18/09/2025
“Odio gli indifferenti.”
Gramsci scriveva queste parole più di un secolo fa, definendo l’indifferenza come una “paralisi dell’anima”, e gli indifferenti come
parassiti, ciechi davanti al dolore degli altri.
E oggi, quelle parole risuonano più attuali che mai.
Vedo indifferenza ovunque.
La vediamo nel silenzio verso l'orrore di Gaza
La vedo nella storia di un ragazzino che si è tolto la vita, stremato dal peso del bullismo, mentre la scuola – che dovrebbe essere il luogo più sicuro – continua a non dare abbastanza spazio all’educazione affettiva ed emotiva.
In Campania, ad esempio, è stato emanato un bando regionale per finanziare progetti dedicati proprio a questo tema: quanti istituti hanno scelto di partecipare, di mettersi in gioco, di costruire percorsi concreti per i ragazzi?
La vedo nel mio lavoro di fronte ad evidenze di interventi inefficaci, quando si sceglie che è meglio non sollevare il problema e rompere gli equilibri, a danno dei pazienti
Ho conosciuto sulla mia pelle cosa significa alzare la voce e manifestare dissenso, subire un’ingiustizia e scoprire che chi ti circonda sceglie di tacere, di non vedere, di girarsi dall’altra parte (o al massimo, da codardi, di parlarti all'orecchio senza esporsi)
L’indifferenza è una ferita che brucia due volte: una per quello che vivi, e una per chi avrebbe potuto sostenerti, cambiando il finale
Essere indifferenti non significa essere neutrali.
Significa lasciare che le ingiustizie crescano indisturbate, che il dolore diventi normalità, che il mondo peggiori un giorno dopo l’altro.
Non voglio rassegnarmi: continuerò a credere nel valore delle parole e dell’impegno.