07/02/2024
Non poteva credere ai suoi occhi, parlava con tutti tranne che con lui!
Basta, adesso basta! Urlò esasperato il cavaliere e vagabondo, precipitandosi ad interrompere quel dialogo che invidiava con ogni fibra del suo corpo.
Fece scudo al giovane uomo, così da riempire il di lei campo visivo per intero e gridò, con tutto il fiato che aveva respirato nei suoi lunghi viaggi la sua frustrazione, il suo impetuoso dolore e la sfidò con l’incendio che divampava nei suoi occhi.
Lei stava ferma, davanti a lui, nemmeno un capello fuori posto, non una piega dell’abito spostata, un segno di cedimento nello sguardo.
Semplicemente lo guardò e con una calma che sembrava ancor più stonata, facendo contrasto con il furore di lui, disse Ti ascolto, se vuoi.
Quella frase sembrò spostare leggermente il cavaliere, come se l’aria lo costringesse sul suo baricentro, dritto su sé stesso, riempiendo la curva che lo faceva protendere verso di lei.
Alzò fiero lo sguardo, il suo momento era finalmente arrivato, dischiuse le labbra e si fermò.
Immobile, provò a pensare.
Pensò e aspettò, ma non sapeva cosa dire, si rese conto con profondo terrore che non aveva niente da dire.
Arretrò di qualche passo verso gli ulivi e continuò a camminare verso l’ingresso.
Il prato davanti al palazzo era deserto, questa volta nessuno c’era ad aspettarlo.
Provò a guardarsi intorno, ma incontrò solo un insostenibile silenzio. Attraversando il paese, accelerò il passo, continuando a fissarsi le scarpe, la mente ancora vuota. Quando ebbe il villaggio oramai alle spalle, il suo passo era così spedito che quasi correva.
Non si voltò, non raccolse le sue poche cose.
Si allontanò per lo stesso sentiero da cui era arrivato solo poche settimane prima.
Era già lontano dalla graziosa valle, ma lui non aveva bisogno di voltarsi a guardare, conosceva ogni più piccolo particolare, ogni pertugio, ogni sfumatura, ogni svolta, tutte le case.
Tanta strada lo aspettava ancora, ma ora sapeva.
Sapeva con assoluta certezza che tutti i paesaggi in cui si sarebbe perso, le persone che avrebbe incontrato, i mestieri che avrebbe imparato, i ricordi che avrebbe dimenticato, tutto sarebbe servite per donare lui le parole. Sapeva che presto o tardi sarebbe tornato al villaggio che stava lasciando, come sapeva che avrebbe dovuto ripercorrere la via a ritroso per cercare tutte le parti di sé perdute.
Una volta riunito, sarebbe potuto tornare e avrebbe ascoltato.
Sarebbe potuto tornare e avrebbe parlato.
Sarebbe potuto tornare e sarebbe stato a casa.
( Dal racconto " La Papessa" in "Vita d'Arcano" di Chiara Dainin Conti )
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