Pandas Pans in Pillole

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Ansia da separazione e disfunzione autonomica nella sincope vasovagale pediatrica: risultati da uno studio trasversaleUn...
30/10/2025

Ansia da separazione e disfunzione autonomica nella sincope vasovagale pediatrica: risultati da uno studio trasversale

Un lavoro innovative condotto da un team congiunto di LUMSA, Sapienza Università di Roma e con il contributo di due tra i massimi esperti internazionali di neurofisiologia e teoria polivagale — Stephen Porges e Angelos Halaris — esplora un tema di grande rilevanza clinica:
👉 come l’ansia da separazione e la regolazione del sistema nervoso autonomo influenzino gli episodi sincopali nei bambini e preadolescenti.

Analizzare il legame tra:
• ansia da separazione
• funzionamento del sistema nervoso autonomo (misurato tramite variabilità della frequenza cardiaca)

in giovani pazienti con sincope vasovagale (VVS) diagnosticata clinicamente.

Chi è stato coinvolto?
• 40 preadolescenti (10–16 anni) con episodi ricorrenti di sincope vasovagale.
• Valutati sia dal punto di vista psicologico che fisiologico.

Strumenti clinici utilizzati:
• Separation Anxiety Test (SAT)
• Multidimensional Anxiety Scale for Children (MASC-2)
• Trauma Symptom Checklist for Children (TSCC-A)

Misure fisiologiche
• RSA (attività parasimpatica)
• Frequenza cardiaca (HR — componente simpatica)
• Registrazione a riposo e durante stimoli emotivi legati alla separazione.

Risultati principali:

1. Relazioni significative tra emozioni e sincope
• Più episodi di sincope correlano con:
• ansia generalizzata
• sintomi fisici d’ansia
• tendenza all’evitamento
• Depressione e dissociazione associate a attaccamento insicuro.
• PTSD e dissociazione fortemente legati a livelli elevati di ansia.

2. Risposta fisiologica allo stress emotivo
Durante situazioni che evocano separazione:
• Riduzione dell’attività vagale (RSA ↓)
• Aumento della frequenza cardiaca (HR ↑)

➡️ un profilo di disregolazione autonomica, segno di difficoltà nel mantenere equilibrio neurofisiologico sotto carico emotivo.

3. Attaccamento e sintomi emotivi
• 77,5% presenta stili di attaccamento insicuro
• Quasi la metà mostra ansia clinicamente significativa

Interpretazione

La sincope vasovagale pediatrica potrebbe non essere solo un fenomeno cardio-vascolare, ma anche una risposta difensiva automatica a emozioni intense — coerente con la teoria polivagale.

👉 In condizioni di stress emotivo, il sistema autonomo può “collassare” verso una modalità difensiva estrema, simile a una forma di dissociazione fisiologica.

Conclusioni cliniche:
• La VVS in età evolutiva richiede un approccio multidisciplinare: cardiologico, psicologico e neurofisiologico.
• Interventi consigliati in futuro:
• training di regolazione autonomica e HRV biofeedback
• percorsi psicoterapeutici basati sull’attaccamento
• tecniche di stimolazione vagale
• programmi di supporto emotivo e trauma-informed

Messaggio chiave

La sincope vasovagale nei bambini non è solo “svenimento”: spesso riflette un sistema nervoso in difficoltà nel gestire ansia, stress e separazione.
Integrare aspetti emotivi e neurofisiologici è essenziale per una cura efficace.

Studio completo al link

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0022395625006351

Identificazione di nuove cause nelle malattie neuro-infiammatorie: progressi e prospettive dalla ricerca UCSFLe malattie...
30/10/2025

Identificazione di nuove cause nelle malattie neuro-infiammatorie: progressi e prospettive dalla ricerca UCSF

Le malattie neuro-infiammatorie — tra cui poli­encefaliti, encefaliti autoimmuni e sindromi paraneoplastiche — rappresentano un complesso ambito clinico dove la distinzione tra infezione, autoimmunità e alterazioni secondarie è spesso difficile. Il progetto “Identifying New Causes of Neuro-Inflammatory Diseases” condotto presso la UCSF ha sviluppato strumenti diagnostici innovativi per identificare autoanticorpi e antigeni coinvolti, generare reagenti ricombinanti e accelerare la diagnosi e la comprensione patogenetica di tali condizioni. I risultati preliminari indicano che una significativa quota di encefaliti può avere origine autoimmune e che alcune forme cliniche di psicosi, convulsioni e disfunzione mnemonica potrebbero essere interpretate come manifestazioni di sindromi autoimmuni. La disponibilità di anticorpi ricombinanti apre la strada a studi funzionali e a strategie terapeutiche mirate.

