Gran parte delle persone non cerca soluzioni, ma ascolto, comprensione profonda e assenza di giudizio. L'empatia è la risposta a molti disagi.
08/08/2025
Non tutte le ferite fanno rumore: alcuni comportamenti vengono vissuti e raccontati come “normali”, “inevitabili” o peggio ancora, qualcosa di cui siamo colpevoli. Eppure, nel tempo, lasciano segni profondi sulla nostra autostima, sulla fiducia nell’altro e sulla qualità della relazione.
In questo post non troverai un elenco di “red flag” da spuntare, ma uno spunto per fermarti a osservare il tuo rapporto con uno sguardo nuovo. Perché riconoscere dinamiche svalutanti, ambigue o irrispettose è il primo passo per proteggersi, per rinegoziare confini, migliorare la relazione o, a volte, scegliere di andar via.
Lo facciamo non per giudicare, ma per prenderci cura. ❤️
29/07/2025
Esercitare il ruolo dello psicologo, benché sia spesso idealizzato, può essere molto difficile. Eppure, durante la formazione, se ne parla davvero poco. Si è spesso concentrati su aspetti economici o su quanto sia complesso trovare riscontro nel mondo del lavoro. Si parla tanto, poi, di tecniche e modelli, ma poco, forse, della paura di “non fare abbastanza”, del rischio di sentirsi responsabili per la vita degli altri.
Una giovane collega, qualche giorno fa, mi chiedeva come si affronta l’eventualità che un paziente arrivi a un gesto estremo. Ne era spaventata, e lo comprendo. Ma è proprio qui che diventa essenziale imparare a tracciare confini: non siamo angeli né salvatori. Non salviamo nessuno. Offriamo strumenti, ascolto, presenza. Il cambiamento, però, lo costruisce chi chiede aiuto.
Idealizzare il terapeuta è pericoloso: lo schiaccia sotto un peso impossibile e priva l’altro della sua responsabilità attiva. Rogers parlava già di “cliente” più che di “paziente”, per sottolineare proprio questo: non spettatori della propria vita, ma protagonisti del proprio processo di cura.
Per affrontare tutto questo servono strumenti, ma anche supervisione, confronto, spazi sicuri dove portare il proprio senso di inadeguatezza e fatica. Perché ogni terapeuta è anche una persona, con bisogni, limiti e diritti. Ricordarlo è una forma di cura, verso di sé e verso l’altro. ☺️
Hai delle curiosità su questo lavoro? Se ti va scrivile nei commenti! ⤵️
17/07/2025
Ci sono dinamiche che nelle amicizie sembrano innocue. Ma a guardarle bene, parlano di bisogni, paure e ruoli silenziosi.
Essere sempre noi a reggere la parte accogliente. Sentire che il silenzio resta. O, viceversa, aspettarsi che sia l’altro a romperlo.
Fare spazio, anche quando nessuno ci chiede come stiamo.
Sorridere a battute che in realtà pungono. Accettare una presenza intermittente, pur di non perdere il legame. O ancora, avere difficoltà ad assumersi la responsabilità di condividere come si sta realmente nella relazione.
In psicologia lo chiamiamo “copione relazionale”: sono modalità che impariamo presto, e che tendiamo a ripetere, anche nelle amicizie adulte.
Spesso senza accorgercene, mettiamo in scena ruoli: il forte, il comprensivo, il risolutore, o, al contrario, il bisognoso, il silenzioso, l’indisponibile.
Non si tratta di colpe, ma di consapevolezza.
Domandarsi “che ruolo ho in questa amicizia?” e “come si nutre davvero questo legame?” può aprire spazi nuovi: più autentici, più paritari.
Perché l’amicizia non è solo affetto spontaneo: è anche un terreno di crescita psicologica, se abbiamo il coraggio di guardarci dentro. 🩷
Che ne pensi? In quale tra queste affermazioni ti ritrovi di più? Noi abbiamo provato a raccoglierne qualcuna, per stimolare delle riflessioni sul tema. ☺️
03/07/2025
Spesso i genitori si sentono schiacciati dal mito della perfezione. Vi è una convinzione tanto diffusa quanto dannosa, secondo cui per essere “bravi genitori” bisognerebbe riuscire a fare sempre tutto nel modo giusto: essere sempre pazienti, sempre disponibili, sempre in controllo. Ma la realtà psicologica è ben diversa e lontana da miti e leggende.
Donald Winnicott, uno dei grandi padri della psicologia dello sviluppo, ci ha insegnato che i/le bambinə non hanno bisogno di genitori perfetti, ma di genitori “sufficientemente buoni”. Ciò significa che l’essenza di una buona genitorialità non risiede nell’assenza di errori, ma nella capacità di rispondere in modo abbastanza adeguato ai bisogni emotivi del/della bambinə nella maggior parte delle situazioni.
