Isabella Ciardo Psicologa-Psicoterapeuta-Mediatrice

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Isabella Ciardo Psicologa-Psicoterapeuta-Mediatrice L'Albero del Pensiero Centro di Psicoterapia e Servizi per la famiglia (Psicomotricità).

Psicoterapia rivolta alla famiglia, alla persona adulta o adolescente, la coppia e mediazione familiare. Trattamento di: traumi, ansia, panico, depressione, disturbi ossessivo compulsivi, disturbi del comportamento alimentare, ipocondria, depressione. Utilizzo l'approccio sistemico relazionale integrato con tecniche legate ai movimenti oculari EMI THERAPY, e alla Programmazione Neuro Linguistica (PNL).

06/07/2025

Nel 1922, al Toronto General Hospital, accadde qualcosa che la medicina non avrebbe mai dimenticato.

In quel reparto, decine di bambini diabetici giacevano tra la vita e la morte. Alcuni erano già in coma profondo, colpiti dalla chetoacidosi diabetica. Altri sopravvivevano a stento, sottoposti a diete talmente rigide da condannarli alla lenta agonia della fame.

Le stanze erano silenziose.
Le madri sedevano accanto ai letti, tenendo le mani fredde dei propri figli.
Aspettavano l’inevitabile.
Non c’era più niente da fare. Nessuna cura. Nessuna speranza.

Ma quel giorno, un gruppo di scienziati entrò con una fiala in mano.
Dentro: un estratto purificato.
Il suo nome? Insulina.

Camminarono da letto a letto.
Uno a uno, iniettarono ogni bambino in coma.
E proprio mentre arrivavano all’ultimo lettino…
il primo paziente aprì gli occhi.
Poi un altro.
E un altro ancora.
I respiri si fecero regolari, i battiti ripresero forza.
In pochi minuti, una stanza che odorava di lutto fu invasa dalla vita.

Quel momento segnò la nascita di una nuova era.
Un’epoca in cui il diabete non era più una condanna.

Tutto ciò fu possibile grazie alla determinazione di Frederick Banting e Charles Best, guidati da John Macleod all’Università di Toronto. Con il contributo di James Collip, riuscirono a rendere l’insulina utilizzabile e sicura.

E poi, fecero qualcosa di ancora più grande:
venderono il brevetto all’università per un solo dollaro.
Perché, dissero:

“L’insulina appartiene all’umanità. Non a noi.”

Nel 1923, Banting e Macleod ricevettero il Premio Nobel per la Medicina.
Ma il premio più grande è stato riportare in vita quei bambini.
E da allora, milioni di persone nel mondo continuano a vivere,
ogni giorno,
grazie a quel miracolo silenzioso che ha cominciato a ba***re in una stanza piena di dolore…
e si è trasformato in speranza.

🩺💙
Una delle pagine più nobili della scienza.
Una storia da ricordare. Sempre.

06/07/2025

A 18 anni, Elizabeth Cochrane viveva a Pittsburgh quando si trovò tra le mani un articolo intitolato “A cosa servono le ragazze?”, che sosteneva che l’unico scopo delle donne fosse fare figli e badare alla casa. Quelle parole le bruciarono dentro. Così scrisse una replica anonima, piena di passione e rabbia, che colpì talmente tanto il direttore di un giornale locale da spingerlo ad assumerla. Le diede uno pseudonimo, come usava all’epoca, ispirandosi a una canzone di Stephen Foster: Nellie Bly.

La passione di Nellie per il giornalismo investigativo era incontenibile, anche quando all’inizio la costrinsero a scrivere solo articoli su moda e società, “cose da donne”. Ma lei non ci stava. Denunciò le dure condizioni di lavoro nelle fabbriche e, a soli 21 anni, partì per il Messico per raccontare la vita della classe operaia. I suoi articoli le attirarono l’ira delle autorità, costringendola a fuggire.

A 23 anni fu assunta dal New York World di Joseph Pulitzer, dove iniziò l’inchiesta che le avrebbe cambiato la vita: si finse paziente in un ospedale psichiatrico femminile a New York. Quello che scoprì, lo raccontò in un reportage che fece il giro del Paese, portando a riforme fondamentali per il trattamento dei malati di mente.

Poi, nel 1889, decise di superare un altro confine: ispirata da “Il giro del mondo in 80 giorni”, partì da sola per compiere quell’impresa. Tornò dopo 72 giorni, stabilendo un record mondiale e diventando un’icona internazionale.

A 31 anni sposò l’industriale Robert Seaman, lasciò il giornalismo e iniziò a gestire la sua azienda, arrivando persino a brevettare due invenzioni. Ma la scrittura la richiamò ancora: durante la Prima Guerra Mondiale tornò a raccontare storie, diventando una delle prime donne al mondo a coprire un fronte di guerra attivo.

