04/07/2024
La prima volta che mi sono trovata ad aver a che fare con la cura di una ragazza affetta da anoressia, era il 2009, ero a Foggia ed ero la specializzanda assegnata al neonato DH per i disturbi alimentari. Ricordo una frustrazione enorme, un senso di inadeguatezza indescrivibile. Sapere di non sapere. Di non sapere come poterla aiutare, come far fronte a tutti quei no, sapere di non sapere dove sb****re la testa! “Non ce la faccio!” “Non sono capace”. Questo mi dicevo continuamente e avrei voluto dirlo anche a lei….”scusami, ma io non so come poterti aiutare”. Ma, settimana dopo settimana invece, ero lì, con il mio niente da dare, di fronte a lei, che solo “il niente” voleva. E così, giorno dopo giorno, giri della vita rocamboleschi, andate senza ritorni, migliaia di storie ascoltate, tanta frustrazione provata, tante soddisfazioni, tanto studio e tanta dedizione, tante strade deviate….sono qua, a 15 anni da quel giorno. Con tanta strada percorsa dietro di me e un bagaglio abbastanza pesante sulle spalle. Sono qua, al mio posto, che a volte è comodo e spazioso e a volte una vera trincea. E allora oggi, quando davanti a me ho visto un corpo morente, un po’ mi domandavo cosa mi abbia così colpita….cosa, se ne ho visti così tanti? Non lo so. Ma so che qualcosa mi ha turbata. Quella traiettoria verso la morte che a volte è così candida e nitida che davvero si fa fatica a sopportarne la vista. Che davvero si fa fatica a coglierne il senso. Perché l’anoressia è così: rende il corpo teatro di un macabro spettacolo che ti invade con prepotenza. Che, nonostante il lavoro di anni, ti lascia così, con questo specchio del niente, questa voragine di vuoto che sembra poter risucchiare tutta la vita. Ma sarò qui, anche domani e domani ancora.