02/08/2025
Quando il nemico è in casa: la dinamica tossica dell’alleanza mortale tra madre e compagna
L’omicidio di Alessandro Venier, fatto a pezzi con un’ascia e occultato in sacchi neri nel garage di casa, non è solo un fatto di sangue che ha scosso Gemona del Friuli.
È lo specchio deformato e agghiacciante di una dinamica relazionale profondamente tossica, in cui le logiche di potere, controllo e percezione distorta dell’altro assumono contorni criminali.
In questa vicenda, la convergenza di due figure femminili — la madre Lorena Venier e la compagna Marylin Castro Monsalvo — apre lo scenario inquietante di un’alleanza disfunzionale, spesso sottovalutata nella narrativa criminologica, ma ben documentata in letteratura: l’alleanza tra due donne emotivamente fragili, isolate o rese vulnerabili, che finiscono per alimentarsi a vicenda nella costruzione di un “nemico interno” da eliminare.
La madre: presenza forte, ingombrante, forse mai realmente “separata” dal figlio, ancora centrale nelle dinamiche familiari. Una figura che può sviluppare un controllo affettivo asfissiante e un forte risentimento verso qualsiasi donna che ne metta in discussione il ruolo o verso il figlio stesso se percepito come disallineato ai suoi bisogni.
La compagna: più giovane, straniera, da poco madre, probabilmente in stato depressivo (si ipotizza una forma di depressione post partum), forse priva di supporti esterni. In una condizione di sudditanza psicologica e affettiva, che la rende estremamente permeabile all’influenza della suocera.
Lui: l’uomo al centro, non più partner o figlio, ma “elemento disturbante”, fonte di frustrazione, giudizio, minaccia o violenza (questo aspetto è ancora al vaglio).
Il suo comportamento, secondo quanto trapelato, sarebbe stato autoritario, svalutante, potenzialmente aggressivo — non è un dettaglio irrilevante, ma non giustifica l’esito estremo.
In molti casi di omicidio familiare a sfondo relazionale, la vittima viene lentamente disumanizzata all’interno della bolla relazionale tossica.
Non è più un padre, un compagno, un figlio. Diventa un “oggetto persecutorio”, un tiranno domestico, un ostacolo alla quiete.
E l’omicidio può assumere, nella mente di chi lo compie, una funzione “liberatoria” o “riparatrice”.
L’aspetto disturbante del caso Venier è proprio questa apparente freddezza dell’esecuzione e del post-delitto:
• Chiamano il 112 dopo aver tentato di disfarsi del ca****re.
• Non appaiono in uno stato di shock ma “funzionali” alla gestione della scena.
• Nessuna reale confessione emotiva, ma solo gesti “necessari” a far sparire l’uomo.
Qui non parliamo (almeno per ora) di follia psicotica o delirio. Parliamo di qualcosa di più disturbante e socialmente invisibile: una deriva manipolativa, narcisistica e simbiotica, dove due soggettività si fondono per produrre una realtà parallela, in cui l’altro diventa ingombrante, persecutorio, eliminabile.
Questa non è solo una storia di violenza. È una storia di percezione distorta, di alleanze manipolative, di trasformazione del legame familiare in campo di battaglia.
In psicologia clinica forense, queste dinamiche possono essere descritte attraverso:
• Sindrome di simbiosi narcisistica madre-figlia/nuora.
• Dinamiche di co-dipendenza affettiva e collusione omicidaria.
• Distorsione cognitiva condivisa (folie à deux relazionale).
• Possibili tratti antisociali o borderline nella gestione del conflitto.
La frase “non apparecchiava la tavola” — riportata come uno dei “motivi” dell’escalation — ci ricorda brutalmente che il crimine non sempre nasce da grandi traumi. A volte è solo l’esito finale di una quotidianità malata, dove la frustrazione e l’odio sedimentati nel tempo trovano sfogo nella violenza assoluta.
Questo caso impone una riflessione profonda su quanto può diventare pericolosa una dinamica familiare in cui si perde il confine tra amore e possesso, tra protezione e controllo, tra delusione e punizione.
Non sempre il pericolo ha il volto di uno sconosciuto. A volte, vive in cucina, siede al tuo tavolo, e ti toglie la vita quando smetti di essere funzionale alla narrazione di qualcun altro.