Le malattie neuro-infiammatorie costituiscono una categoria eterogenea di patologie in cui il sistema nervoso centrale (SNC) è oggetto di un processo infiammatorio. Tra queste, l’encefalite è spesso causata da infezioni, tuttavia oltre la metà dei pazienti presenta segni di autoimmunità nel SNC, piuttosto che un patogeno identificabile. 
La responsabilità di autoanticorpi diretti contro antigeni neurologici è sempre più considerata centrale. Tuttavia, la carenza di campioni biologici adeguati e la mancanza di reagenti specifici hanno ostacolato la rapida identificazione di nuovi antigeni e il chiarimento dei meccanismi patogenetici.

Obiettivi del progetto UCSF
Il progetto ha avuto i seguenti scopi principali:
• sviluppare un test di screening che identifichi autoanticorpi nei pazienti con infiammazione del SNC (liquido cerebrospinale, tessuti cerebrali) per dirigere i clinici verso la causa sottostante; 
• identificare antigeni bersaglio (autoantigeni) mediante tecnologie diagnostiche avanzate;
• generare anticorpi ricombinanti clonali derivati da pazienti, per consentire lo studio funzionale dell’interazione anticorpo-antigene; 
• accelerare la diagnosi clinica, in particolare per identificare sindromi paraneoplastiche (cioè attivate da tumori) e distinguere forme autoimmuni di psicosi da quelle classiche.

• Lo screening ha evidenziato la presenza di autoanticorpi in campioni di liquido cerebrospinale/presente di infiammazione del SNC, nei casi in cui non era identificato un agente infettivo. 
• È stata scoperta almeno una nuova sindrome autoanticorpale di tipo paraneoplastico (ovvero scatenata dalla presenza di un tumore), permettendo di indirizzare i pazienti verso la ricerca di una neoplasia sottostante. 
• Il laboratorio del Dr Michael Wilson ha sequenziato i geni dell’anticorpo ‘pathogenic’ da un paziente (liquido spinale) e ha generato un anticorpo ricombinante con la stessa specificità dell’anticorpo del paziente. 
• Questi anticorpi ricombinanti in quantità illimitata consentono lo studio meccanicistico: come l’anticorpo lega l’antigene, quali vie intracellulari vengono attivate, come ciò conduce a disfunzione cerebrale.

Implicazioni cliniche
• La disponibilità di un test di screening rapido per autoanticorpi in pazienti con encefalite/infiammazione del SNC consente un intervento diagnostico più precoce. In particolare, quando si identifica un autoanticorpo paraneoplastico, il medico può orientarsi verso la ricerca di un tumore e procedere con terapia oncologica/autoimmune in epoca più tempestiva. 
• Il riconoscimento che una porzione di pazienti con “psicosi” potrebbe avere una base autoimmune (e non essere una forma classica di schizofrenia) cambia radicalmente il paradigma terapeutico: questi pazienti richiederebbero un trattamento immunomodulante piuttosto che esclusivamente psichiatrico. 
• Lo studio degli anticorpi ricombinanti apre la strada a terapie mirate volte a neutralizzare specifici autoanticorpi o a bloccare le loro vie di danno, potenzialmente migliorando l’outcome e riducendo la cronicità.

