Diario del Papà

Diario del Papà Sono il papà di Christian e Leonardo.

13/10/2024

Agnese 33 anni

- Penso che la grande malattia che hanno le persone sia l'egoismo.
- È un'affermazione forte. Le andrebbe di spiegarmi com'è giunta a questa considerazione?
- Ogni volta che sono entusiasta accade sempre qualcosa che mi fa capire che io do fastidio.
- Dà fastidio? A chi darebbe fastidio?
- Ai miei genitori, a mia sorella, ai vicini di casa.
- Che cosa glielo fa credere?
- Fanno di tutto per spegnere il mio entusiasmo.
- In che modo?
- Iniziano a parlare dei loro problemi. Appena vedono che sono felice per qualcosa, soddisfatta per quello che sto facendo, o semplicemente di buon umore, iniziano a vomitarmi addosso i loro problemi.
- Sono problemi che la riguardano o la vedono coinvolta in qualche misura?
- No! È questo che mi affligge! Mi sembra come se vogliano colpirmi, con i loro problemi, per abbattere il mio momento di buon umore!
- E ci riescono?
- Purtroppo sì. Ci riescono sempre. Ogni volta ne esco incupita, triste, svuotata di stimoli e appesantita.
- Prima ha menzionato i suoi genitori...
- Soprattutto loro!
- Potrebbe farmi qualche esempio?
- Guardi, ne avrei un'infinità... Il giorno del mio compleanno mi chiama mio padre per farmi gli auguri e poi mi tiene mezz'ora a parlare di una sua zia, che nemmeno conosco, che cadendo si è rotta il femore... Il giorno della mia laurea, sempre mio padre, aveva trovato l'auto ammaccata e tutto il tempo a telefonare al carrozziere e tutta l'attenzione sul quel fatto... Ieri mia madre mi chiama per sapere come sto, provo a raccontarle della cosa bella che mi è accaduta al lavoro, ma lei deve parlarmi della figlia della sua amica che mentre era in viaggio non so dove ha perso le valigie... Vanno bene come esempi? Devo continuare?
- È stata chiarissima. Mi dica, Lei ogni volta resta ad ascoltare tutti questi racconti?
- Per forza!
- Non riesce a orientare la conversazione verso argomenti di suo interesse?
- Con loro è impossibile, mi creda.
- Le credo, le credo [sorrido]. Vorrei farle una domanda difficile, che richiede uno sforzo di memoria importante, se la sente?
- Sì, proviamo.
- Le è mai capitato, da piccola, di essere costretta dai suoi genitori a fare qualcosa che non voleva fare? Ovviamente non mi riferisco all'andare a scuola o mangiare le verdure. Qualcosa che proprio non le piaceva fare, ma loro la obbligavano.
- Ho questo ricordo di quando ero bambina. Mia madre ci portava a vedere la partita di pallone. E noi dovevamo stare tutto il tempo lì sedute a guardare mio padre giocare. Ma all'epoca ero piccola e scambiavo i traumi per esperienze. [Pausa]
- Continui. Mi spieghi meglio.
- Quando mio padre giocava a calcetto mi sembrava felice. Io lo guardavo e pensavo che dovevo essere felice per lui. A me il calcio non è mai piaciuto, io mi annoiavo, non volevo stare lì; avrei voluto essere altrove, a giocare con i miei giochi, con gli altri bambini. Invece mia madre mi costringeva a stare lì. Ero costretta a stare lì, e allora mi dicevo che dovevo sacrificarmi e mi sforzavo di trovare una mia felicità. Così mi sono imposta di essere felice per mio padre, anche se non lo ero, mi convincevo di esserlo. Non so se sono riuscita a spiegarmi.
- Perché lo faceva?
- Perché credevo che fosse la cosa giusta da fare, quello che avrebbe dovuto fare una brava figlia.
- "Brava" per chi?
- Per loro, ovviamente. Ma è sempre stato così. Io e mia sorella dovevamo essere brave. Io più di lei perché ero la maggiore. Mi ricordo che a ogni discussione mi tiravano in mezzo. Ogni cosa che accadeva, ogni problema, alla fine, gira e rigira, era sempre colpa mia. Trovavano sempre il modo di addossarmi qualche responsabilità.
- Ricorda se aveva provato, in quella circostanza, a comunicare ai suoi genitori che non gradiva stare lì?
- Sì, all'inizio, le prime volte, a mia madre. Ma lei mi diceva che dovevamo stare lì per mio padre, altrimenti lui si sarebbe arrabbiato.
- Capisco. Cosa accadeva quando suo padre si arrabbiava?
- Litigava con mia madre, e poi tutti e due se la prendevano con noi. Io ero piccola e ricordo che ero davvero convinta che litigassero per colpa mia. Mi sentivo cattiva, come se dentro di me ci fosse qualcosa di sbagliato.
- Oggi si sente ancora così?
- Onestamente? Sì, spesso. Alla fine, se andiamo a vedere: per i miei genitori non ne ho indovinata mai una; tutti i fidanzati che ho avuto mi hanno lasciata; le poche amiche che avevo si sono sposate; persino mia sorella ha trovato uno scemo che la sopporta! A questo punto è evidente che il problema sono io! Deve esserci qualcosa di sbagliato in me.
- Vorrei tornare un attimo alla frase con cui ha esordito: "Penso che la grande malattia che hanno le persone sia l'egoismo". Se la ricorda?
- Sì, è quello che ho detto.
- Credo che il motivo che oggi la porta a ritenere le persone "egoiste" sia strettamente collegato all'eposodio dell'infanzia che mi ha raccontato, quando assisteva alle partite di suo padre. In quella circostanza Lei era obbligata, e alla fine si è convinta che fosse la cosa "giusta" da fare.
Non si tratta di comprendere se le richieste dei suoi genitori fossero "egoiste", ma di riconoscere l'effetto che hanno avuto su di Lei, sulla sua crescita e il suo sviluppo.
In quel contesto ha provato a fare una cotrorichiesta a sua madre, ma alla fine si è dovuta arrendere.
Ci può stare, a quel tempo era solo una bambina che doveva sottostare alla volontà degli adulti, ma adesso è diventata adulta anche Lei. Adesso è il suo tempo. Adesso può utilizzare i suoi mezzi e il suo potere.
- Il mio potere?
- Sì, il potere di scegliere, di decidere. Finora ha subìto le scelte degli altri, banalmente, anche la scelta degli argomenti su cui conversare. E non perché "le persone sono egoiste", ma perché alcuni aspetti del rapporto con le sue figure affettive di riferimento, a partire dai suoi genitori, hanno ingenerato in Lei una grande paura. La stessa paura che ha compromesso nel tempo le relazioni con amici e fidanzati.
- Di cosa avrei paura?
- Credo che a questo punto Lei abbia tutti gli elementi per formulare una sua prima risposta. La invito a rifletterci durante questa settimana. Ripartiremo da qui nel prossimo colloquio.