In altre parole: è normale perdere la pazienza, alzare la voce, sentirsi sopraffatti o avere bisogno di tempo per sé. Questi momenti non rendono cattivi genitori. La vera differenza si gioca su un altro piano:
• Saper riconoscere quando qualcosa non ha funzionato.
• Essere disposti a parlarne, ad ascoltare come si è sentito nostrə figliə.
• Sapersi mettere in discussione e, se necessario, chiedere scusa.
È proprio la capacità di riparare la relazione che crea sicurezza in ogni bambinə. Loro non hanno bisogno di genitori infallibili, ma di adultə capaci di comunicare, di accogliere anche le loro fragilità e mostrare che le relazioni possono attraversare momenti difficili e ritrovare equilibrio.
Quando un genitore è sufficientemente buono, trasmette a figliə un messaggio fondamentale: “possiamo sbagliare e continuare a volerci bene”. Questo è ciò che costruisce fiducia, sicurezza e connessione profonda.
C’è stata una volta in cui ti sei accortə di aver sbagliato e hai scelto di parlarne con tuə figliə? Se, invece, ti trovi nella posizione di figliə, cosa hai apprezzato o avresti apprezzato nei tuoi genitori? Ti va di condividerlo?
30/06/2025
Questa mattina facevo fatica a muovermi. Mi sono svegliata con il corpo pesante, impastato, ogni gesto sembrava più lento, più faticoso, carico del necessario.
Ho ripensato alle conversazioni di questi giorni, alle parole dei pazienti che raccontano la stessa esperienza: una stanchezza profonda, una fatica che non passa.
Qualcuno teme di sentirsi male per strada, perché l’aria è così densa che sembra non bastare mai. Qualcun altro di avere un attacco di panico appena fuori casa. Altri ancora riferiscono di sentirsi intrappolati: senza il condizionatore si fatica a respirare, ma chiudersi in casa fa male comunque.
E allora capisco che non è solo una questione di caldo.
È una questione di salute mentale. Il caldo ci priva delle nostre energie, ci spegne, ci rende più fragili.
E ci lascia addosso una nuova, scomoda consapevolezza: stiamo iniziando a dipendere da dispositivi per poter vivere.
Non è solo disagio fisico, è ansia per ciò che sta accadendo. È il cambiamento climatico che, giorno dopo giorno, entra nella nostra vita e ci chiede: “come pensi di andare avanti così?”
Questa fatica non è pigrizia. Questa ansia non è debolezza. È un corpo che resiste, è una mente che chiede tregua. È una risposta umana a qualcosa di troppo grande per poterlo sostenere da soli.
Se anche tu ti stai sentendo così, sappi che non sei l’unico: parlarne, condividerlo, metterlo in parole potrebbe essere già un modo per respirare meglio.
19/06/2025
Ho pensato a lungo a cosa scrivere in questi giorni, ma non avevo molto da dire. Sentivo il bisogno di starmene rannicchiata sul divano a contemplare la vita, paure incluse. La clinica assorbe le mie giornate, alle volte sempre uguali: la sveglia, le faccende domestiche, i pazienti…e così il giorno seguente e quello ancora successivo. La vita di una psicoterapeuta non è così idilliaca come ci si immagini. Certi giorni si è totalmente risucchiati dalla solitudine, ed occorre armarsi di grande forza di volontà, integrando spazi di umano confronto tra colleghi, se non ci si vuol spegnere lentamente. Ho iniziato a lavorare meno di otto anni fa, ma certi giorni ho la sensazione di farlo da cinquant’anni almeno. Eppure, nonostante la fatica, una parte di me continua a sentire di aver scelto il lavoro migliore che potesse.
10/06/2025
Le parole lasciano il segno.
Alle volte sono pronunciate con rabbia, altre con leggerezza, altre ancora con distrazione. Ma quando raggiungono un adolescente, colpiscono una mente in piena trasformazione: un cervello ancora plastico, vulnerabile, affamato di riconoscimento e senso.
Durante l’adolescenza, il cervello attraversa un’intensa riorganizzazione: connessioni neurali si rafforzano o si indeboliscono in base alle esperienze vissute. E le parole, soprattutto quelle provenienti da figure di riferimento come insegnanti, genitori, educatori, non sono mai “solo parole”. Sono input che possono influenzare la costruzione dell’identità, il valore che il ragazzo attribuisce a sé stesso, la direzione dei suoi pensieri e comportamenti.
Frasi come “Hai rovinato tutto come sempre”, “Sei un caso perso”, “Non andrai mai da nessuna parte” non si limitano a ferire: si insinuano. Diventano convinzioni. Diventano etichette interiorizzate. Diventano gabbie. In EMDR le chiamiamo “cognizioni negative”. E rischiano di influenzarci per sempre.