• Bisogna ancora stabilire in ogni sindrome autoanticorpale se l’anticorpo è causativo (cioè patogeno) oppure solo un marker epifenomenico di danno cerebrale. Il gruppo UCSF lo sottolinea: “dobbiamo essere più intelligenti nel capire quali di queste sindromi sono realmente causative e quali sono conseguenze di un altro danno”. 
• Occorre ampliare i campioni biologici (liquido cerebrospinale, tessuto cerebrale, plasma) e collegarli a dati clinici robusti (psichiatria, neurologia, oncologia) per validare nuovi autoantigeni e definire la prevalenza di queste condizioni nella pratica.
• Serve integrare questi test nella routine clinica: definire linee guida, standardizzare i reagenti, garantire accesso anche nei contesti al di fuori dei grandi centri accademici.
• Le future ricerche dovranno esplorare i meccanismi: come l’anticorpo mediatore conduce alla disfunzione sinaptica, attiva microglia o induce perdita neuronale; e se è possibile interve**re farmacologicamente per bloccare tali processi.

Il progetto “Identifying New Causes of Neuro-Inflammatory Diseases” dell’UCSF rappresenta un importante passo avanti nella comprensione delle malattie neuro-infiammatorie ad eziologia sconosciuta. L’identificazione di autoanticorpi, la generazione di anticorpi ricombinanti e l’introduzione di test diagnostici innovativi aprono nuove vie per la diagnosi precoce e il trattamento personalizzato. Per clinici, ricercatori e associazioni di pazienti, queste scoperte suggeriscono che un numero ancora maggiore di patologie neurologiche/psichiatriche potrebbe avere una componente autoimmune-infiammatoria, e che la nostra capacità di interve**re efficacemente potrà crescere notevolmente nei prossimi anni.

“This is a very useful test because it directs doctors toward finding an underlying tumor, if there is one, and patients can be treated much earlier.” Sam Pleasure, MD, PhD

28/10/2025
«Scuola e disabilità: la prima raccomandazione dell’Autorità Garante. “Nessuna barriera burocratica alla terapia in clas...
27/10/2025

«Scuola e disabilità: la prima raccomandazione dell’Autorità Garante. “Nessuna barriera burocratica alla terapia in classe”»

L’AGNDD interviene per garantire la continuità terapeutica degli alunni con disabilità: l’ingresso dei professionisti sanitari deve essere autorizzato dal dirigente scolastico, senza necessità del consenso degli altri genitori.

Il 24 ottobre 2025, l’Autorità Garante Nazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità ha pubblicato la Raccomandazione n. 1/2025, il suo primo atto formale, con l’obiettivo di eliminare barriere burocratiche che ostacolano l’esercizio del diritto all’istruzione e alla salute degli alunni con disabilità. 

La raccomandazione è scaturita da una segnalazione relativa al rifiuto, da parte di un istituto scolastico, dell’ingresso in classe di un medico di ASL incaricato di seguire un alunno con disturbo dello spettro autistico (DSA). In tale circostanza la scuola aveva subordinato l’accesso del professionista al consenso di tutti i genitori della classe, bloccando così la prosecuzione del piano terapeutico. 

Dalle indagini condotte dall’Autorità è emerso che tali prassi non sono isolate: in diversi istituti viene richiesto il consenso delle famiglie o ulteriori documenti da parte dei terapisti, con il rischio di interrompere o ritardare le terapie in orario scolastico. 

Contenuti principali della Raccomandazione n. 1/2025:
• L’ingresso in classe dei professionisti sanitari (terapisti, medici, operatori esterni incaricati da ASL o enti accreditati) deve essere autorizzato dal dirigente scolastico. 
• È sufficiente la semplice comunicazione alle famiglie; non è legittimo richiedere il consenso di tutti gli altri genitori dell’intera classe. 
• Il professionista deve operare nel rispetto della privacy degli altri studenti, ma tale tutela non può dive**re ostacolo al diritto alla salute e allo studio dell’alunno con disabilità. 
• L’Autorità invita gli Uffici Scolastici Regionali a diffondere la raccomandazione a tutti gli istituti scolastici (pubblici e paritari) su tutto il territorio nazionale. 

La raccomandazione assume particolare importanza nel quadro del diritto all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, sancito dalla Legge n. 104/1992 (art. 12) e dalle successive disposizioni normative, nonché dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ratificata dall’Italia con la legge 3 marzo 2009, n. 18. 

