08/06/2021
SANDRO PAPALE
Psicologo Psicoterapeuta, Psicoterapeuta Individuale, Psicoterapeuta di gruppi Gestaltici,
Gruppoanalista, Psicodrammatista, Studioso di Processi Psicosomatici, Psicodiagnosta.
Socio AMP (Associazione Mediterranea di Psicodramma), Segretario della Sezione
Umbra, federata FEPTO
Già Consulente presso il CNR settore Psicologia Sociale
Esperto Di.Te. – Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullismo
Presidente CATG, consociata IAGP (International Association Group Psycotherapy),
EGATIN,
Docente e Didatta del CATG, Docente Responsabile dei Seminari Gruppoanalitici e di
Supervisione
Già Docente Coirag negli insegnamenti “Supervisione I e II” e “Psicologia Generale”
Docente nella “Scuola di Psicoterapia Analitica di Gruppo” nell’insegnamento
“Costruzione del sé del terapeuta”
Ho pubblicato articoli in riviste scientifiche
L’integrazione delle metodologie, tema portante della mia vita professionale, dipende da
troppe cose umane come l’umiltà, la competizione, le simpatie o antipatie, i litigi, i
preconcetti e le prevenzioni dell’uno verso l’altro, dall’intelligenza, per poter essere una
cosa facile. Questa difficoltà ha segnato la mia vita professionale e sotto certi aspetti mi ha
portato anche ad un certo isolamento. Inizialmente mia “madre reale” è una Gestaltista e
mio “padre formativo” è un gruppo analista, ed Io che sono? Se lavoro con la Gestalt una
collega mi disse, “altro che gruppo analista tu sei un gestaltista” e dall’altro versante il
padre formativo mi dice “sei troppo eclettico per la gruppo analisi, la doppia formazione
crea dei problemi e difficoltà”. Il bisogno di sicurezza, il bisogno di appartenenza, il
bisogno di non essere a compartimenti stagni sono stati frustrati per il tentativo e bisogno
di integrare due differenti metodologie, e questo è stata la mia creatività ma anche la mia
dannazione.
La sensazione la prima volta che sono andato allo psicodramma a più voci ad Iseo era di
essere un pesce fuori dall’acqua, di non avere una persona conosciuta e amica, di non
appartenere ad una scuola o associazione che mi potesse identificare, di “appartenere
a...”. Sensazione che grazie all’incontro con l’altro, e forse anche alla mia estroversione,
mi ha portato alla fine dell’esperienza a sentirmi accolto ed ad essere identificato come il
“poeta”. Sicuramente questo vissuto è legato alla difficoltà di integrare le differenti
esperienze, formazioni e metodologie cliniche che ha segnato la mia vita professionale.
Per questo che quando sento i colleghi più giovani della Coirag, altra struttura dalla doppia
anima gruppo analista e psicodrammatista, che tentano di integrare la doppia esperienza li
guardo con occhi benevoli dell’arduo lavoro che li aspetta e che a volte liquidano
banalmente, forse come facevo io stesso alla loro età. Rifletto e ringrazio sempre, quando
entro in contatto con loro, J. Ondarza Linares che fino allo sfinimento mi ha obbligato
all’applicazione dei costrutti gruppo analitici, limitando il mio bisogno di espandermi a volte
onnipotentemente, cercando una integrazione tra l’azione gestaltica e la parola analitica. È
questa la strada che vedo nelle formazioni doppie, come il libro “il gioco delle perle di
vetro” di E. Hesse; una rigida e integrale applicazione del metodo, dopo posso
abbandonare tutto e vivere liberamente la mia professione senza sentirmi sballottato e
insicuro ma secondo un “disperdere e far morire il proprio Io per rinascere”.