[L'estratto riportato ha lo scopo di illustrare come può avve**re lo svolgimento di un colloquio psicologico; non ha valenza diagnostica né terapeutica.
Ogni persona ha una sua storia e una sua personalità, pertanto l'intervento psicologico deve essere esclusivo e personalizzato.
Malgrado si tratti della trascrizione di un colloquio reale, i nomi, i luoghi e altri dettagli sono stati modificati a tutela della privacy dei protagonisti.]

01/07/2024

DIARIO DEL PAPÀ
Data Terrestre: 01.07.2024

Lungo il corridoio che conduce all'uscita Leonardo cammina saltellando.
Le ginocchia non gli fanno più male, il disinfettante e i cerotti hanno funzionato.

Per lui stamattina è iniziata una settimana particolare: la scuola è chiusa, Christian sarà in ospedale fino a sabato accompagnato dalla mamma, ed io dovrò occuparmi di tutto il resto con i miei limiti fisici e genitoriali.

Da quando si è svegliato, è stato bravissimo. Abbiamo fatto colazione insieme e mi ha seguito in ogni mia attività della mattina, sacrificando le sue.
Poco prima di salire in auto, correndo nel parcheggio, è caduto sull'asfalto e si è sbucciato le ginocchia.
Non ha pianto ma il suo umore ne ha risentito.
Giunti a destinazione è stato meno socievole e più introverso del solito. È stato comunque buono, restandomi accanto per tutto il tempo della lezione. Quando ha capito che saremmo tornati presto a casa, ha iniziato a sciogliersi.
Poi una persona speciale ha fatto il resto.