In particolare, la nuova D.Lgs. 20/2024 che ha istituito l’Autorità Garante la colloca formalmente in un ruolo di vigilanza, promozione e tutela dei diritti delle persone con disabilità. 

Per le istituzioni scolastiche: occorre verificare che i regolamenti d’istituto non contengano clausole che richiedano il consenso unanime dei genitori o moduli aggiuntivi per l’ingresso dei professionisti incaricati dal Servizio Sanitario; la prassi ora indicata è che l’unico decisore è il dirigente scolastico.
Per le famiglie e le associazioni: il documento rappresenta un importante strumento di tutela; in caso di impedimenti all’accesso dei terapisti in orario scolastico può essere utile richiamare la raccomandazione come base normativa/istruttoria.
Per le associazioni che operano nel mondo della disabilità: è un momento strategico per sensibilizzare le scuole sul corretto rapporto tra PEI/PDP, piano terapeutico e inclusione a scuola, e promuovere buone prassi uniformi sul territorio.

https://www.garantedisabilita.it/announcements/scuola-e-disabilita-la-prima-raccomandazione-dellautorita-garante-nessuna-barriera-burocratica-alla-terapia-in-classe-lautorita-interviene-per-garantire-la-cont/

24/10/2025

Lo studio analizza l’aumento delle infezioni invasive da Streptococcus pyogenes di gruppo A (iGAS: invasive Group A Streptococcus) in età pediatrica (bambini) in 15 paesi europei, a seguito dell’allentamento delle misure non farmacologiche (non-pharmaceutical interventions, NPI) adottate per contrastare la diffusione della COVID‑19. L’ipotesi di base è che la riduzione dell’esposizione a patogeni durante le misure restrittive abbia creato una “debito immunitario” che conseguentemente ha favorito la ripresa delle infezioni invasive da GAS e la comparsa di presentazioni cliniche più severe. 

Lo studio è una coorte multicentrica condotta in 15 paesi europei (dettagli dei paesi non tutti riportati nel sommario). Sono stati considerati i casi pediatrici di iGAS dopo il periodo di restrizioni COVID e analizzati in relazione a variabili cliniche, epidemiologiche e microbiologiche, compresi i tipi genotipici (emm-types) di GAS. Viene confrontato il periodo “post-NPI” con i periodi precedenti per individuare variazioni nell’incidenza e nella gravità. 
Nello specifico, l’incremento dell’incidenza è espresso con rate ratios (IRR: incidence rate ratios) fra periodi. Sono state utilizzate analisi multivariate per identificare fattori associati alla gravità dell’infezione (criteri quali ricovero in terapia intensiva pediatrica e/o decesso). 

