vita è quasi sempre destinato a disturbare la vita degli altri.

Antonio Curnetta

Indirizzo

Brescia

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