- Papà, è molto bella la tua palestra.
- Davvero ti piace?
- Sì, mi piace la tua maestra.
- Michela? hai visto che brava?
- Sì, perché mi ha dato la palla rosa, che è il mio colore preferito.
- Sono contento.
- Poi quando torniamo me la dà di nuovo?
- Se oggi fai il bravo e mangi tutto il riso...
- Eh sì, ce la facciamo dare di nuovo, ok?
- Sì, Leo, ma devi mangiare tutto il pranzo.
- Sì, papà, io faccio il bravo e mangio tutto.
- Bene, papà è contento quando...
- Però stavolta ce la portiamo a casa, ok?
- Eh, poi ved...
- La prossima volta ce la portiamo a casa.

30/06/2024

DIARIO DEL PAPÀ
Data Terrestre: 30.06.2024

Stamattina sono andato a svegliare Christian con dei baci.
Per la prima volta, dopo 4 anni, anziché sorridermi ancora in dormiveglia, si è portato le mani al viso.
- Ahia, papà! mi fai male con la barba!
Di solito è Leonardo a usarla come pretesto per sottrarsi ai miei baci.
Due su due non ce la posso fare, ho pensato.
Allora nel pomeriggio mi sono armato di schiuma e rasoio, e con molta pazienza e tra atroci sofferenze (avevo dimenticato quanto fosse doloroso), l'ho tagliata via tutta.
Stasera, mentre li mettevo a letto, ho baciato Christian. Era molto contento e divertito.
Poi ho baciato Leonardo. Anche lui sembrava contento, finché ha iniziato a scrutarmi.
- Papaaà?
- Dimmi, Cuoricino.
- Che cos'è quella cosa lì? - indicando il mio avambraccio.
- Che cosa, Leo?
- Quella cosa lì! Lì, guarda, lì!
- È il braccio di papà.
- Noo, non mi hai capito! Quella cosa che hai SUL braccio!
- Sono dei nei; papà ne ha tanti...
- Vabe', non fa niente.
- Va bene, adesso mettiti giù e dormi, che domani saremo soli io e te per tutto il giorno, ricordi?
- Sì.
- Buonanotte, Amore mio!
- Buonanotte, papinello!
Mi alzo e mi avvio verso la porta della cameretta. Mi ritengo molto soddisfatto e penso che il sacrificio sia valso ampiamente il risultato. Alla fine ho conquistato anche Leon...
- Papaaà?
- Dimmi, Tesoro.
- Ti devi tagliare anche la barba delle braccia.

Quella frase, buttata lì, di spalle, nel buio della stanza, è una lama che squarcia il velo delle mie illusioni. Sento la mia autostima disperdersi sotto i piedi. Sono sconfitto e inerme.
- Va bene, Leonardo, vedrò cosa posso fare - è tutto quello che riesco a dire.
Le gambe sono pesanti, il passo incerto, ma tra poco sarò fuori di lì e potrò andare a dormire; domani sarà un altro giorno, nessuno si ricorderà di questa richiesta, ricominceremo insieme, abbiamo tante cose da fare, la vita mi sorrid...
- E anche la barba delle ginocchia, ti devi tagliare.

