Progetto Per Sé

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Progetto Per Sé Psicologia & Psicoterapia
Psychology & Psychotherapy
Psychologie & Psychothérapie

08/03/2023

⭕️GRANDI AUTORI⭕️
Un autore al mese, per otto mesi.
Approfondiremo curiosità biografiche, aspetti teorici, influenze sulla pratica clinica e condivideremo con voi materiali multimediali e un po’ di bibliografia scelta.
Dopo l’appuntamento di questo mese con D. W. Winnicot, i prossimi autori saranno J. Bowlby, M. Klein e Anna Freud.

Rubrica a cura di Marta Grossi (Marta N. Wood) e Silvia Martinelli (Progetto Per Sé)

🔷DONALD W. WINNICOTT🔷

CENNI BIOGRAFICI
🔸Nel 1896 Donald W. Winnicott nasce a Plymouth, Inghilterra
🔸Nel 1920 si specializza in Pediatria e inizia a lavorare a Paddington Green, Ospedale Pediatrico di Londra
🔸Nel 1923 inizia, con Melanie Klein, la sua formazione psicoanalitica
🔸Nel 1956 diviene presidente della British Psychoanalytic Society

Nella sua infanzia sperimenta un clima familiare connotato da affetto e sicurezza, curiosità culturale e amore per il senso dello humor.

La sua formazione psicoanalitica, che affonda le radici nel frizzante panorama inglese dell’epoca, è caratterizzata da una costante evoluzione, da un rapporto dialettico con la tradizione che fa sua ma che, al contempo, creativamente trasforma e rende comunicabile ad un pubblico ampio.

‘Gli adulti maturi danno vitalità a ciò che è antico, vecchio, ortodosso, ricreandolo dopo averlo distrutto’ (La famiglia e lo sviluppo dell’individuo, 1968).

Winnicott è stato un uomo, e uno psicoanalista, capace di dare spazio alla gioia e alla dimensione leggera della vita, così come al dolore e alla profondità dell’animo umano, sempre guidato dalla curiosità e dalla gratitudine provata nei confronti dei suoi pazienti e collaboratori.

‘Ai miei pazienti, che hanno pagato per insegnarmi’ (Gioco e realtà , 1974)

14/04/2022


Cronache da una scuola
A cura di Silvia Martinelli

Prof ma noi ce le abbiamo le sirene?
Resto spiazzata da questa domanda a cui non so rispondere. Una delle tante che mi sento rivolgere dai ragazzi con cui lavoro, da settimane.
Da quando è cominciato il conflitto tra Russia e Ucraina, il personale scolastico si è trovato a contatto con le angosce dei ragazzi, oltre alle proprie. Qualcuno ha visto solo la superficie: quindicenni che si schierano spavaldi con un paese a caso, senza cognizione, che commentano sparando sentenze, senza pudore né remore, che si fomentano l’un l’altro in una gara a chi si mostra più sicuro. E’ una crosta esterna, che in parte racconta della fase adolescenziale in corso: provocando uno scontro con la realtà, cerco di tastare i confini della mia identità. E poi c’è la difesa da ciò che sta sotto alla crosta, una vulnerabilità da tenere nascosta, sparando sentenze come modo per esercitare un controllo, quando invece la paura è che sparino a me.
Se si crea un clima non giudicante, libero, percepito come sufficientemente sicuro, la crosta si rompe e sotto si scorge la verità. I ragazzi sono preoccupati, impauriti, confusi, irrequieti. Hanno tante domande su questioni di vita e di morte e non trovano qualcuno che sappia rispondere.
Ma perché ci preoccupiamo di questa guerra e non di tutte le altre che ci sono sempre state? Prof io non ho capito niente, ma perché sta succedendo?
Lei da che parte sta? Se mi dice che sta con la Russia non vengo più a scuola.
Ma le pare possibile? Prima il Covid, adesso ci mancava la guerra!
Io se succede qualcosa vado a casa del prof di informatica. Prof secondo lei moriremo tutti?
Forse non lo chiedono tanto alla prof ma più alla persona adulta, che in quanto “grande” dovrebbe conoscere le risposte, dovrebbe sapere cosa fare, in una logica dove chi è più grande protegge chi è più piccolo. Noi adulti invece restiamo spesso ammutoliti, imbarazzati, goffi. Capita che ci sentiamo in colpa per questa mancanza di spiegazioni, questo balbettare confuso, come si può esitare su questioni così importanti? Nel ricoprire il ruolo di “grandi” siamo investiti di una responsabilità, rispetto alla quale sentiamo di fallire perché la sensazione è di lasciare i ragazzi nella melma di malessere che ci hanno portato nella speranza che li tirassimo fuori. Al contrario, sembra di sprofondare nel fango insieme a loro, per cui non solo non ti rassicuro ma causo ancora più angoscia perché mi faccio vedere in difficoltà anche io, impantanata insieme a te.
E forse nelle domande dei ragazzi c’è una richiesta che va oltre il sapere. In fondo loro continuano a chiedere anche se noi non conosciamo le risposte, da settimane... Allora si può leggere diversamente questa domanda, magari come un bisogno di non essere lasciati soli. In questo momento noi “grandi” non sappiamo granché come proteggere, non sappiamo cosa dire per rassicurare, né giustificare ciò che accade. Possiamo però essere disponibili a stare insieme nel caos terrificante. E da questa scomoda, incerta e paurosa posizione fare il possibile per dare un senso a ciò che accade, o meglio per continuare a cercarlo insieme.

