psicoterapeuta_sara.nepi

psicoterapeuta_sara.nepi Psicologa, psicoterapeuta ad orientamento Gestalt. Esperta in psicotraumatologia attraverso il meto

25/07/2022


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Paura e desidero. Spesso li confondiamo e il risultato risulta lo stesso: l'immobilità. "Gli uomini fanno di tutto per e...
18/05/2022

Paura e desidero.
Spesso li confondiamo e il risultato risulta lo stesso: l'immobilità.

"Gli uomini fanno di tutto per evitare ciò che temono che per ottenere ciò che desiderano"
Dan Brown


I BAMBINI E LA GUERRALa mia generazione, chi oggi ha tra i 40 e i 50 anni, ha ascoltato i racconti della memoria, nonni ...
11/03/2022

I BAMBINI E LA GUERRA

La mia generazione, chi oggi ha tra i 40 e i 50 anni, ha ascoltato i racconti della memoria, nonni bisnonni, che come i miei, facevano sedere sulle ginocchia e iniziavano a raccontare ciò che da bambini o giovani adulti avevano vissuto durante i bombardamenti e la guerra.

Raccontavano il nascondersi e il fuggire, il suono delle sirene e l'attesa delle bombe, lo scavare a mani n**e la terra nella speranza di trovare almeno una patata da spartire tra più bocche, il freddo e la paura, le partenze al fronte e i ritorni a casa, i gesti semplici di generosità capaci ancora a distanza di anni di far brillare gli occhi di gratitudine, il cedere un pezzo di pane per darlo a più piccoli, la gioia e festa grande quando qualcuno regalava loro un pollo o un coniglio.

Ci parlavano di guerra quando la guerra non c'era, quando la si intravedeva in vecchie pagine ingiallite o in servizi antichi di telegiornale e quei momenti diventavano occasione di condivisione della memoria, di conservazione del ricordo, un testimone da lasciare in eredità ai propri nipoti.
E noi piccoli stavamo ad ascoltare con gli occhi sbarrati affascinati dalle storie e dal passato.

Un passato che ci sembrava lontanissimo.

Ma oggi quel passato è tornato ad essere il nostro presente, ad essere il presente dei nostri figli, figli troppo piccoli per avere ancora vivo, oggi, chi la guerra l'ha vissuta davvero.

Leggo di frequente ultimamente, la voce di chi afferma di tenere i bambini lontani da ciò che sta accadendo, di non raccontare loro i fatti, di farli vivere nell'illusione protettiva che niente stia succedendo.

Non sono d'accordo.
Assolutamente.

I bambini hanno bisogno di sapere, dobbiamo fornire loro un contesto adeguato dove riporre le parole, informazioni, immagini, che inondano i social, la televisione, i giornali per tutto il tempo della nostra giornata.
Di contro però noi adulti, spesso sproniamo loro a fare striscioni e cartelli colorati che inneggiano alla pace, contro la guerra, o contro ogni altra battaglia, ci pare che tutto abbia più forza se fatto dalle mani di un bambino, ma non ci soffermiamo a spiegare loro il perché.

Ci asteniamo.

A volte non sappiamo cosa dire.
Spesso il nostro terrore ci convince che siano troppo piccoli per sapere.

Ma questo è il nostro terrore, non il loro.

Suggerisco di trovare il coraggio.
Quel coraggio che permetta ai nostri figli di dare un senso ai termini che le loro orecchie percepiscono, di esorcizzare e palesare le emozioni che provano, di rompere tabù e dinieghi antichi come quello che afferma che i bambini non siano in grado di capire.

Sono in grado eccome, basta trovare la maniera adatta.
Proprio come facevano i nostri nonni e bisnonni prendendoci sulle ginocchia.

Coraggio, ce la possiamo fare, magari anche con l'aiuto di un buon libro che ci sostenga con immagini e parole delicate proprio a misura di bambino.

