16/10/2024
PERDONARE E FARSI PERDONARE
Quando qualcuno ci ferisce, possiamo essere offesi, amareggiati, provare risentimento e pensieri di vendetta, oppure perdonare e andare avanti. Afferrare il significato del perdono è un processo preliminare e necessario perché è importante saper perdonare.
Ma perché a volte è così difficile perdonare? Perché nonostante siamo a conoscenza che il perdono è la via migliore per ricostituire un senso di benessere mentale, abbiamo così difficoltà a liberarci dalla sofferenza? La risposta forse la si può trovare nell’interpretazione dell’evento nocivo e di conseguenza quale significato attribuiamo alla parola perdono.
Perdonare non è sinonimo di giustificare, dimenticare o riconciliarsi. Quando una persona giustifica un determinato comportamento negativo, può arrivare a pensare che l’autore del torto potrebbe aver avuto una valida motivazione per quanto ha fatto. Al contrario, quando una persona perdona, identifica chiaramente il comportamento dell’altro come moralmente sbagliato, ma accetta l’altro, si confronta e riconosce il suo essere nonostante l’offesa. Inoltre, quando una persona perdona, offre ciò che può alla persona perdonata, ad esempio il proprio sentimento di compassione o pena. Ma insistentemente ritorna nei pensieri negativi che si affollano l’interrogativo, perdonare o non perdonare? Quante volte di fronte a un grande dolore abbiamo pensato: “ Questa volta non riesco a perdonare”. Per molti, infatti, non si può sempre perdonare tutto e tutti.
Quando gli eventi si sono protratti per un tempo che ti è sembra infinito val la pena perdonare chi dalla sua malattia si è fatto un film dal finale tragico, chi ti ha privato del diritto al lavoro con modi ruvidi, epistolari, senza empatia e carisma, cavalcando un gossip malato. Il perdono va esteso anche in situazioni in cui l’ambiente lavorativo, come in un acquario sempre più competitivo, pesci piccoli si credono grandi (e glielo fanno credere) con gelosie e delazioni (ndr ”gentil sesso di spessore e profondità mai raggiunti e nemmeno lontanamente sfiorati”). Perdonare poi anche chi concede il palcoscenico a colei che lo usa per farsi compatire; sì, perdonare anche qui, anche se avvilisce la memoria storica di chi ha sempre patito il peso dello scudo, anche quando gli scudi erano volti a sua protezione. Ma sì, perdonare anche chi ha cercato in tutti i modi di vestire quel camice lasciato appeso al chiodo la cui taglia non le si addice per competenze e signorilità.
Lo stesso sentimento di perdono va indirizzato a chi semplicemente ha fiancheggiato con un copia incolla spruzzato nell’etere per una più ampio discredito ( un protagonismo che non andrà mai oltre, che dire, “un piatto di cappellacci”). Va anche perdonato chi da pseudoesperto di alimentazione per neuroni ha soffiato sul fuoco, “ascoltato suo malgrado”, con spregio al giuramento professionale dato.
Perdonare è un sentimento che va rivolto anche a chi si è fatto da parte, non si è pronunciato per non essere di parte, non ha più condiviso la stessa tavola per paura di esporsi, e ti ha creato intorno quel limbo di indifferenza interminabile e incomprensibile. E da inserire nei perdonati anche chi “ma io lo dicevo…” e le sue parole non si sono sentite.
Ma non è solo importante perdonare ma anche farsi perdonare .
Nel cammino del perdono bisogna rivolgersi a chi si ha patito l’apprensione: gli affetti più stretti, chi ha sempre resistito, creduto e chi purtroppo se ne è andato senza poter vedere il meritato finale. Il perdono va chiesto per aver indotto non poco stress a chi con professionalità ed empatia si è esposto difendendoti con consiglio fraterno in più riprese, a chi ti ha tenuto lavorativamente vicino, al di là l’accademicamente corretto. E’ là che identifichi il valore delle capacità che si tengono per mano all’empatia di chi ha conosciuto e sostenuto la realtà.
Egoisticamente il perdono fa bene: È stato dimostrato che perdonare abbassa la pressione cardiaca, rafforza il sistema immunitario ed endocrino, da un senso di benessere fisico, riduce stanchezza, rabbia, odio, ansia, tristezza, solitudine e depressione e produce un umore più positivo e maggiore ottimismo.
Nelson Mandela ha dato la definizione più fedele: “Il perdono libera l’anima, rimuove la paura ed è per questo che è un’arma potente.” Un’arma che non giustifica uno sbaglio, come molti pensano. Un’arma che però va oltre ciò che è accaduto, oltre la sofferenza, dà entusiasmo, a testa alta.