18/12/2018
*RIFLESSIONI SUL NATALE*
Nel Natale vi è sempre un momento di oscurità, di tenebra interiore.
Il Natale è una festa che giunge nel periodo più buio e freddo dell’anno: come se avesse a che fare con i misteri del ghiaccio e dell’ombra, i segreti dell’abisso e... dell’egoismo.
Tra il frastuono dei donie degli auguri, emerge una sensazione di tristezza.
Giovani, l’Evangelista scrive:
“la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta”.
Ma cosa è questa luce?
Cos'è quella luce che nacque in quel Bambino Gesù nella notte di Natale?
La “Luce” non è l’irradiare del Sole o del fuoco: perché la luce è invisibile. La luce è l’ente che rende manifesti gli oggetti del mondo (che vengono investiti dalla sua energia). Si vedono i suoi effetti, ma non lei stessa. Come il pensiero.
Esso crea immagini, parole, ricordi: ma non si mostra mai come forza. Nessuno ha mai avuto il “pensiero” come oggetto, sebbene pensi. Si hanno pensieri, non il pensiero. Il pensiero infatti si fa pensare, non vedere.
Inoltre la luce, non è solo illuminazione esterna del mondo. La luce è anche quella “forza” che illumina l’interno dell’uomo, consegna all’uomo la consapevole presenza di un mondo interiore, provvisto di pensieri e sensazioni. Così come i raggi solari illuminano le cose del mondo e le rendono visibili, vi è una luce nell’anima che rende visibili le cose che “gravitano” nello spazio dell’anima: pensieri, idee, sentimenti.
Si dice che questa luce, sia l’entità dell’io, il divino che vive nell’uomo. Che ha un potere “illuminante”. Usa il corpo per essere, pur non essendo il corpo.
Il Vangelo ci dice:
“Egli nacque nella grotta”: ossia l’io venne entro le tenebre della nostra anima. Nel cuore egoico, tenebroso dell’uomo
“fra un asinello e un bue”: fra la capacità del pensiero e la parte istintiva, entro il sentire buio dell’anima.
Egli, quella luce della coscienza, non poteva risplendere subito nelle tenebre: le tenebre lo hanno infatti sopraffatto. L’uomo non poteva “accorgersi” subito che in lui si accendeva un Io autocosciente, un “ente” capace di consegnargli un senso di “responsabilità” davanti alle sue azioni.
Egli doveva crescere pian piano per acquisire capacità autonome. Doveva rafforzarsi, ergersi in piedi: l’Umanità bambina doveva diventare aduta!...
T. Bellucci