Risultati principali
1. Incremento dell’incidenza
• Nel periodo “post-NPI” si è osservato un significativo aumento dell’incidenza di iGAS rispetto al periodo pre-NPI, con un IRR pari a circa 2,93 (95% CI: 2,46-3,49). 
• L’aumento era particolarmente marcato per alcune presentazioni cliniche gravi: ad esempio infezioni del sistema nervoso centrale (IRR ≈ 12,31; 95% CI: 4,14-52,73), fasciite necrotizzante (IRR ≈ 26,07; 95% CI: 5,14-474,96), streptococcal toxic shock syndrome (STSS) (IRR ≈ 10,32; 95% CI: 3,88-35,59). 
• Le infezioni polmonari da iGAS hanno visto anch’esse un forte aumento (IRR ≈ 5,04; 95% CI: 3,27-7,97). 
2. Aumento della gravità clinica
• La percentuale di bambini con iGAS che ha richiesto ricovero in terapia intensiva pediatrica (PICU) è passata dal 15,6 % (34/218) nel periodo pre-COVID a 38,4 % (113/294) nel periodo post-COVID (P < 0,001). 
• La mortalità è aumentata da 1,4 % (3/218) a 4,4 % (13/294) nel periodo post-COVID, anche se la differenza non ha raggiunto significatività (χ²₁ = 3,84; P = 0,12). 
• L’età media e la distribuzione per età non hanno mostrato differenze significative fra i periodi. 
3. Fattori di rischio per gravità
• Analisi multivariata identificano come fattori indipendenti associati a un esito severo: coinvolgimento polmonare (OR ≈ 8,64; 95% CI: 5,50-13,55), STSS (OR ≈ 11,71; 95% CI: 4,39-31,18), meningite/encefalite (OR ≈ 4,38; 95% CI: 4,39-31,18). 
• Fra i parametri clinici: ridotta coscienza (OR ≈ 7,61; 95% CI: 1,84-34,41), dispnea (OR ≈ 9,89; 95% CI: 3,04-32,14), auscultazione polmonare anormale (OR ≈ 6,32; 95% CI: 2,18-18,32), e livelli elevati di proteina C-reattiva (CRP) (OR ≈ 6,32; 95% CI: 2,18-18,32). Un valore più alto del tasso di filtrazione glomerulare stimato (eGFR) risultava associato a un minor rischio di gravità (OR ≈ 0,64; 95% CI: 0,49-0,84). 
• Il tipo genotipico (emm-type) è risultato rilevante: nel periodo post-COVID i tipi più comuni furono emm1.0 (≈ 40,6 %), emm3.93 (≈ 19,8 %) e emm4.0 (≈ 10,9 %) fra i casi con tipi disponibili. L’emm-type 1.0 e il 4.0 erano significativamente associati a gravità nei modelli multivariati (dopo aggiustamento per sindrome clinica). 
4. Possibili cause ipotizzate
• Gli autori suggeriscono che le misure NPI durante la pandemia abbiano ridotto la trasmissione di GAS e altri patogeni, generando un debito immunitario (“immunity debt”) nei bambini che non avevano sviluppato adeguata immunità pregressa. 
• La ripresa delle infezioni virali in epoca post-NPI avrebbe potuto favorire infezioni secondarie da GAS o complicanze invasive. 
• Un ulteriore contributo potrebbe ve**re dallo spostamento delle popolazioni di ceppi GAS verso ceppi più virulenti (come l’espansione del ceppo M1_UK) e maggiore suscettibilità della fascia pediatrica. 

Lo studio conferma un trend allarmante: non solo un aumento del numero di casi pediatrici di iGAS dopo la fine delle restrizioni COVID, ma anche una maggiore gravità delle infezioni. Il collegamento tra riduzione dell’esposizione ai patogeni durante le misure restrittive e l’aumento successivo dell’incidenza appare coerente con i dati presentati.
I fattori clinici identificati (ad esempio sintomi polmonari, coinvolgimento del sistema nervoso centrale, STSS, parametri di laboratorio quali CRP elevata, bassa eGFR) forniscono indicazioni utili per la selezione precoce dei pazienti a rischio elevato.
L’associazione con tipi genotipici più aggressivi di GAS rafforza l’ipotesi che la virulenza del patogeno abbia giocato un ruolo importante nell’aumento della severità.

Gli autori sottolineano alcune limitazioni:
• La mancanza di dati sistematici per tutti i paesi europei e per tutti i casi (alcuni dati mancanti su tipi genotipici).
• La difficoltà di dimostrare causalità fra riduzione di esposizione, debito immunitario e aumento dei casi, dato il disegno osservazionale.
• La variabilità fra paesi nella sorveglianza e nei criteri diagnostici che possono influenzare i risultati.

In sintesi, lo studio mostra che in 15 paesi europei vi è stato un significativo aumento dell’incidenza e della gravità delle infezioni invasive da Streptococcus pyogenes gruppo A in età pediatrica dopo l’allentamento delle misure di contenimento della COVID-19. I fattori di rischio per gravità comprendono coinvolgimento polmonare o del sistema nervoso centrale, STSS, sintomi clinici gravi (es. dispnea, alterata coscienza), elevazione della CRP, e genotipi GAS particolarmente virulenti. Le implicazioni cliniche sono chiare: è necessario un alto grado di vigilanza per i casi pediatrici di sospetta iGAS, una tempestiva diagnosi e gestione intensiva nei casi ad alto rischio. Anche in termini di sanità pubblica, lo studio suggerisce che la riduzione dell’esposizione a patogeni durante la pandemia possa avere creato vulnerabilità che va tenuta presente nella pianificazione delle misure future.

