20/09/2025
OLTRE IL MORBILLO: LA LUNGA OMBRA DELLA PANENCEFALITE SCLEROSANTE SUBACUTA (SSPE)
La panencefalite sclerosante subacuta (SSPE) è una malattia rara ma devastante, legata al morbillo. Non si tratta di una complicanza immediata, bensì di un effetto ritardato: può manifestarsi da due a dieci anni dopo l’infezione acuta, soprattutto se contratta nei primi anni di vita.
Nel cervello di alcuni bambini il virus del morbillo non viene eliminato del tutto; rimane in forma persistente e subisce mutazioni che interessano soprattutto la proteina M (matrix) e, in misura variabile, anche le proteine F (fusion) e H (hemagglutinin). Questi cambiamenti impediscono la produzione di particelle virali complete e riducono l’espressione delle proteine dell’involucro, consentendo al virus di diffondersi lentamente tra i neuroni senza essere riconosciuto dal sistema immunitario. Questa capacità di “invisibilità” permette al morbillo mutato di sopravvivere nel sistema nervoso centrale, provocando nel tempo demielinizzazione e degenerazione neuronale progressiva.
Con il tempo, la SSPE si manifesta con un progressivo deterioramento delle funzioni cognitive e motorie. Nella fase iniziale si notano difficoltà scolastiche, cambiamenti comportamentali e calo dell’attenzione; seguono mioclonie (scosse muscolari improvvise), crisi epilettiche, perdita del controllo motorio e atassia. Nelle fasi finali il bambino o l’adolescente perde gradualmente la capacità di parlare, di muoversi, fino a scivolare in uno stato vegetativo. L’evoluzione è in genere rapida: dalla diagnosi al decesso passano spesso uno o due anni, raramente di più.
Nonostante decenni di ricerca, una cura definitiva non esiste.
Sono stati sperimentati diversi trattamenti, tra cui isoprinosina (inosiplex), interferone-α (anche somministrato per via intratecale o intraventricolare) e antivirali come la ribavirina. In alcuni pazienti si sono osservati miglioramenti temporanei o una parziale stabilizzazione, ma nella maggior parte dei casi la malattia resta a prognosi infausta. Studi più recenti hanno proposto regimi combinati o approcci innovativi, ma nessuno si è dimostrato risolutivo.
La diagnosi di SSPE si fonda su criteri combinati: la presenza di titoli elevati di anticorpi anti-morbillo nel liquido cerebrospinale, un elettroencefalogramma con complessi periodici tipici, e la risonanza magnetica, che nelle fasi avanzate mostra lesioni della sostanza bianca e atrofia cerebrale. Quando questi dati si associano a una storia di infezione da morbillo, specialmente in età precoce, la diagnosi diventa altamente probabile.
La storia della SSPE riflette l’evoluzione della medicina moderna. I primi casi furono descritti negli anni ’50, con studi sistematici condotti in Polonia tra il 1957 e il 1959 da Wender e Osetowska. Solo in seguito si chiarì il legame con il morbillo: nel 1969 venne dimostrato che nel cervello dei pazienti erano presenti varianti mutate del virus, i cosiddetti “slow viruses”, ossia virus lenti che persistono per anni senza provocare una malattia immediata. Negli anni ’60 e ’70, in paesi come Stati Uniti, Europa e Giappone, la SSPE fu al centro di allarmi sanitari: i casi non erano molti, ma colpivano l’opinione pubblica perché riguardavano bambini che avevano superato il morbillo da anni e sembravano sani. Con l’introduzione della vaccinazione di massa contro il morbillo, la frequenza di SSPE crollò drasticamente. Questo rafforzò la consapevolezza che solo la prevenzione potesse spezzare la catena che porta dal morbillo alla SSPE. Tuttavia, laddove la copertura vaccinale è diminuita – per ostacoli logistici, crisi politiche o esitazione vaccinale – i casi di morbillo sono tornati e, con essi, anche la SSPE. Studi recenti in Paesi con epidemie ricorrenti hanno documentato rischi più alti del previsto: nei bambini che contraggono il morbillo sotto l’anno di vita, la probabilità di sviluppare SSPE può arrivare a un caso ogni poche migliaia di infezioni. Questo dato ribadisce quanto la vaccinazione precoce e diffusa sia vitale: non solo protegge dal morbillo, ma salva da una delle sue conseguenze più terribili.
La SSPE è dunque un paradosso della medicina moderna: una malattia rara che non dovrebbe esistere più, ma che riappare quando ci si illude che il morbillo sia solo una malattia dell’infanzia. È la prova che i virus non scompaiono da soli e che le loro ombre, come quella della SSPE, si allungano sul futuro se si abbassa la guardia sulla prevenzione.
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