Prof ma se la Russia ci fa arrivare un messaggio tipo che sono pronti ad attaccarci, noi continuiamo a ve**re a scuola?

🖋 Un piacere scrivere questo articolo a 4 mani con Marta Tini. Buona lettura!
07/01/2022

🖋 Un piacere scrivere questo articolo a 4 mani con Marta Tini.
Buona lettura!

CHI L’HA VISTO?

IL FENOMENO DEL GHOSTING NELLE RELAZIONI AMOROSE.

a cura di Marta Bottini e Silvia Martinelli

NUOVI LUOGHI DI INCONTRO
Tinder, Whatsapp, Instagram, sono solo alcuni dei canali digitali che al giorno d’oggi mediano le nostre relazioni interpersonali. L’aumento dell’utilizzo di app e chat online riguarda anche gli scambi a sfondo romantico: spesso le coppie si formano su piattaforme virtuali e solo successivamente si approda all’incontro di persona.
Questo profondo cambiamento nelle modalità relazionali tra esseri umani comporta numerosi risvolti. Da un lato, l’interagire dietro uno schermo permette di mantenere una distanza tra sé e gli altri, di costruire un’immagine da offrire all’altro e di poter costruire, messaggio dopo messaggio, un terreno fertile all’incontro di persona. D’altro canto, però, viene meno la componente corporea, fatta virtualmente di foto, video, messaggi vocali, ma dalla quale il corpo, nella sua completezza, è escluso. A mancare è anche la spontaneità nella relazione: emoji e gif mediano ciò che nell’incontro fisico manifestiamo attraverso gesti, sorrisi, sguardi e posture. Anche il ritmo della comunicazione è “falsato”, fatto di pause, messaggi cancellati e riscritti, come se la spontaneità potesse essere controllata, filtrata.
Questa nuova modalità relazionale, da un lato può essere rassicurante, perché maggiormente controllata, dall’altro può generare un crescendo di aspettative reciproche non sempre realistiche, che possono sfociare in delusioni profonde, capaci di generare cicatrici relazionali molto dolorose.

