30/03/2020
QUANDO IL VIRUS È NELLA MENTE
Ovunque e da nessuna parte, il Coronavirus è un nemico invisibile che non colpisce solo i polmoni…
L’emergenza è rientrata e alla TV dicono che la vita può tornare alla normalità: possiamo uscire. In fondo non sarà un giorno diverso dagli altri 365, fatta eccezione per gli ultimi 58 passati in quarantena. Per l’esattezza oggi è il numero 152 e per questo nel vestirmi inizierò dal calzino destro. Sento rumore, giù in strada. Spostando la tenda quel poco che serve per osservare senza essere notato vedo le prime persone: il portinaio della palazzina di fronte lava il marciapiede e ha rimesso gli scarponcini con le stringhe gialle che usa da sempre per le pulizie. A lato l’inquilina del quarto piano, che rientra con il suo cane stando attenta a non mettere i piedi sul bagnato. Andrà al lavoro tra poco e devo andarci anche io, meglio muoversi. Come ogni mattina voglio radermi, un viso pulito e ordinato è ciò che si richiede a un consulente. Nella mano sinistra il rasoio, con la destra apro l’acqua. Non deve essere né calda, né fredda: un indicatore graduato mi aiuta ad averla esattamente come deve essere, non come voglio. Già, tutto ha una sua logica, tutto ha regole. A volte ragiono su come tutto sembri rigido, fisso. Non credo dipenda da me, perché ognuno fa le cose a modo proprio. Così è come le faccio io, penso vada bene. Dall’alto verso il basso e poi il contropelo, per non lasciare traccia; una porzione di viso alla volta e in 8 minuti sarò pronto. Davanti allo specchio ripenso a quanto è stata dura uscire e fare la spesa in questo periodo, ma fortunatamente avevo i guanti e la mascherina. Le norme igieniche vanno rispettate e credo sia una buona abitudine da mantenere quella dell’utilizzo di guanti usa e getta. Che poi, io le mani non le porto mai al viso e in ogni caso son sono sempre ben pulite. Dopo questa br**ta faccenda del virus la prudenza non è mai troppa e così, oggi, porterò con me l’Amuchina Gel. Chiudo come di consueto la porta di casa. Chissà perché nella mia mente continuo a ripetermi ciò che devo fare, che noia. Non ci penso e scendo le scale stando tutto a destra. Non so a che serva, ma se non lo faccio potrebbe accadere qualcosa di brutto. Meglio evitare oggi, già ho scampato il virus. Fin ora è andata bene. Ecco il portinaio, oddio mi allunga la mano. È scortese non salutarlo. Amuchina. Questo gel è una manna dal cielo. Lavoro a pochi passi da casa e in 17 minuti esatti sarò davanti alla porta di ingresso del mio ufficio. Come sempre sono in anticipo, ma contando una colazione fatta in 10 minuti me ne avanzano altri 3. Non si sa mai. Il bar aveva la porta scorrevole, perché non va? Per entrare devo spingere la maniglia, spero sia una soluzione provvisoria perché è bene non mettere le mani dove le hanno messe gli altri. Il virus resta sulle superfici per molte ore, addirittura giorni. Amuchina. Mi rendo conto solo adesso che sono entrato di una cosa: toccherò la tazzina, il bancone. Prenderò il tovagliolo e poi dovrò nuovamente aprire la porta. Non ho letto da nessuna parte se occorre usare il gel igienizzante dopo ogni movimento o se posso farlo una sola volta alla fine. Certo sarebbe più comodo lavarmi una volta uscito, ma chi mi garantisce che nulla vada ad interferire. Basterebbe uno starnuto e la mia mano che si avvicina automaticamente alla bocca per finire nei guai. Mi sto agitando. E se fosse un altro a starnutire? Intorno a me ci sono molte persone ora. Mascherina!! Fortuna che sono prudente e ne ho due con me. “Mi scusi, un caffè e un biscotto”. Ha ragione il barista a guardarmi, sono impalato davanti a lui da minuti. Ma capirà, son certo che anche lui si preoccupi della salute di tutti. Indossa i guanti, è un buon segno. Meglio sbrigarsi adesso, ho bruciato i 3 minuti di margine. Cucchiaino nella mano destra. Amuchina. Zucchero di canna. Amuchina. Tazzina. Amuchina. Pago. 1,50 euro, li ho giusti. Non voglio resto, i soldi sono sporchi. Non prendo lo scontrino. Esco. Amuchina. Mi sono svegliato da 2 ore e ho già la testa che fuma, non ce la faccio più. Era meglio stare chiuso in casa, a fare smart-working. Senza calpestare le fughe delle piastrelle arrivo al mio ufficio. La giornata inizia ora, dovrò stringere mani, usare oggetti, aprire e chiudere porte, premere tasti. Non mi sento bene e l’Amuchina è già quasi finita. ©