
01/05/2025
𝘼𝙣𝙙𝙧𝙚́ 𝙂𝙧𝙚𝙚𝙣
𝙇𝙖 𝙢𝙖𝙙𝙧𝙚 𝙢𝙤𝙧𝙩𝙖 - 𝙋𝙨𝙞𝙘𝙤𝙨𝙞 𝙗𝙞𝙖𝙣𝙘𝙖
Il complesso della madre morta è una rivelazione del transfert. Quando il soggetto si presenta per la prima volta dall'analista, i sintomi di cui si lamenta non sono essenzialmente di tipo depressivo. Il più delle volte riflette lo scacco di una vita affettiva, sia per quello che riguarda l'amore, sia per quello che riguarda la professione: questi sintomi sottintendono conflitti più o meno intensi con gli oggetti. Non è infrequente che il paziente racconti spontaneamente una storia personale di cui l'analista pensa dentro di sé che là, in quel tal momento, avrebbe potuto comparire una depressione infantile, che il soggetto non menziona. Questa depressione, che, raramente, è talvolta tradotta in forma clinica, esploderà manifestamente solo nel transfert.
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Il tratto essenziale di questa depressione è che essia si determina in presenza dell'oggetto, lui stesso assorbito in un lutto. La madre, per una ragione o per l'altra, si è depressa.
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Bloccati nella loro capacità d'amare, i soggetti che sono sotto il dominio di una madre morta possono aspirare soltanto all'autarchia. La vita di coppia gli è preclusa: la solitudine, che era una condizione angosciante, da evitare, cambia di segno, da negativa diviene positiva. Il soggetto si chiude in un nido. Diventa la sua propria madre, ma rimane prigioniero della sua economia di sopravvivenza.
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Questo nucleo freddo brucia e anestetizza come il ghiaccio, ma l'amore resta indisponibile, perché è avvertito come freddo ...
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Il paziente passa la sua vita a nutrite il suo morto, come se fosse l'unico ad averne l'incarico, unico a possedere le chiavi della cripta, egli adempie in segreto la sua funzione di genitore adottivo: trattiene la madre morta, prigioniera, ed essa rimane il suo bene esclusivo. La madre è diventata il bambino del bambino. Spetta a lui riparare la ferita narcisistica.
A.Green (1980 - La madre morta, in "Narcisismo di vita narcisismo di morte")
"La madre morta è dunque, contrariamente a quanto si potrebbe credere, una madre che rimane in vita, ma che è, per così dire, psichicamente morta agli occhi del bambino piccolo di cui si prende cura”
(A.Green, 1983)