
30/09/2025
“Non voglio più entrare in quella classe. La prof mi ha detto che sono inutile.”
Me lo dice una ragazzina in seduta, con lo sguardo basso e la voce che trema.
Non è un episodio isolato: da giorni, ogni volta che apre bocca, riceve un commento sprezzante, un sorriso sarcastico, un giudizio lanciato come un colpo.
Il risultato? La scuola, che dovrebbe accogliere, diventa un luogo da evitare.
Siamo abituati a parlare del bullismo dei ragazzi, ma raramente ci fermiamo a pensare al bullismo degli adulti.
A volte accade in famiglia, a volte a scuola.
Un genitore esasperato che etichetta, un docente che, magari senza accorgersene, scarica la propria frustrazione su un adolescente fragile. Non è “disciplina”. Non è “formazione del carattere”. È un abuso di potere.
Da psicologo lo vedo: una parola sbagliata detta da un adulto pesa dieci volte di più di quella detta da un coetaneo.
Perché i ragazzi ci riconoscono autorità, ci danno credito, ci ascoltano.
E quando un adulto ti dice che non vali, rischi di crederci davvero.
È arrivato il momento di cambiare prospettiva:
• Inserire una valutazione sullo stato di salute mentale nella selezione degli insegnanti. Non per escludere, ma per prevenire e offrire sostegno a chi è in difficoltà.
• Rendere obbligatoria la formazione sull’intelligenza emotiva nella formazione dei docenti: non è un extra, è il cuore del mestiere.
• Prevedere supervisioni psicologiche periodiche per i docenti, perché nessuno può reggere da solo la pressione di trent’anni di insegnamento senza strumenti di cura.
• Restituire alla scuola la sua missione originaria: insegnare educando, educare insegnando.
Ai ragazzi insegniamo che le parole possono ferire.
Ora dobbiamo avere il coraggio di insegnarlo anche a noi adulti.