Il 27 gennaio 1922, a 57 anni, Nellie Bly se ne andò, lasciando dietro di sé un’eredità che avrebbe ispirato generazioni di giornaliste e giornalisti a non smettere mai di cercare la verità.

Perché Nellie Bly non ha solo scritto storie: ha dimostrato che una donna può cambiare il mondo semplicemente scegliendo di raccontarlo, anche quando tutti le ripetono che non serve a nulla.

10/05/2025

Non chiese il permesso — fece la storia.
La straordinaria impresa di Bertha Benz.

Nel 1888, senza informare il marito e senza alcuna autorizzazione ufficiale, Bertha Benz prese l’invenzione di lui — il Benz Patent-Motorwagen — e partì per un coraggioso viaggio di oltre 100 km da Mannheim fino alla sua città natale, Pforzheim.
Con i suoi due figli al fianco, compì un tragitto che avrebbe cambiato per sempre il corso della storia dell’automobile.

Ma non fu una semplice gita.
Il suo obiettivo era chiaro: dimostrare che l’automobile non era un giocattolo per pochi, ma un’idea con vero potenziale commerciale — qualcosa che suo marito, Karl Benz, non era ancora riuscito a dimostrare.

Durante il viaggio, Bertha affrontò numerosi problemi tecnici — e li risolse con ingegno straordinario:

🔧 Usò uno spillone da cappello per sbloccare una valvola del carburante.
🛠 Trasformò una giarrettiera in materiale isolante per il motore.
⛽ Acquistò il carburante in una farmacia — diventando di fatto il primo rifornimento della storia.
💡 Si fermò da un fabbro per riparare una catena e migliorare i freni.

Il suo audace viaggio non solo dimostrò che l’auto funzionava: conquistò l’immaginazione del pubblico, attirò investitori e contribuì a dare inizio a ciò che oggi conosciamo come Mercedes-Benz.

Nel 2008, il governo tedesco ha celebrato la sua impresa creando la Bertha Benz Memorial Route — un itinerario panoramico che segue il suo storico percorso.

Bertha Benz non fu una semplice passeggera della storia.
Fu la guida del cambiamento.

La sua visione, il suo coraggio e il suo ingegno ci ricordano che, a volte, non basta un inventore per cambiare il mondo.
Ci vuole qualcuno che creda davvero in quell’invenzione… abbastanza da mettersi alla guida.

10/05/2025

Nel 1922, un gruppo di scienziati si recò al Toronto General Hospital, dove erano ricoverati bambini diabetici in condizioni disperate. Nei reparti, spesso con più di cinquanta piccoli pazienti alla volta, molti di loro si trovavano in coma, in stato avanzato di chetoacidosi diabetica, una complicanza mortale del diabete. Altri sopravvivevano a fatica seguendo diete rigidissime, che li conducevano lentamente alla denutrizione e alla morte.

Quel giorno, la storia della medicina cambiò per sempre.

Gli scienziati passarono da un letto all’altro, somministrando ai bambini un nuovo estratto purificato, frutto di mesi di studi e sperimentazioni: l’insulina.
Si racconta che, mentre veniva iniettato l’ultimo paziente, il primo bambino trattato cominciò a riprendersi. A poco a poco, anche gli altri bambini iniziarono a risvegliarsi dal coma. Una stanza segnata dalla disperazione si trasformò in un luogo di commozione, speranza e rinascita.

All'inizio degli anni Venti, Frederick Banting e Charles Best, sotto la supervisione del professor John Macleod all’Università di Toronto, riuscirono a isolare l’insulina. Con il fondamentale contributo di James Collip, l’ormone fu purificato e reso somministrabile in modo sicuro ai pazienti.

Nel 1922 fu somministrata la prima iniezione efficace a Leonard Thompson, un ragazzo di 14 anni ormai in condizioni critiche. L’effetto fu sorprendente: i livelli di glucosio nel sangue si ridussero e la vita del ragazzo fu salvata.

Con grande senso etico, Banting, Best e Collip decisero di cedere il brevetto dell’insulina all’Università di Toronto per un solo dollaro canadese, affinché la scoperta non fosse fonte di profitto personale, ma diventasse un bene accessibile per tutti.

Nel 1923, Frederick Banting e John Macleod ricevettero il Premio Nobel per la Medicina per la scoperta dell’insulina. In segno di riconoscenza, Banting divise il premio con Best, mentre Macleod fece lo stesso con Collip.

L’insulina non fu solo una scoperta scientifica rivoluzionaria, ma un atto di generosità e visione umanitaria che ha salvato milioni di vite in tutto il mondo.

Sabato ore 10.00 incontro gratuito presentazione EMI THERAPY.
07/04/2025

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15 anni del tuo puro sorriso❤️
30/03/2025

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10/11/2024

La paura di sbagliare è una delle emozioni più profonde e radicate nell’essere umano, e affonda le sue radici in una combinazione di fattori psicologici, sociali e culturali.

