16/01/2022
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LE FERITE PROFONDE DEI FIGLI INVISIBILI
La chiamano pandemia secondaria. Per superarla, non basta la conta dei contagiati e dei vaccini. E nemmeno la lettura delle conseguenze del periodo eccezionale che stiamo vivendo è sufficiente per spiegare l'aumento della sofferenza psichica negli adolescenti. Ansie, paure, limitazioni, riaperture e nuove chiusure, incertezza sul futuro: un cocktail che aggrava fragilità già presenti e ne fa emergere di nuove. «Fragilità che, magari, in altri periodi avrebbero retto» afferma il neuropsichiatra Stefano Vicari del Bambin Gesti di Roma. Riprendendo il grido d'allarme della Società italiana di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, di cui è presidente Elisa Fazzi, primaria a Brescia: «Senza salute mentale non si va da nessuna parte; al Paese serve un Piano per l'infanzia e l'adolescenza mirato al benessere fisico e psicologico». Ci sono le situazioni estreme, quella «punta dell'iceberg» di chi arriva in ospedale per episodi di autolesionismo odi psicosi grave. Oppure di chi, come estremo grido di aiuto, fa male agli altri oppure a se stesso. Lo sottolinea la neuropsichiatra Fazzi: «Sono ragazzi che non si vedono e non sono visti dagli altri». Questo accade soprattutto dentro le mura domestiche. Fuori incontriamo adolescenti che, pur di apparire e mantenere legami speciali, sono disposti a trasgredire sovraesponendosi per paura dì restare soli e fuori dal gruppo. In entrambi i casi, sono urla, richieste di aiuto, disperata necessità di non essere invisibili. Il disagio dell'età di passaggio da anni si è trasformato in sofferenza profonda che la pandemia ha reso insostenibile per un numero crescente di ragazzi. ll presidente del Consiglio Mario Draghi, pochi giorni fa, ha detto: «Teniamo aperte le scuole perché la didattica a distanza genera disuguaglianze». Chi studia fil fenomeno e sa leggere i dati del disagio e della sofferenza, evidenzia come ansia, perdita di. sonno, scatti violenti e cyberbullismo siano spie di un aggravamento generale delle condizioni dell'adolescenza. Con un acuirsi nelle fasce sociali più deboli in cui condizioni abitative, accesso ai servizi, spazi e risorse economiche e culturali sono limitati. La disuguaglianza in sé non è una malattia, ma la pandemia secondaria rischia di farla diventare tale perché la aggrava e mette ancora più a n**o le fragilità. Si sono amplificate le solitudini dei nostri ragazzi evidenziando quanto sia ancora tabù parlare di disturbi mentali. Pregiudizi che fanno ritenere che essi altro non siano se non una debolezza dì chi li presenta e che guarite dipenda dalla sua volontà. Servono ascolto, sostegno, rassicurazione. E capacità di chiedere aiuto: la salute mentale non è un mondo a parte rispetto alla salute del corpo.
Articolo pubblicato sul Giornale di Brescia