24/06/2024

- Salve, parlo con il dottor Cicchetti?
- Salve, sono io, mi dica.
- Senta, Lei è uno psicologo, giusto?
- Sì, è corretto.
- Ha uno studio in via Cesati, giusto?
- Sì.
- Ecco, volevo sapere, in questo studio Lei riceve delle persone?
- In genere è quello che si fa in uno studio di psicologia. Vorrebbe prendere un appuntamento?
- E quante volte a settimana riceve i suoi pazienti?
- Dipende dal tipo di esigenze, dal lavoro che si decide di fare, dalle risorse del cliente, da eventuali impedimenti. Dipende da molti fattori.
- Esistono persone che vengono nel suo studio una volta a settimana?
- Sì, esistono.
- Vengono sempre lo stesso giorno e alla stessa ora?
- Laddove possibile, sì, è preferibile.
- E, mi dica, quanto dura un colloquio?
- Di norma, 50 minuti.
- Ah, 50 minuti. Ma è sicuro?
- Abbastanza sicuro, sì.
- Ma può capitare che una persona faccia colloqui più lunghi?
- Se concordato precedentemente, sì. Ma credo che il punto non sia questo, giusto?
- Che intende dire, scusi?
- Signora, credo che Lei debba parlare con suo marito.
- Ma... Ma Lei come... Scusi, ma se non sa nemmeno chi sono io...
- Appunto.
- Appunto, cosa?
- Proprio perché non ho idea di chi Lei sia, so per certo che non conosco suo marito.
- Allora perché mi ha detto che dovrei parlare con lui?
- Perché ho motivo di credere che suo marito le abbia mentito, per questo dovrebbe parlare con lui.
- Ma come fa a dirlo, se non conosce nessuno dei due?!
- Ascolti, signora, Lei non mi ha chiamato per prendere un appuntamento, e questo è parso evidente dalle prime domande che mi ha posto. Lei voleva solo avere un riscontro su delle informazioni fornitele da un'altra persona, per verificarne la correttezza, dunque per capire se questa persona le avesse mentito.
E io le ho facilitato il compito: questa persona le sta mentendo.
Sul fatto che possa trattarsi di suo marito sono andato per statistica. Faccio questo lavoro ormai da molti anni, e purtroppo non è la prima telefonata di questo tipo che ricevo, sa?
Sono sempre più frequenti i mariti che promettono alla moglie di andare dallo psicologo, ma poi non lo fanno, e arrivano a mentire per paura di essere lasciati. La maggior parte di loro hanno problemi di ludopatia, alcol, droghe, cattiva gestione del denaro e/o condotta violenta, ma ultimamente sto assistendo ad un notevole abbassamento della soglia, dove si arriva a mentire anche per molto meno. Magari la moglie ha scoperto un tradimento, una chat con un'altra donna o è semplicemente stanca di alcuni atteggiamenti reiterati nel tempo. Allora il marito promette di cambiare, questa volta sul serio, mettendosi in discussione e contattando uno psicologo. Ecco, se suo marito avesse davvero intrapreso un percorso con uno psicologo, Lei non mi avrebbe mai fatto questa telefonata.
- Io non so cosa dire...
- Le dirò di più. È una tendenza che negli ultimi anni viene adottata come strategia anche da parte dell'uomo che è stato già lasciato. In questo caso si può spingere oltre: non solo comunica all'ex compagna di aver intrapreso un percorso psicologico quando non è vero, ma arriva a dirle frasi del tipo "Lo psicologo mi ha detto che sono migliorato, e che tu dovresti darmi un'altra possibilità". Ma questo è un altro discorso, per ora non la riguarda.
Nel suo caso, signora, oltre ad averle mentito, temo che suo marito stia approfittando di questa bugia per esercitare liberamente i comportamenti che Lei gli contesta, ossia usa "l'appuntamento con lo psicologo" per sottrarsi al suo controllo e andare a farsi i fatti propri in beata tranquillità.
- Quindi, io cosa dovrei fare?
- Beh, dal momento in cui mi ha contattato, ne stiamo parlando, e la questione le genera sofferenza, io proporrei A LEI di intraprendere un percorso con uno psicologo, non necessariamente con me.
- Oh, mi piacerebbe tanto, mi creda, e in ogni caso sceglierei Lei, perché già da questa telefonata ho capito che è molto bravo!
- Ma?
- Ma in questo momento voglio prima risolvere questa questione. Devo assolutamente capire come aiutare mio marito, dopo penserò a me stessa.
- Sì, lo immaginavo. Non voglio distoglierla dalla sua missione, tuttavia, già che mi ha chiamato, voglio offrirle un ultimo spunto di riflessione su cui lavorare: secondo Lei perché suo marito è arrivato a mentirle su una questione così importante e delicata? Perché ha preferito mentirle anziché affrontarla? Ci rifletta; io, nel mio piccolo, stasera qualche indizio ritengo di averglielo già fornito.
- Sì, dottore, rifletterò senz'altro su tutti gli spunti che mi ha dato.
- Buon per Lei, allora direi che possiamo salutarci.
-Dottore, scusi, posso farle un'ultima domanda?
- Prego.
- Ma se io riuscissi a convincere mio marito a ve**re davvero presso il suo studio, Lei potrebbe aiutarlo?
- Signora, credo che Lei debba riflettere su quello che ci siamo detti.
- Sì, ho capito...
- Bene, allora le auguro una b...
- Dottore, dottore, un'ultimissima domanda!
- Dica.
- Ma se riuscissi a convincerlo e lui dovesse contattarla, Lei me lo direbbe?
- Certo che no!

22/04/2024
28/02/2024

PICCOLI CAMBIAMENTI

Anni fa ho aperto questa pagina con il desiderio di condividere contenuti di psicologia e promuovere la mia attività di psicologo clinico.
Sono stato fortunato e i risultati sono andati oltre le aspettative.

In molti mi hanno letto. Alcuni mi hanno scritto per chiedere approfondimenti; altri hanno intrapreso un percorso psicologico; altri ancora sono diventati miei amici.