Una delle prime parole che insegnamo a dire ai nostri bambini fin dalla primissima età è "grazie". Ci sentiamo orgoglios...
17/05/2021

Una delle prime parole che insegnamo a dire ai nostri bambini fin dalla primissima età è "grazie".
Ci sentiamo orgogliosi quando spontaneamente la pronunciano in risposta ad una gentilezza ricevuta. Quel "grazie" appare come la dimostrazione evidente di quanta buona educazione abbiamo impartito al bambino. Infatti se l'esitazione nel pronunciarla si fa evidente accorriamo subito in soccorso: "come si dice? " ed ecco che puntuale arriva la parola tanto attesa.
Forse non è molto noto come il termine opposto a gratitudine (rendere grazie) sia "invidia".
L'invidia, ovvero guardare contro, guardare di mal occhio, è quel sentimento che pone l'accento su le doti, le attitudini, gli oggetti che io non ho, ma che l'altro possiede.
Per sua stessa natura l'invidia si cela, altrimenti sarebbe confessare pubblicamente la propria inferiorità, il non riconoscersi sufficientemente dotati in qualcosa.
L'invidia nasce dall'incapacità di riconoscere i doni di cui sono dotato, è l'incapacità di ben-vedere me e di ben-vedere l'altro.

La gratitudine è l'esercizio che scaccia l'invidia, è l'atto che mi permette di essere consapevole di chi sono e di quello che possiedo.

Quel ricercatissimo "grazie" è allora il primo mattone che favorisce nel bambino la capacità di amare se stesso imparando a rispettare gli altri, ... ben di più della mera buona educazione.
E ovviamente vale per tutti!

Ci si indigna e si inneggia alla massima punizione possibile quando assistiamo alle riprese di violenze in asili nido e ...
11/03/2021

Ci si indigna e si inneggia alla massima punizione possibile quando assistiamo alle riprese di violenze in asili nido e materne, ma ognuno a casa propria con i propri figli si sente in dovere di alzare le mani e dispensare schiaffi, sculacciate, scapaccioni.
La violenza è violenza e l'educazione è tutt'altro. Se non sai educare chiedi aiuto a chi può aiutarti a farlo. E chi asserisce che nonostante averle prese da piccolo è cresciuto su bene... bhè, mi dispiace deluderti, ma il solo fatto che alzi le mani su un bambino la dice lunga sull'adulto che sei diventato.

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22/02/2021

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Ti propongo un esperimento: prova per un istante a chiudere gli occhi. Cerca di recuperare nella tua memoria quella volt...
18/02/2021

Ti propongo un esperimento: prova per un istante a chiudere gli occhi. Cerca di recuperare nella tua memoria quella volta in cui, coccolato e rassicurato tra le braccia di qualcuno, hai lasciato cadere ogni forma di difesa, tutte le resistenze si sono allentate e ti sei ritrovato abbandonato in totale sicurezza.
In italiano non esiste una parola che racchiude questa emozione, dobbiamo rifarci all'espressione giapponese Amae.
Potremmo tradurla come: l'emozione che dà per scontato l'amore dell'altra persona.
Ne siamo di fronte quando facciamo affidamento sull'aiuto di qualcuno senza alcun obbligo di gratitudine in cambio, è il simbolo della fiducia più profonda. Abbandonarsi all'amae rappresenta un ritorno ai piaceri e all'accudimento incondizionato dell'infanzia. E fa tanto tanto bene.
A volte da adulti non c'è lo permettiamo, come se dovessimo essere sempre performanti, autosufficienti, perfettamente in grado di cavarsela da soli. Ed invece abbiamo un gran bisogno dell'altro, specie in questo periodo che ci fa sentire più vulnerabili, fragili, insicuri.
Bene, se hai recuperato un ricordo di questo tipo, rimani ancora per qualche secondo in contatto con quello che provi, e chiediti tra le braccia di chi, adesso puoi ritrovare il tuo Amae.

La vera libertà è l'assenza di giudizio!
16/02/2021

La vera libertà è l'assenza di giudizio!

Poche pagine e illustrazioni bellissime. C'è un piccolo bambino con la sua tutina gialla e il berretto in testa che esor...
11/02/2021

Poche pagine e illustrazioni bellissime.