Sbagliare viene spesso percepito come una minaccia alla nostra autostima e alla nostra identità, perché viviamo in una società che premia il successo e stigmatizza il fallimento.

Ma la verità è che la paura di sbagliare va molto oltre: riguarda la nostra relazione con il giudizio degli altri, la percezione di noi stessi e la nostra capacità di affrontare l’incertezza.

Fin dall’infanzia, ci viene insegnato che gli errori sono da evitare. A scuola, sbagliare un esercizio o prendere un brutto voto spesso viene associato a un senso di colpa o di vergogna, piuttosto che visto come un’opportunità di crescita.

Questo approccio ci condiziona, facendoci interiorizzare l’idea che il fallimento è qualcosa da temere. Di conseguenza, quando ci troviamo di fronte a una situazione in cui potremmo sbagliare, tendiamo a evitarla o a rimandarla, proprio per non affrontare il rischio di sentire quel senso di inadeguatezza. Inoltre, c'è un aspetto biologico che non va sottovalutato: il cervello umano è programmato per evitare il dolore e l'incertezza.

Sbagliare, o anche solo il rischio di sbagliare, può essere interpretato dal nostro cervello come una minaccia alla sicurezza. Questo perché, evolutivamente, l’errore poteva significare il rischio di non sopravvivere: per esempio, prendere una decisione sbagliata poteva mettere in pericolo il gruppo o portare a conseguenze letali.

Anche se oggi viviamo in un contesto diverso, il nostro cervello mantiene questo meccanismo di autoprotezione.Un altro motivo per cui abbiamo paura di sbagliare è legato alla pressione sociale. Siamo costantemente esposti al giudizio degli altri, e il timore di essere criticati o di non essere all'altezza delle aspettative altrui ci blocca.

Ci preoccupiamo di deludere chi ci sta intorno – genitori, partner, amici, colleghi – e questo aumenta il nostro bisogno di evitare errori a tutti i costi. L'immagine che proiettiamo verso l'esterno diventa così importante che preferiamo rinunciare a nuove sfide piuttosto che rischiare di fallire e essere percepiti come "meno competenti".
Ma la paura di sbagliare ha anche un aspetto profondamente personale. Spesso, l’errore viene vissuto come una minaccia alla nostra identità.

Se sbagliamo, potremmo mettere in discussione chi pensiamo di essere: se credo di essere una persona competente, capace e affidabile, sbagliare può far vacillare questa convinzione e farmi sentire insicuro. È come se l'errore non fosse solo un evento isolato, ma qualcosa che colpisce la nostra essenza e il nostro valore personale.

Il paradosso, però, è che proprio sbagliare è essenziale per crescere. È solo attraverso gli errori che impariamo, ci evolviamo e miglioriamo.
Se ci fermiamo davanti alla paura di sbagliare, restiamo bloccati in una zona di comfort che ci impedisce di scoprire nuove possibilità, di sviluppare nuove competenze e di raggiungere risultati che nemmeno pensavamo fossero possibili.

Gli errori sono parte integrante del processo di apprendimento, e ogni errore ci avvicina alla nostra versione migliore.

La paura di sbagliare, quindi, è naturale e umana, ma deve essere affrontata. Accettare che l’errore fa parte del percorso, imparare a convivere con il fallimento e vedere gli sbagli come opportunità di crescita piuttosto che come minacce alla nostra identità ci permette di liberarci da questa prigione psicologica. Solo così possiamo abbracciare il cambiamento e continuare a evolvere.

06/11/2024

Rivivere giorno dopo giorno i ricordi di quanto di brutto ci è accaduto non porta alcun beneficio. Se fare una certa esperienza ti porta a provare paura, riviverla nella tua mente all’infinito non farà che rinforzare quella sensazione.

Lo stesso vale per le esperienze negative e per i lutti. Più a lungo una persona rimane bloccata nel passato, rivivendo le sensazioni sgradevoli che ne hanno fatto parte, meno tempo si ha a disposizione per cominciare a rendere la propria vita meravigliosa. Superare le questioni del passato significa insegnare alle persone a svuotare la propria mente dai vari problemi a smettere di pensarci di continuo. Significa riporli nel passato, proprio dove dovrebbero stare.

BONUSO PSICOLOGO GRADUATORIE, PER GLI INTERESSATI.
11/08/2024

BONUSO PSICOLOGO GRADUATORIE, PER GLI INTERESSATI.

Sono state pubblicate le graduatorie del bonus psicologico: sul sito dell’INPS è ora possibile verificare, per chi ne ha fatto richiesta, se si è beneficiari…

26/05/2024

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Via Giordano Bruno 118

47521

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