I miei primi clienti mi hanno raggiunto proprio attraverso questo canale.
Ora lavoro per lo più con il passaparola: sono le persone che seguo e ho seguito a consigliare il mio nome ai loro conoscenti e amici.

Da tempo ricevo più richieste di quelle che posso effettivamente soddisfare.
Ci sono persone che attendono un appuntamento da mesi, nonostante i miei ripetuti inviti a contattare altri psicologi (io stesso fornisco i contatti di colleghi che stimo).
Spesso mi sono trovato a fare colloqui anche alle 6.00 del mattino o alle 22.00, mosso dal desiderio di non lasciare mai nessuno fuori.
Oggi non è più possibile.
In parte perché l'agenda è piena; in parte perché le mie condizioni di salute sono peggiorate e devo riorganizzare la gestione delle energie.

La professione di psicologo mi regala ancora tante soddisfazioni, permettendomi di entrare in contatto con persone stupende, che decidono di mettersi in gioco, credendo in me, affidandomi i loro segreti e le loro paure.
Continuerò a portarla avanti al massimo delle mie possibilità.

Al contempo trasformerò questa pagina in qualcosa di diverso: uno spazio più intimo e personale, meno legato al mio lavoro.
Non escludo la possibilità di trattare ancora temi di psicologia (gli studi di psicologia sono parte essenziale della mia identità) ma lo farei in modo informale e colloquiale, come se stessi parlando con degli amici.
La speranza è che chi leggerà o ascolterà le mie parole possa coglierne il messaggio e trarne piacere, conforto, ispirazione.
Grazie.

- Perché ha picchiato sua moglie?- Dottore, ma io non l'ho picchiata, le ho dato solo uno schiaffo.- Uno schiaffo è un a...
29/03/2022

- Perché ha picchiato sua moglie?
- Dottore, ma io non l'ho picchiata, le ho dato solo uno schiaffo.
- Uno schiaffo è un atto violento, lo sa?
- Ma no, ma quale violento, era una pizza educativa, mica si danno solo ai bambini, ogni tanto vanno date anche agli adulti!
- Dà schiaffi anche a suo figlio?
- Certo! Quando se li merita. Oggi pare che i bambini non si possano più toccare, e infatti sono tutti ricoglioniti! Io ringrazio ancora mia madre per tutte le pizze che mi ha dato quando ero piccolo. Guardi come sono cresciuto bene!
- Anche sua moglie andava educata? Perché le ha dato uno schiaffo?
- Perché continuava a offendermi, allora ho perso la pazienza e non ci ho visto più, è stato un gesto istintivo. Mica siamo tutti santi. Lo diceva anche Gesù, chi è senza peccato... E poi chi siamo noi per giudicare? È facile giudicare seduti su una poltrona come fa Lei.
- Si sente giudicato? Stiamo cercando di capire insieme cosa è successo.
- Glielo dico io cosa è successo: mi sono solo difeso.
- Si è sentito in pericolo mentre sua moglie la offendeva? Ha temuto per la propria incolumità?
- Certo che no, che assurdità!
- Allora perché dice di essersi difeso? Difeso da cosa? Perché è ricorso alla violenza fisica?
- Perché è lei che mi ha obbligato a farlo! Se stava zitta non succedeva niente.
- Quindi la colpa è di sua moglie, che non è rimasta in silenzio?
- Dottore, io a Lei l'ho inquadrata, sa? Lei è un altro di quelli a cui piace parlare sempre di violenza, allora lo sa che le dico? Esistono anche la violenza verbale e la violenza psicologica! Come la mettiamo adesso?
Le parole fanno più male degli schiaffi!
Dopo gli schiaffi il dolore passa, dopo le parole il dolore resta.
- Interessante questa teoria, dove l'ha sentita?
- L'ho imparato dalla vita.
- Quindi Lei si definirebbe vittima di violenza?
- Io non mi definisco niente! Ho solo dato uno schiaffo a mia moglie perché se lo è meritato. Punto.

