03/06/2025
Oscar ha trovato il posto giusto. Io anche.
Questa mattina sono arrivata con Oscar — il piccolo scheletro che accompagna molte delle mie lezioni — alla prima pratica estiva al Casello.
Ero ancora da sola.
La pedana in legno chiaro era vuota, il canto degli uccelli tutt’attorno.
Ho pensato che fosse un buon momento per praticare un po’ per me stessa, in attesa degli altri.
E mi sono sdraiata.
Come sempre, non è solo rilassamento.
È una forma precisa di presenza.
Un modo di stare con se stessi che non esclude nulla:
né le tensioni, né i pensieri, né le emozioni in movimento, ma li attraversa, li accoglie, li integra.
Durante questo tipo di lavoro, lo scheletro diventa un punto di riferimento profondo: non solo muscolare, ma anche mentale.
Una struttura interna da cui orientarsi.
Come se il corpo ci offrisse una mappa per organizzare il pensiero.
Per questo il Feldenkrais, per me, è così vicino al counseling:
entrambi insegnano a restare dentro di sé senza paura,
a non fuggire davanti alla complessità,
a sentire che esiste un appoggio.
Sono felice di condividere queste lezioni con il pubblico del Casello, in uno spazio che unisce cura, rigenerazione e accoglienza.
Sostenere un progetto che parla la mia stessa lingua interiore mi fa sentire parte di qualcosa di più grande.
In quel legame fra corpo, silenzio e territorio, il mio lavoro trova respiro.
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