17/05/2025
I BENEFICI DELLA LENTEZZA
La velocità nel fare le cose sembra essere diventata la sola misura con cui valutiamo ogni aspetto della nostra vita; a volte, però, ci accorgiamo che la fretta e l’impellenza che contraddistinguono molte nostre azioni ci impedisce di perseguire quegli obiettivi o di raggiungere quella qualità d'azione che ci eravamo prefissati.
Non dovremmo però meravigliarcene: il “ben agire” ha bisogno dei suoi tempi e deve rifuggire dalla frenesia e da ritmi "non naturali".
Riscoprire il valore e persino il “gusto” della lentezza ci può fare scoprire, allora, una diversa gratificazione nel "fare" e, di conseguenza, una maggiore qualità del "vivere".
Il giusto ritmo contraddistingue infatti ogni cosa fatta bene: pensate al lavoro lento e meticoloso di un chirurgo, di un orafo o di un pittore, nessuno di essi può svolgere il proprio compito “in fretta e furia”.
Perché saper rallentare significa anche riuscire a focalizzare meglio l’attenzione, ponendosi davanti alle cose con calma e ponderatezza, agendo così con maggiore cognizione.
Lentezza e constante presenza psicofisica contraddistinguono anche la pratica di quelle discipline fondate sull’armonizzazione energetica di mente e corpo.
Nello Yoga, nel Qi Gong o nel Taiji, un vissuto attento, rallentato volontariamente, permette al praticante di focalizzarsi sul rilassamento, sulla qualità della postura e dei gesti. Questo modo di auto-disciplinarsi conduce a una superiore consapevolezza, mentale e corporea.
La ricaduta sulla vita quotidiana di chi pratica tali discipline diventa via via più evidente, a partire da uno stato di maggiore calma e tranquillità, con il quale si potrà meglio gestire ogni situazione col giusto tempo, allentando quella catena che al giorno d’oggi tende a legarci all’urgenza e all’ansietà e, a volte, ci fa smarrire i nostri ricordi e persino la memoria di noi stessi.
«C’è un legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio. Prendiamo una situazione delle più banali: un uomo cammina per la strada. A un tratto cerca di ricordare qualcosa, che però gli sfugge. Allora, istintivamente, rallenta il passo. Chi invece vuole dimenticare un evento penoso appena vissuto accelera inconsapevolmente la sua andatura, come per allontanarsi da qualcosa che sente ancora troppo vicino a sé nel tempo»
(Milan Kundera).