COVID-19 e PANDAS/PANS — la connessione nascosta Fonte: P.A.N.D.A.S. Network (USA)Quando a mio figlio è stata diagnostic...
22/10/2025

COVID-19 e PANDAS/PANS — la connessione nascosta

Fonte: P.A.N.D.A.S. Network (USA)

Quando a mio figlio è stata diagnosticata la sindrome PANDAS nel 2022, conoscevo già il protocollo:
rimozione di tonsille e adenoidi, somministrazione di immunoglobuline endovena (IVIG), antibiotici a lungo termine…
e poi la remissione.

Ma quando finalmente abbiamo consultato uno specialista, mi ha detto:

“Prima del Covid riuscivo a far entrare i bambini in remissione in pochi mesi, ma ora è molto più complicato.”

Dalle analisi del sangue risultò evidente che, oltre alla PANDAS, mio figlio soffriva anche di Long Covid.
Una doppia sfida che cinque anni fa era impensabile, ma che oggi è purtroppo sempre più comune.

Negli ultimi anni i medici hanno osservato un aumento dei casi di PANDAS/PANS con sintomi più intensi:
tic più forti, ossessioni, ansia e sbalzi d’umore.

Il virus SARS-CoV-2 non colpisce solo i polmoni — può innescare infiammazione nel cervello e confondere il sistema immunitario, peggiorando i sintomi o addirittura creando nuovi casi.
Se aggiungiamo lo stress dei lockdown, la paura e l’isolamento, non sorprende che la salute mentale dei bambini abbia subito un impatto così profondo.

La buona notizia?
Con il giusto percorso medico, la terapia adeguata e il sostegno familiare, molti bambini migliorano nel tempo.
La chiave è la consapevolezza: le famiglie non sono sole in questa battaglia.

Per approfondire la relazione tra COVID-19 e PANDAS/PANS, leggi l’articolo completo qui:
🔗

COVID-19 impacted the entire world’s population, frequently resulting in long-lasting neuropsychiatric complications. Furthermore, social distancing, lockdowns and fear for one’s personal health worsen individual psychological wellbeing, especially ...

Quando la genetica svela una parte del “come” del comportamento: 36 geni “forti” nei disturbi ossessivo-compulsivi e da ...
22/10/2025

Quando la genetica svela una parte del “come” del comportamento: 36 geni “forti” nei disturbi ossessivo-compulsivi e da tic

Il comportamento umano, i meccanismi cerebrali che guidano pensieri, azioni ripetitive, tic motori o vocali, restano in gran parte avvolti nel mistero. Lo studio pubblicato da un gruppo internazionale di ricerca rappresenta un passo importante verso la comprensione biologica di due condizioni molto complesse: il Disturbo Ossessivo‑Compulsivo (OCD) e i Disturbi da Tic Cronici (CTD).

È noto da tempo che la predisposizione genetica gioca un ruolo significativo in queste condizioni. Studi su famiglie e gemelli indicano una componente ereditaria rilevante. Tuttavia, finora, hanno dominato i lavori sulle varianti genetiche comuni (che ognuno porta) e pochi erano i geni specifici con effetto elevato (“high‐effect”) identificati nei disturbi ossessivo-compulsivi o nei tic cronici.

Il lavoro in questione si concentra su mutazioni genetiche rare di tipo “coding” (cioè che influenzano direttamente la sequenza proteica) — varianti che non sono frequenti nella popolazione, ma che quando sono presenti possono avere un effetto consistente sul rischio di malattia. Gli autori hanno analizzato i dati genetici di numerosi soggetti affetti da OCD e CTD, confrontandoli con controlli sani, al fine di individuare queste varianti rare ad alto impatto. 