C'è un piccolo bambino con la sua tutina gialla e il berretto in testa che esortato nella sua capacità di perseguire i suoi sogni intraprende un lungo viaggio, un'avventura strabiliante che lo porterà lontano molto lontano.
- 𝘏𝘢𝘪 𝘤𝘦𝘳𝘷𝘦𝘭𝘭𝘰 𝘯𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘵𝘦𝘴𝘵𝘢- gli ricordano - 𝘩𝘢𝘪 𝘱𝘪𝘦𝘥𝘪 𝘯𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘴𝘤𝘢𝘳𝘱𝘦 𝘱𝘰𝘵𝘳𝘢𝘪 𝘢𝘯𝘥𝘢𝘳𝘦 𝘥𝘢 𝘲𝘶𝘢𝘭𝘶𝘯𝘲𝘶𝘦 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦 -

La prima volta che ho letto il libro: "𝘰𝘩, 𝘲𝘶𝘢𝘯𝘵𝘦 𝘤𝘰𝘴𝘦 𝘷𝘦𝘥𝘳𝘢𝘪" di Dr. Seuss è stato un duro colpo. Lo avevo comprato per Amelia e forse lei allora era troppo piccola per apprezzarlo come fa adesso, ed io troppo impreparata a leggerle quelle parole a voce alta senza commuovermi.
Un piccino tutto solo a sfidare 𝘥𝘳𝘢𝘨𝘩𝘪, 𝘤𝘢𝘥𝘶𝘵𝘦, 𝘪𝘮𝘱𝘪𝘨𝘭𝘪, 𝘴𝘶 𝘷𝘪𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘴𝘦𝘨𝘯𝘢𝘵𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘧𝘪𝘯𝘦𝘴𝘵𝘳𝘦 𝘣𝘶𝘪𝘦 𝘱𝘰𝘤𝘰 𝘪𝘭𝘭𝘶𝘮𝘪𝘯𝘢𝘵𝘦.

Terribile. Perché terribilmente vero.

Credo che lei si accorse della mia emozione; mi chiese come mai la mamma del bambino non era con lui e perché se ne andava via così lontano da casa. Le risposi che un giorno lo avrebbe fatto anche lei, che un giorno anche lei sarebbe partita per il suo viaggio a caccia dei suoi sogni e dei suoi desideri. Mi abbracciò dicendomi che mai mi avrebbe lasciata da sola e che mi avrebbe portata sempre con sé.
Quella sera fu lei a rassicurarmi e non viceversa, mi presi quella dolcissima bugia senza aggiungere altro.

In seguito riflettei molto sulle sue parole.

Non mi disse che non sarebbe partita. Mi disse che mi avrebbe portata con sé.
Ed è forse il più grande augurio che possa un genitore ricevere: che il proprio figlio una volta grande sia in grado di partire portandosi dentro colui che dimostrerà il coraggio di sostenerlo, ricordandogli che "𝘏𝘢𝘪 𝘤𝘦𝘳𝘷𝘦𝘭𝘭𝘰 𝘯𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘵𝘦𝘴𝘵𝘢. 𝘏𝘢𝘪 𝘱𝘪𝘦𝘥𝘪 𝘯𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘴𝘤𝘢𝘳𝘱𝘦. 𝘗𝘶𝘰𝘪 𝘢𝘯𝘥𝘢𝘳𝘦 𝘥𝘰𝘷𝘦 𝘷𝘶𝘰𝘪, 𝘥𝘢 𝘲𝘶𝘢𝘭𝘶𝘯𝘲𝘶𝘦 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦. 𝘚𝘦𝘪 𝘴𝘰𝘭𝘰. 𝘚𝘢𝘪 𝘲𝘶𝘦𝘭𝘭𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘢𝘪. 𝘚𝘦𝘪 𝘛𝘜 𝘤𝘩𝘦 𝘥𝘦𝘤𝘪𝘥𝘪 𝘥𝘰𝘷𝘦 𝘢𝘯𝘥𝘳𝘢𝘪"

Nuovamente, mi ero ritrovata a tu per tu con un altro 𝘥𝘳𝘢𝘨𝘰 e alla mia maniera, anche questa volta lo avevo sconfitto, accorgendomi che forse quella che mi era sembrata una bugia poteva diventare la mia guida, la mia via da seguire.

Per chiunque a qualunque età desideri essere investito di speranza, di coraggio, di forza e determinazione, questo è il libro perfetto!

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