
25/08/2025
L’AMORE CHE TRATTIENE
Non è facile lasciar andare chi si è cresciuto.
Non è semplice accettare che un figlio cresca e che, crescendo, si allontani, scelga, sbagli, diventi altro da noi.
Eppure, se ci pensiamo bene, la crescita – quella vera – è sempre una forma di separazione.
Separarsi per definirsi.
Distaccarsi per poter amare davvero.
Uscire, non per fuggire, ma per rinascere.
Molti genitori non trattengono i figli per egoismo, ma per paura.
Una paura che veste i panni dell’amore, ma che amore non è:
è insicurezza, senso di colpa, bisogno di controllo.
«Se esci, potresti farti male. Se esci, io resterò solo. Se esci, potresti non tornare…».
Ma se non esce, tuo figlio non sarà mai veramente lui.
Il controllo non protegge: imprigiona.
C’è un modo di educare che non educa, ma addestra.
Un modo di “preoccuparsi” che non apre, ma chiude.
E dietro questo modo c’è spesso un modello educativo fragile, incerto, ansioso.
Più un genitore è insicuro di ciò che ha trasmesso, più teme che il figlio si perda.
E più lo teme, più cerca di impedirgli di uscire nel mondo.
“Tanto non è pronto”, “Non è ancora tempo”, “Meglio aspettare”, “Non può ancora farcela…”.
Ma in realtà è il genitore che non è pronto.
È lui o lei che teme di non sapere più che ruolo avere, se il figlio si allontana.
I figli non sono proprietà. Sono persone.
Uno dei dolori più profondi nel lavoro clinico è ascoltare adulti che non sono mai stati lasciati andare.
Figli che sono rimasti intrappolati nell’ansia dei genitori, nella loro paura, nei loro bisogni irrisolti.
Non hanno potuto scegliere.
• Non hanno potuto sbagliare.
• Non hanno potuto partire.
E molti di loro sono ancora lì.
Fisicamente in casa, o dentro una fedeltà invisibile: quella di chi “non si è mai permesso di vivere”.
Il coraggio di lasciarli andare
Lasciare andare non è abbandonare.
È avere il coraggio di dire:
«Mi fido. Ti ho dato radici, ora puoi cercare le tue ali».
Lasciare andare è anche un atto di crescita per il genitore.
Perché ogni figlio che parte, fa nascere un nuovo padre, una nuova madre.
È come se i ruoli si spostassero:
il genitore smette di fare il genitore, e inizia a essere un testimone.
Uno sguardo che resta, ma non controlla.
Una presenza che c’è, ma non trattiene.
Lasciar partire è amare.
Ogni figlio ha diritto alla sua partenza.
Ogni figlio ha diritto alla sua strada, ai suoi errori, al suo orizzonte.
E ogni genitore che sa lasciar partire davvero, è già diventato un maestro dell’amore adulto:
quell’amore che non possiede, ma accompagna.
«Ti ho messo al mondo, ma non ti ho messo in gabbia.
Ti ho custodito, ma ora ti lascio andare.
Vai. E se avrai bisogno, saprai dove trovarmi.
Ma vai. Perché è tempo tuo».
Testo del Dott. Carlo D’Angelo