La scoperta più rilevante è che sono stati individuati 36 geni a grande effetto (large‐effect risk genes) associati a OCD / CTD. 
Alcuni punti salienti:
• Molti di questi geni sono implicati nei processi di sviluppo neuronale, nella formazione delle sinapsi, nella struttura delle reti cerebrali.
• I risultati suggeriscono che la distinzione tra OCD e disturbi da tic cronici potrebbe essere meno netta di quanto pensato: le vie genetiche e biologiche sembrano condivise.
• Lo studio amplia notevolmente il numero di geni “forti” conosciuti in questo ambito (prima dello studio erano invece molto pochi i geni ad alto effetto identificati) ― il che rappresenta un salto significativo nella comprensione della patologia.

Significato biologico e interpretazione

La presenza di varianti rare che provocano un elevato rischio suggerisce che, in alcuni soggetti, l’origine del disturbo possa essere “più biologica/strutturale” — ossia legata a difetti nella formazione delle reti neurali, nella connettività, nella regolazione di circuiti cerebrali specifici — piuttosto che solo a fattori ambientali o a tante piccole varianti genetiche di debole effetto.
Inoltre, la sovrapposizione genetica tra OCD e CTD rafforza l’idea che questi disturbi non siano completamente separati, ma possano condividere basi comuni e che la manifestazione diversa (ossessiva vs motoria) sia modulata da ulteriori fattori (genetici, ambientali, epigenetici).

Implicazioni cliniche e future applicazioni

Le implicazioni sono rilevanti per vari motivi:
• Diagnosi e stratificazione: identificare un gene “ad alto effetto” in un paziente potrebbe aiutare a definire meglio la traiettoria clinica, l’eventuale comorbidità, e potenzialmente il trattamento.
• Ricerca terapeutica: conoscere i geni coinvolti e le vie biologiche permette di pensare a farmaci mirati, interventi precoci, oppure strategie di prevenzione in caso di rischio genetico identificato.
• Comprensione più profonda del disturbo: non più solo “psicologico” o “cerebrale” in senso vago, ma con mappe genetico‐biologiche più precise.

Limiti e prospettive

Gli autori stessi sottolineano che:
• Le analisi sono prevalentemente su popolazioni di discendenza europea, per cui la generalizzabilità ad altre etnie è da verificare.
• Essendo mutazioni rare, il numero di soggetti che le portano è limitato: serve ulteriore lavoro per confermare i risultati, comprendere l’effetto in contesti clinici, e valutare come queste varianti interagiscono con l’ambiente.
• L’identificazione dei geni non significa automaticamente che abbiamo già un farmaco: serve ricerca funzionale per capire come esattamente questi geni influenzano i circuiti cerebrali, e poi ricerca farmacologica.

In sintesi: questo studio rappresenta un importante avanzamento nella genetica dei disturbi ossessivo-compulsivi e da tic cronici. Individuare 36 geni ad alto effetto non significa che ogni caso di OCD o CTD sia spiegato da una singola mutazione, ma significa che, per alcuni soggetti, la radice del disturbo può essere “forte” e definita biologicamente. La strada verso una cura personalizzata, un giorno, appare ancora più vicina.

Obsessive-compulsive disorder (OCD) and chronic tic disorders (CTD) are highly heritable. Recent progress in OCD genomics has highlighted small-effect common alleles. Rare mutations have previously been found to carry large risks for OCD and CTD but only four high-confidence (hc) genes have been ide...

Oggi condividiamo un articolo importante de Il Fatto Quotidiano che racconta storie di famiglie che si sentono abbandona...
16/10/2025

Oggi condividiamo un articolo importante de Il Fatto Quotidiano che racconta storie di famiglie che si sentono abbandonate da un sistema scolastico non inclusivo. 
Tra queste, la testimonianza di una nostra associata, Stefania, mamma di Andrea, ragazzo con diagnosi di autismo e pans, racconta le difficoltà vissute nella richiesta del sostegno e dell’istruzione domiciliare. 

Crediamo che queste voci debbano essere ascoltate. Speriamo che questa pubblicazione contribuisca a fare pressione affinché si garantiscano i diritti di tutti i ragazzi, anche quelli con bisogni complessi.