Chi educa ha una responsabilità immensa: ogni frase può essere uno strumento di cura o una lama. Può accendere risorse o spegnere speranze.
Parlare con consapevolezza non è solo una buona pratica: è un atto psicologico e relazionale che può fare la differenza tra il costruire e il distruggere.
Quali sono le parole che vi hanno detto, che faticate ancora ad elaborare?
04/06/2025
Sempre ricorderò quel momento in cui, durante un convegno, furono pronunciate queste parole.
Non manco di restituirle ai miei pazienti quando, in alcuni momenti della terapia, si rende necessario.
La psicoterapia è un processo prezioso, nel quale agiscono importanti cambiamenti anche a livello sinaptico, ma non dobbiamo mai dimenticare che, salvo diverse condizioni cliniche, i veri agenti di cambiamento siamo noi. ❤️
28/05/2025
“Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”
28/05/2025
Sempre attuale.
21/05/2025
Ci sono giorni in cui è necessario chiedersi quante delle cose cui poniamo la nostra attenzione valga veramente la pena siano attenzionate. Sono giorni, quelli, in cui la fatica della rabbia lascia il posto ad una lucida rassegnazione sul mondo.
Vale davvero la pena spiegarsi, ostinarsi perché i nostri bisogni siano soddisfatti, provare a comunicare con l’altro, perpetrando quella cognizione negativa secondo cui siamo invisibili ed inascoltati?
Un proverbio buddhista recita “Non arrabbiarti con il pozzo che è secco perché non ti dà l’acqua, piuttosto domandati perché continui ad insistere nel voler prendere l’acqua dove hai già capito che non puoi trovarla.” La risposta a tale domanda, spesso, risiede nell’idea che abbiamo interiorizzato di noi stessi. Se durante la nostra crescita ci siamo sentiti inascoltati ed incompresi, non visti o invalidati, probabilmente perpetreremmo dei comportamenti che ci indurranno ad esserlo ancora ed ancora.
“Io sono invisibile”, “io sono impotente”, “io sono vergognoso e inadeguato”; il punto, vedete, non è quello che pensiamo del nostro interlocutore quando comunichiamo (probabilmente penseremo di lui che è uno stron*o), quanto la cognizione radicata, scomoda e dolorosa che apprenderemo di noi stessi.
Abbiamo un solo tentativo di salvarci: permettere che quell’ostinazione sorda e cieca faccia posto alla possibilità di lasciar andare. E forse, questa, è la cosa più difficile per chiunque: separarci dall’idea che NOI abbiamo dell’altro, da quella che abbiamo appreso di noi stessi, dalle nostre convinzioni sul mondo…e alle volte anche dal nostro senso di giustizia.
20/04/2025
Auguri di buona Pasqua di cuore.
Quest’anno quello che auspico è pace, per me, voi ed i miei cari pazienti. 🌻
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Mi chiamo Teresa Capparelli e sono una Psicologa. "Psicologia dell'adolescenza" di Palmonari è stato il primo testo sulla disciplina, letto all'età di 13 anni. A seguire gli scritti di Freud, prima, quelli di Vittorino Andreoli, poi.
Dopo aver maturato interesse per la disciplina ho conseguito la laurea con lode presso l'Università degli studi di Napoli Federico II nel febbraio del 2017 realizzando una tesi sperimentale in Psicologia Clinica dello Sviluppo, dal titolo "L'affetto della vergogna nell'uomo e nella donna: uno studio con l'Interpretative Phenomenological Analisys".
Dal 2015 ho dato luogo a diversi sportelli d'ascolto per adolescenti, in alcuni istituti del territorio. Ho sviluppato doti di public speaking in seguito all'esperienza maturata presso agenzie di eventi e spettacoli, soffermandomi sui temi del bullismo e delle pari opportunità. Come sostenitrice e promotrice dell'uguaglianza di genere, ho collaborato sportelli di consulenza e di ascolto per la violenza di genere.
Mi sono occupata, nel corso degli anni, di sostegno post-scolastico a bambini con disturbi specifici dell'apprendimento. Ho collaborato con diverse agenzie di eventi e spettacoli realizzando laboratori per bambini finalizzati all'utilizzo di tecniche espressive.
Collaboro periodicamente con alcune case editrici ed associazioni culturali, al fine di promuovere la scrittura come strumento terapeutico.
Sono una consulente alle vendite di prodotti a marchio e fitoterapici della nota azienda italiana "L'Erbolario", che mi ha permesso di maturare esperienza in Psicologia della vendita, con particolare attenzione alla customer experience e all’integrazione della fitoterapia nella pratica clinica.
Da Gennaio 2017 sono iscritta presso la scuola di Psicoterapia Sipgi (NA), che si occupa di psicoterapia della gestalt integrata.