23/03/2025
Ne stanno parlando in tanti, la miniserie Adolescence, girata interamente in piano sequenza e con una recitazione esemplare, muove emozioni e riflessioni. Una storia che parla di violenza, adolescenti, responsabilità genitoriale, linguaggi intergenerazionali e inevitabilmente di conflitti.
Quello degli adolescenti è un mondo difficile da comprendere e la visione della serie Adolescence mette nettamente in evidenza che la loro adolescenza non è la nostra, che il mondo degli adolescenti di oggi è un altro mondo da quello che abbiamo vissuto noi, linguaggi e simboli sono completamente diversi, quasi indecifrabili.
Tuttavia, alcuni elementi chiave dell’adolescenza rimangono inalterati: diventando adolescenti il gruppo dei pari rimane il riferimento più importante, è all’interno del gruppo che i ragazzi trovano i primi giudizi e i primi confronti, iniziano a scoprire la propria sessualità e sentono le prime attrazioni, si costruisce passo dopo passo l’identità e la percezione degli altri diventa fondamentale in questi passaggi. E gli adolescenti rimangono sempre adolescenti, con la loro ricerca di libertà a di allontanamento dal nido genitoriale che piò condurre ad atteggiamenti considerati trasgressivi.
Puntata dopo puntata di Adolescence viene da chiedersi dove sono gli adulti e cosa stanno facendo. Le domande che i genitori si pongono nella disperazione del quarto episodio sono domande che risuonano in tutti noi. Guardiamo i nostri ragazzi chiusi nelle loro stanze e spesso speriamo che tutto vada per il meglio, ma non è solo una questione di fortuna.
È necessario che i genitori facciano delle scelte consapevoli sull’utilizzo dei social, è doveroso attivare dei controlli e mantenere con i ragazzi e le ragazze un dialogo nel rispetto dei loro tempi, è fondamentale introdurre momenti di educazione all’affettività e di educazione sessuale nei contesti scolastici.
Nella serie è evidente come gli adolescenti siano esplosivi e come tutto nel loro cervello diventi amplificato, come la parte razionale e del ragionamento sia assente, non permettendo loro di valutare quello che gli accade e che li invade attraverso un’onda emotiva fortissima, portandoli a fare azioni sbagliate.
Non dobbiamo dimenticare che siamo noi adulti la parte razionale del cervello dei nostri ragazzi e ragazze, dobbiamo rimanere connessi a loro con la giusta distanza e fare le giuste mosse educative per aiutarli a crescere in una generazione che non è la nostra.
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Emanuela Cusimano, pedagogista e formatrice Cpp