LASCIARSI, ROMPERE, CHIUDERE
La fine di una relazione amorosa può configurarsi come un’esperienza traumatica dalle conseguenze imponenti nella vita di un individuo. Un fattore centrale che influisce su questa sofferenza è la modalità con cui il partner comunica all’altro la separazione.
In alcuni casi il partner ritarda la rottura della relazione, con frequenti “tira e molla” che posticipano la reale conclusione del rapporto. Quando, invece, si decide di porre fine alla storia, lo si può fare attraverso l’uso di due tipi di strategie, che la letteratura scientifica divide in dirette e indirette. Le strategie di rottura dirette consistono nel confrontarsi apertamente all’interno della coppia, manifestando i propri dubbi e perplessità all’altro e chiudendo esplicitamente la relazione. Chi usa una strategia di rottura indiretta, invece, si separa dal partner evitando la comunicazione esplicita della propria scelta, ritirandosi e disinvestendo progressivamente dal rapporto. Le prime permettono di elaborare la fine della relazione in maniera più funzionale, mentre le seconde comportano reazioni più negative.

IL FENOMENO DEL GHOSTING
Il Ghosting è una strategia indiretta per porre fine ad una relazione romantica che, recentemente, ha stimolato l’interesse dei ricercatori. Il Cambridge Dictionary lo definisce come una modalità di concludere una relazione sentimentale, interrompendo all’improvviso qualsiasi comunicazione. Nell’era digitale si parla di “Digital Dissolution Disappearance Strategy”, ovvero l’uso del ghosting come strategia per scomparire e svanire digitalmente dalla relazione. Questo fenomeno avviene attraverso uno o più mezzi tecnologici, ad esempio, non rispondendo più a telefonate o messaggi, non seguendo più i partner o bloccandoli sui social network. In questo modo chi viene lasciato non conosce la motivazione della rottura e vive l’allontanamento e il vuoto inspiegati lasciati dall’altro. Tutto ciò comporta l’impossibilità di vivere una vera chiusura relazionale.
Le vittime del ghosting riportano una profonda ferita ed una serie di emozioni difficilmente digeribili: confusione, incredulità, colpa. D’altra parte, chi mette in atto il ghosting si trova a sua volta in grande difficoltà emotiva nel gestire ciò che prova. Prende vita quello che potrebbe essere definito come un circolo vizioso, di ferite e lacerazioni tanto in cui subisce la separazione, quanto in chi la agisce. La letteratura scientifica fornisce dati interessanti per una riflessione su questo fenomeno, sempre più frequente soprattutto nelle relazioni mediate dal mondo virtuale.
Poiché il ghosting avviene all’interno della relazione fra due persone, è importante interrogarsi sul ruolo di entrambe, superando la dicotomia tra chi fa ghosting e chi lo subisce. Per meglio comprendere le dinamiche relazionali tra adulti, è necessario guardare molto più indietro nel tempo, alle relazioni che hanno sperimentato da piccoli con chi si è preso cura di loro.

UNO SGUARDO ALLE RELAZIONI DEL PASSATO
Gran parte del modo in cui ci avviciniamo e ci allontaniamo dall’altro è influenzato dal nostro stile di attaccamento. Di cosa si tratta? Il sistema di attaccamento è un insieme di comportamenti volti a regolare il nostro senso di vicinanza e sicurezza. Quando ci si sente minacciati, questo sistema si attiva e ci spinge a cercare la vicinanza protettiva di una figura di riferimento (caregiver). Nel tempo, le interazioni con chi si prende cura di noi modellano le nostre rappresentazioni mentali di noi stessi (sono amabile? I miei bisogni vengono ascoltati?) e degli altri (l’altro è affidabile? Posso contare sull’altro se ho bisogno?). Queste rappresentazioni contribuiscono al modo in cui ci relazioniamo con gli altri e poniamo fine ad una relazione amorosa.
Quando si è sperimentato un attaccamento sicuro nel corso dell'infanzia, si è in grado di vedere l’altro come affidabile e se stessi come degni di amore. Per questo è più probabile che si riesca a concludere una relazione in maniera diretta e condivisa.
Nel caso di un accudimento ambivalente, il caregiver è stato a tratti accudente e a tratti assente in maniera imprevedibile, portando il soggetto a percepirsi come degno e non degno di amore a intermittenza. Di conseguenza si costruiscono relazioni in cui si oscilla tra bisogni di vicinanza e allontanamento in modo contraddittorio. A fronte di un’eccessiva preoccupazione di separarsi dall’altro e di non riuscire a gestire la conseguenza emotiva di quella perdita, si tenta di mantenere aperta la possibilità di ricongiungimento con il partner. In questi casi, non si assiste ad una vera e propria rottura relazionale, ma si cerca di rimanere in rapporti amicali con l’ex partner o di riconquistarlo.
Quando, invece, si è sperimentato carenza e rifiuto da parte dei caregiver primari,si tende ad evitare di manifestare i propri bisogni, aspettandosi che l’altro non possa prendersene cura. Chi ha vissuto questo stile di attaccamento, tende ad utilizzare strategie indirette per porre fine ad una relazione, evitando tensioni ed emozioni all’interno della coppia e mantenendo una distanza emotiva dal partner, specialmente in condizioni di forte stress. Le ricerche evidenziano un’associazione tra l’aver vissuto un accudimento carente e rifiutante e la messa in atto del ghosting.

