17/11/2025
Un nuovo orizzonte: l’infiammazione nella depressione
Negli ultimi anni, la ricerca psichiatrica sta compiendo un cambio di prospettiva importante: non guardiamo più solo ai neurotrasmettitori e alle funzioni cerebrali tradizionali, ma anche al ruolo del sistema immunitario e dell’infiammazione nel modulare il disagio mentale.
Nella personal view pubblicata su The Lancet Psychiatry, viene esplorata l’ipotesi che i farmaci antinfiammatori possano rappresentare una via terapeutica aggiuntiva o alternativa per la depressione. 
Perché parlare di antinfiammatori nella depressione?
Le ragioni sono più di una:
• Nei pazienti con depressione resistente ai trattamenti convenzionali, si osservano marker elevati di infiammazione sistemica (citochine pro-infiammatorie, proteina C-reattiva, etc).
• Le terapie classiche — antidepressivi, psicoterapia — in questi casi hanno performance inferiori.
• L’infiammazione può influenzare il funzionamento cerebrale: la neuroinfiammazione può alterare i circuiti dell’umore, della motivazione, del pensiero, dell’autoregolazione.
• Interve**re sull’infiammazione potrebbe quindi ridurre in modo più diretto uno dei meccanismi sottostanti, piuttosto che agire solo sui sintomi.
Quali sono le evidenze e i “ma”?
Nel lavoro di Nutt e colleghi emergono sia opportunità che limiti:
Opportunità
• Alcuni studi clinici hanno usato antinfiammatori (es. FANS, inibitori selettivi dell’infiammazione, farmaci anti-TNF) in soggetti depressi, ottenendo benefici, soprattutto nei casi con marcata infiammazione.
• Questo suggerisce che non tutti i pazienti depressi sono uguali: in alcuni l’infiammazione è centrale, in altri no. Un approccio di medicina personalizzata potrebbe migliorare la selezione del trattamento.
• Per discipline come la neuropsichiatria pediatrica, l’idea che un’infezione/scatenante immunitario possa portare a sintomi affini alla depressione/ansia – e che questi possano rispondere a trattamenti immunomodulanti – è molto rilevante.
Limiti e sfide
• Mancano ancora grandi trial controllati e di lunga durata che confermino l’efficacia e la sicurezza degli antinfiammatori in depressione.
• Non è chiaro quale paziente debba ricevere quale farmaco antinfiammatorio, in che dose, per quanto tempo e con quali criteri di selezione.
• I farmaci antinfiammatori non sono privi di effetti collaterali, e l’equilibrio rischio/beneficio va valutato con attenzione, specialmente nei giovani.
• C’è il rischio di cadere nella “trappola biologica”: pensare che basti un farmaco antinfiammatorio per risolvere un disagio complesso che spesso comporta anche fattori psicosociali, ambientali e di sviluppo.
Implicazioni pratiche per i disturbi neuroimmunitari nei giovani
In un contesto come quello dei disturbi PANS/PANDAS, dove spesso assistiamo a insorgenza rapida, trigger infettivi/autoimmuni e sintomi neuropsichiatrici resistenti, questo modello ha implicazioni rilevanti:
• Verificare marker infiammatori può aiutare a identificare un sottogruppo di pazienti in cui l’infiammazione ha un ruolo predominante.
• Nella presa in carico di un bambino/adolescente con depressione o ansia resistente, in presenza di fattori come infezioni recenti, disfunzioni immunitarie o comportamenti neuropsichiatrici improvvisi, l’integrazione di un approccio antinfiammatorio (oltre ai trattamenti convenzionali) può essere considerata.
• È fondamentale un lavoro multidisciplinare: immunologi, psichiatri infantili, neurologi, pediatri devono collaborare per definire protocolli personalizzati.
• Occorre trasparenza (“informed consent”) con le famiglie: spiegare che si tratta di approcci ancora in evoluzione, non di “terapie certo efficaci”, ma di strategie promettenti.
Conclusione
La visione tradizionale del disagio psichico come solo alterazione dei neurotrasmettitori sta evolvendo. L’articolo su The Lancet Psychiatry apre la porta alla psichiatria immunologica, sottolineando che in molti casi la risposta terapeutica può migliorare se consideriamo l’infiammazione come target.
Per i disturbi neuroimmunitari pediatrici — come PANS/PANDAS — questo è un messaggio forte: non accontentarsi del “come facciamo sempre”, ma cercare di costruire approcci personalizzati che guardino al sistema immunitario, al cervello, all’ambiente.
A recent Personal View by David J Nutt in The Lancet Psychiatry describes the problematic state of drug development in psychiatry and identifies the scarcity of science-based innovation as an important obstacle.1 Here, we propose that use of anti-inflammatories in people with the so-called inflammat...