- Quindi dopo lo schiaffo sua moglie è stata bene?
- Che vuol dire?
- Non ha capito la domanda?
- La domanda l'ho capita, non ho capito che c'entra.
- Dice che sua moglie se lo è meritato, che le ha dato uno schiaffo per il suo bene. Le chiedo allora cosa sia accaduto dopo. Sua moglie l'ha ringraziata? È tornata in sé? Le è sembrata felice?
- Macché... se ne è andata piangendo in camera e si è chiusa dentro. Io ho provato a bussare un paio di volte ma ha detto che non voleva più parlarmi. Allora l'ho lasciata stare, perché fa sempre così e poi le passa.
- E Lei come si è sentito in quel momento?
- Onestamente, mi ha fatto un po' pena, ma che ci potevo fare? Sono andato in sala e ho guardato la TV.
- Non si è pentito?
- No. So di aver fatto la cosa giusta.
- Cosa ci vede di giusto in questo?
- Le ho fatto arrivare un messaggio chiaro. Le ho fatto capire i suoi errori. Le ho fatto capire come mi sono sentito ferito. La prossima volta ci penserà due volte prima di insultarmi.
- Pensa di essersi guadagnato il suo rispetto?
- Questo lo dirà solo il tempo. Se starà con la lingua a posto vorrà dire che ha funzionato, altrimenti la prossima volta gliene faccio arrivare due! Ah ah ah!
- È questa la sua idea di coppia?
- In che senso?
- Secondo Lei questo è amore?
- Dottore, forse non ci siamo capiti: io amo mia moglie più di ogni altra cosa, altrimenti oggi non sarei qua.
Mia moglie è la cosa più preziosa che ho e guai a chi me la tocca!
- Guai a chi gliela tocca?
- Esattamente.
- Le è mai capitato di doverla difendere da qualcuno che la stava aggredendo?
- Uh, evoja! Uno sguardo fuori posto, un sorrisetto, una battuta infelice... Sa quanti ne ho dovuti rimette' a posto de 'sti galletti!
- Rimettere a posto?
- Sì, sì, li ho dovuti imbruttire. In giro è pieno di gentaccia, una volta a uno gli ho dovuto dare una cinquina.
- Sua moglie era presente?
- Sì, certo.
- E come ha reagito?
- Mi tirava per un braccio, urlava di smettere e di andare via... mi diceva ti prego, smettila andiamo a casa, e tutte queste cose qua.
- E dopo che è successo?
- Si è arrabbiata. Non mi ha parlato per giorni. Valla a capire...
- Le sembra strano?
- Che c'è? Adesso, non va bene nemmeno quando la difendo? Io l'ho fatto per lei!
- Ne è sicuro?
- E per chi allora?
- Per sé stesso.
- Per me stesso?
- Sì, per il suo ego, ad essere precisi.
- Come fa a dirlo?
- Lei decide cosa è giusto per sé stesso e per gli altri, decide chi picchiare e chi educare, si sente in diritto/dovere di alzare le mani appena qualcuno la fa sentire contrariato, senza preoccuparsi delle conseguenze che tali azioni possano avere sugli altri.
Lei parla per stereotipi e detti popolari che usa a suo piacimento, per giustificare e legittimare ogni suo comportamento.
Dice di amare sua moglie ma, oltre a picchiarla e trattarla come un oggetto, non è in grado di ascoltarla né di sentire i suoi stati d'animo.
Lei ha scarsa empatia, un forte egocentrismo e manie di grandezza.
Lei non è in grado di gestire i suoi impulsi.
Confonde scatti d'ira con passione, e violenza con amore.
È per questo che il suo matrimonio oggi è in crisi.
È per questo che oggi ci troviamo qua, perché rischia di restare solo, e questa al momento è l'unica cosa che la preoccupa.
Se vuole salvare sé stesso e tutelare davvero chi le vuole ancora bene, dovrà darsi molto da fare.
Ci attende un lavoro lungo e faticoso.