Leggi l’articolo originale:
“Mio figlio autistico senza il sostegno, siamo abbandonati e discriminati” — Il Fatto Quotidiano 

Insegnanti di sostegno non specializzati, educatori assenti, istruzione domiciliare in ritardo: le denunce dei genitori di alunni con disabilità

Non esiste un limite di età per la diagnosi di PANS.I sintomi spesso iniziano durante l’infanzia, ma possono persistere ...
13/10/2025

Non esiste un limite di età per la diagnosi di PANS.

I sintomi spesso iniziano durante l’infanzia, ma possono persistere fino all’età adulta e, in alcuni casi, insorgere anche in età adulta.
I criteri diagnostici PANS non prevedono limiti di età, anche se il termine “pediatrica” è presente nel nome della sindrome.

Per quanto riguarda la PANDAS, il criterio dell’“insorgenza prepuberale” è stato originariamente inserito solo per definire un gruppo di ricerca più omogeneo. Tuttavia, questo non esclude la possibilità di diagnosi anche dopo la pubertà, se sono soddisfatti tutti gli altri criteri diagnostici.
La consapevolezza conta.
PANS e PANDAS possono colpire persone di qualsiasi età, e riconoscerlo significa non lasciare indietro nessuno.

Per approfondire:
👉 https://aspire.care/symptoms-diagnosis/diagnosing/

Diagnosing PANS and PANDAS - PANS PANDAS is a clinical diagnosis based on a physical exam, clinical and family history, and lab tests.

Nuove evidenze scientifiche sulle sindromi PANS: la terapia occupazionale come “quarto pilastro” dell’interventoSiamo fe...
13/10/2025

Nuove evidenze scientifiche sulle sindromi PANS: la terapia occupazionale come “quarto pilastro” dell’intervento

Siamo felici di condividere un importante risultato della ricerca internazionale: la pubblicazione sull’American Journal of Occupational Therapy dell’articolo di revisione della Dr.ssa Michelle Newby, PhD, dedicato all’impatto della sindrome neuropsichiatrica pediatrica ad esordio acuto (PANS) sulle prestazioni occupazionali dei bambini.

Finora, la maggior parte degli studi si è concentrata sugli aspetti medici e psichiatrici della PANS — fondamentali per la diagnosi e la cura.
Questa revisione sistematica colma una lacuna importante: sintetizza per la prima volta ciò che è attualmente noto sull’impatto della PANS sul funzionamento quotidiano dei bambini e sul potenziale ruolo della terapia occupazionale nel supportarli.

Analizzando la letteratura esistente, il team di ricerca ha evidenziato che la PANS interrompe in modo significativo e pervasivo la partecipazione dei bambini in tutte le principali attività dell’infanzia, tra cui:
• comunicazione
• gestione della nutrizione
• istruzione e apprendimento
• riposo e sonno
• partecipazione sociale
• toilette, bagno, vestirsi, igiene personale
• gioco e tempo libero

A partire da questi risultati, gli autori propongono di riconoscere le prestazioni occupazionali come “quarto pilastro” dell’intervento PANS, insieme alla:
1. gestione della neuroinfiammazione,
2. trattamento delle infezioni,
3. presa in carico dei sintomi psichiatrici.

Questo lavoro rappresenta un passo importante per comprendere meglio la complessità della PANS e costruire basi scientifiche per interventi multidisciplinari realmente efficaci, che includano anche il supporto funzionale alla vita quotidiana di bambini e famiglie.

🔗 Potete leggere l’articolo completo qui:

https://research.aota.org/ajot/article-abstract/79/6/7906205050/28468/Pediatric-Acute-Onset-Neuropsychiatric-Syndrome?redirectedFrom=fulltext

(Accesso tramite American Journal of Occupational Therapy)

💚 Un ringraziamento alla Dr.ssa Michelle Newby e al suo team per questo prezioso contributo alla conoscenza scientifica e alla qualità di vita dei bambini PANS e delle loro famiglie in tutto il mondo.

This review included research articles addressing what is known about the impact of pediatric acute-onset neuropsychiatric syndrome (PANS) on children’s daily functioning and the role of occupational therapy in managing challenges.

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