RISIGNIFICARE IL GHOSTING
Tanto per chi attua il ghosting quanto per chi lo subisce, tale esperienza sembra richiamare modalità già sperimentate nel corso dell’infanzia, che portano alla riattualizzazione di antichi schemi relazionali. E’ quindi possibile risignificare il ghosting, tenendo conto delle storie individuali di chi è coinvolto in questo fenomeno.
Nello specifico, scomparire dalla relazione può essere l’unico modo per dar voce ai propri bisogni di allontanamento, quando si ha in mente che l’altro non possa essere un interlocutore con cui confrontarsi apertamente. Dall’altra parte chi subisce questa tacito e improvviso abbandono, gestirà quel vuoto di assenza facendo riferimento alle proprie rappresentazioni di sé e dell’altro. Ad esempio, se si proviene da un attaccamento sicuro, si avranno più strumenti per riflettere sull’accaduto, mantenendo una concezione di sé sufficientemente positiva (nonostante il ghosting rimango una persona amabile). Al contrario, se vi è un’insicurezza nell’attaccamento, tali esperienze potranno convalidare la propria inadeguatezza (io non sono degno di amore e infatti l’altro mi abbandona).
La complessità del fenomeno del ghosting si intreccia con la complessità data dal terreno virtuale in cui si verifica. Per questa ragione, nonostante in letteratura siano già presenti numerosi contributi, è ancora necessario approfondire l’argomento per comprenderne tutte le sfaccettature.
In conclusione, il ghosting, perpetrato o subito, può generare emozioni e reazioni di difficile comprensione e gestione. Un percorso che favorisca una maggiore consapevolezza della propria storia e della sua influenza nella costruzione delle relazioni attuali, può configurarsi come un valido aiuto nell’elaborazione di quanto vissuto.

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"Questo vuol dire non aver ancora ben compreso il problema, perché se è giusto che i bambini, anche i più piccoli, tornino a scuola, la frequenza negli istituti degli adolescenti è vitale e non più procrastinabile. Loro, più di ogni altro minorenne, hanno bisogno di uscire dal nucleo familiare, confrontarsi con i coetanei e trovare adulti che siano validi educatori. Lo richiede il loro percorso evolutivo, che viceversa viene tarpato, interrotto."

Le voci dei giovani nei colloqui durante i ricoveri. E la denuncia del neuropsichiatra Renato Borgatti: «La didattica a distanza è stato un modo di noi adulti …

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11/02/2021

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07/11/2020

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21/10/2020

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23/09/2020

💡Felice di proporre questa iniziativa, ideata insieme alla Dott.ssa Ilaria Lualdi-Psicologa!
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20/09/2020

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16/09/2020

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A settembre, col rientro nella routine lavorativa, non dimentichiamoci la cura di mente e corpo 😊

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