29/12/2020

"Mia moglie è morta e io non posso farci niente. Un tumore al seno me l'ha portata via per sempre."
《Devono essere stati giorni difficili.》
"Tremendi. Ha lottato per mesi contro la malattia, ha dovuto sopportare terapie e interventi chirurgici invasivi, che l'avevano trasformata nel corpo e nella femminilità. A volte sembrava che le cose stessero migliorando, altre no. Alternavamo momenti di speranza a fasi di sconforto.
Ha combattuto fino alla fine per restarmi accanto ma poi si è spenta e io l'ho persa per sempre."
[Piange]
《Le andrebbe di raccontarmi qualcosa di lei?》
"Mi fa troppo male... sento solo tanto dolore..."
[Piange]
《Qual è il ricordo più bello che ha con sua moglie?》
[Si asciuga le lacrime.]
"Ne ho tanti, ma uno è tornato a farmi compagnia in questi giorni bui: la sorpresa che mi ha fatto per i miei 50 anni.
Io sono uno a cui non piace festeggiare il compleanno, infatti non l'ho mai fatto.
Quella volta mia moglie ha insistito per andare in un piccolo locale dove facevano musica dal vivo. L'accordo sarebbe stato di passare una serata tranquilla da soli.
Avremmo preso qualcosa da bere con un bel sottofondo e saremmo tornati a casa presto."
《Ed è andata così?》
[Accenna un sorriso]
"No, dottore... Mia moglie era una donna vitale ed estroversa.
A metà della serata, quando pensavo di aver scampato il pericolo di una festa a sorpresa, gli artisti nel locale hanno smesso di suonare e l'hanno chiamata sul palco.
Salita sul palco, lei ha preso il microfono e mi ha fatto gli auguri. Dal nulla sono spuntate due coppie di nostri cari amici che hanno preso posto accanto a me... dovevano essere rimasti nascosti tutto il tempo!
A quel punto i musicisti hanno iniziato a suonare e lei ha cantato una canzone."
《Posso chiederle quale?》
"You're so vain, di Carly Simon... la conosce?"
《Sì, è un brano famoso. Continui il racconto, cosa ricorda di quel momento?》
"Lei era sul palco, con il microfono in mano, mi guardava negli occhi e mi sorrideva. Mentre ero seduto, contornato dai nostri amici, lei mi guardava, mi sorrideva e cantava con disinvoltura. Non l'avevo mai sentita cantare così... non l'avevo mai vista esibirsi su un palco... sembrava un'artista nata... era bellissima!"
[Sorride e guarda assorto il quadro alle mie spalle]
《Secondo Lei, perché sua moglie ha scelto proprio quella canzone?》
"Ci ho pensato a lungo. Non tanto quella sera, quanto nei giorni a seguire. Non ho mai avuto il coraggio di chiederglielo... poi il cancro me l'ha portata via e da lì è finito tutto... c'è stato solo il vuoto..."
《Se le chiedessi di pensarci adesso... Perché sua moglie quella sera, in una serata così particolare, per il suo cinquantesimo compleanno, davanti ai vostri amici, davanti a un pubblico di estranei, su un palco, accompagnata da musicisti di professione... pur non avendo mai cantato prima... perché le ha dedicato proprio quella canzone, con un testo così particolare?》
"Non lo so... non credo di avere una risposta..."
《Ha mai pensato che sua moglie volesse dirle come la vedeva, regalandole il suo punto di vista?》
"Voleva dirmi che sono vanitoso? Non credo... in tanti anni non me l'aveva mai detto."
《In tanti anni non l'aveva nemmeno mai sentita cantare.》
"È vero..."
《Proviamo ad andare oltre il singolo dettaglio. Mi ha detto che era sorridente e sicura di sé. Immagino che ci sarà voluto un bell'impegno per organizzare una serata così. Doveva trattarsi di qualcosa che sua moglie sentiva forte dentro di sé, qualcosa con cui aveva talmente tanta familiarità da poterci scherzare su...》
"I miei difetti?"
《Esatto! Ma non solo. Il suo carattere, la sua personalità, le sue debolezze, le sue contraddizioni. Sua moglie si è messa in gioco davanti a tutti, per darle una prova di coraggio... per comunicarle che aveva accettato tutto di Lei, che nulla di suo marito l'avrebbe spaventata o allontanata.
Si direbbe che sua moglie, quella sera, le abbia dimostrato di conoscerla e di amarla più di quanto Lei conosca e ami sé stesso.》
[Pausa e sguardo fisso sulla scrivania]
"E io invece sono rimasto stupito nel vederla in un'altra veste... Come se non la conoscessi, concentrato solo su me stesso e schiavo dei miei limiti. Se fosse stato per me, non avremmo nemmeno festeggiato quella sera! E io non avrei avuto questo prezioso ricordo!"
《È proprio questo il punto: sua moglie ha voluto dirle che a lei andava bene così. In una coppia non bisogna essere uguali. Magari era proprio questa diversità che vi rendeva compatibili e sua moglie ha voluto celebrarla con una serata speciale.》
[Tira un sospiro]
《A cosa sta pensando?》
"Non avevo mai considerato la nostra relazione sotto questo punto di vista. Devo aver dato per scontate tante cose."
[Annuisco]
《Come si sente?》
[Sorride]
"Meglio. Non mi fraintenda, sto ancora molto male, ma adesso ho qualcosa di piacevole su cui voglio riflettere ed è come se mi sentissi meno solo."
《Bene. 》
[Sorrido]
《Ci vediamo la prossima settimana.》.

Il lavoro con il mio cliente proseguì velocemente.
L'evocazione di quel ricordo fu un'ottima porta di ingresso: mi permise di far emergere altri contenuti rimossi e sbloccare emozioni che fino a quel momento non erano mai state elaborate.
Sotto quella montagna di dolore iniziavo a tirar fuori varie parti lui, un po' alla volta, e a ricomporle insieme al suo aiuto.
Durante il percorso i sintomi regredirono e lui si rimise lentamente in moto.

In chiave clinica si potrebbe definire un caso di successo.
Eppure, ogni tanto penso a sua moglie, alla sofferenza che deve aver provato nei suoi ultimi giorni di vita, mentre affrontava di tutto pur di non abbandonarlo.
Non so che aspetto avesse ma la immagino sul palco sorridere al marito, mentre, in una serata speciale, si prende la scena per donargli il suo testamento; per dichiarargli, ancora una volta, il suo amore.

[Questo racconto è l'estratto di uno o più colloqui avuti nel corso di un intervento psicologico clinico.
I nomi e i dati sensibili sono stati opportunamente modificati per tutelare l'identità e la privacy dei protagonisti.
Le informazioni riportate non hanno alcuna valenza clinica, poiché ogni persona è diversa dall'altra e necessita di un percorso mirato e specifico.
Lo scopo della condivisione è di favorire una riflessione su alcuni momenti critici - che possono riguardare la vita di ognuno - che è possibile analizzare e superare grazie all'auito di un professionista qualificato].

22/03/2020

Studio di psicologia Roma e Avezzano. Consulenza psicologica online. Ansia, Attacchi di Panico, disfunzioni sessuali, situazioni di disagio specifico.

19/03/2020

In questa festa del papà così surreale il mio pensiero va a tutti i bambini chiusi in casa.
Lo sviluppo cognitivo del bambino avviene attraverso l'interazione con l'ambiente, e il solo ambiente domestico, evidentemente, non è sufficiente a fornire gli adeguati stimoli ambientali.
Come possono una madre e/o un padre da soli sopperire all'improvvisa assenza del "sistema scuola" e del "sistema sociale"?

Nel mio lavoro con i genitori incentivo moltissimo la partecipazione familiare ad eventi extrascolastici. Alcuni adulti sottovalutano l'importanza di portare i propri figli alle feste di compleanno dei compagni di classe, alle feste di Natale, di Carnevale, ai pranzi, alle cene.
L'importanza di poter invitare un compagno di classe a casa, e di poter andare a casa sua.
L'importanza di fare attività motoria e di praticare uno sport, soprattutto se di squadra.
L'opportunità di dedicarsi all'arte, che sia la pittura, il ballo, la musica, la recitazione.

Nelle fasi di crescita molti processi mentali funzionano per imprinting.
Vuol dire che possono avve**re solo in un determinato momento della vita. Se quel momento evolutivo non viene sfruttato, il bambino non sarà più in grado di sviluppare determinate abilità, o comunque faticherà molto più ad acquisirle in futuro.
Non mi riferisco solo all'intelligenza e alle abilità cognitive, quali ad esempio la capacità di leggere, scrivere e fare calcoli; ma anche alla alfabetizzazione emotiva, ossia lo sviluppo di abilità come l'altruismo, l'empatia e la capacità di stare in gruppo.
In assenza di tutte le opportunità di crescita che offre la scuola e in una condizione di ritiro sociale che preclude ogni altro tipo di attività organizzata, chi ha dei figli piccoli in casa dovrebbe avvalersi delle migliori tecniche psicopedagogiche.
Dovrebbe seguire un programma scadenzato e sostenibile, che contenga i principi fondamentali per favorire una crescita sana del bambino e al passo con la sua età biologica.

Recentemente ho sentito alcuni virologi parlare dei bambini come "portatori sani del virus", "quelli più contagiosi", "quelli che con una lieve febbricciola possono uccidere i nonni".
Personalmente ritengo che, in questa fase di isolamento forzato, con i genitori privi di un adeguato supporto psicologico, siano proprio i bambini a rischiare di pagare il prezzo più alto.
Se crediamo davvero che la priorità sia la salute, dovremmo mettere al primo posto quella dei nostri figli.

Un sentito augurio a tutti i papà.

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Via Vincenzo Cesati 7
Rome
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