Francesco M. Galassi, MD, Paleopatologo

Francesco M. Galassi, MD, Paleopatologo Pagina di divulgazione di Francesco M. Galassi (MD, PhD, 5 ASN), prof. associato presso Univ. Autore di ~300 pub. scientifiche e vari libri.

di Łódź, medico, paleopatologo, antropologo fisico e storico della medicina e umanista. Forbes 30U30 Europe 2017.

TUBERCOLOSI: LA DIMENSIONE STORICA DIMENTICATANel nostro commento pubblicato sulla rivista britannica "The Lancet Microb...
26/09/2025

TUBERCOLOSI: LA DIMENSIONE STORICA DIMENTICATA

Nel nostro commento pubblicato sulla rivista britannica "The Lancet Microbe" - collaborazione Università di Łódź (Polonia), The University of Adelaide (Australia), Curtin University (Australia), Università Vita-Salute San Raffaele (Italia) - rispondiamo a un articolo che affrontava la TBC come problema esclusivamente medico e microbiologico. La nostra posizione è diversa: la tubercolosi non può essere compresa senza considerare il contesto storico e sociale.

Seguendo la lezione del celebre patologo germanico Rudolf Virchow — per cui “la medicina è una scienza sociale” — sottolineiamo come povertà, disuguaglianze, crisi politiche e crolli dei sistemi sanitari (dall’ex URSS agli scenari attuali) abbiano inciso tanto quanto il bacillo o la farmacologia.

La lotta alla TBC richiede memoria storica ed equità sociale, oltre a innovazione scientifica. È questa la dimensione che abbiamo voluto riportare al centro del dibattito.

Ps. Ovviamente un lavoro su una rivista scientifica top con Impact Factor di 20,4 e ranking Q1 in Italia difficilmente avrà l'impatto di una polemica su X (già Twitter) e non conferirà mai i galloni di esperto conferiti dalla pugna mediatico-circense, ma l'importante è continuare a fare quello che la scienza e la conoscenza esigono.

Una buona giornata a tutti!

Galassi FM, Vaccarezza Mauro, Vitale M, Varotto E. Tuberculosis and the perils of historical amnesia. The Lancet Microbe (2025), online first: https://www.thelancet.com/journals/lanmic/article/PIIS2666-5247(25)00175-2/fulltext

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In a recent Comment published in The Lancet, Hans Henri P Kluge emphasised the urgency of addressing drug-resistant tuberculosis in the WHO European region.1 Although the health security framing underscores important risks, it might overlook the deeper historical and structural forces that have long...

La dott.ssa Elena Varotto questa sera su Ca***e 122 ospite del programma “Incidente Probatorio” condotto da Beatrice Mer...
25/09/2025

La dott.ssa Elena Varotto questa sera su Ca***e 122 ospite del programma “Incidente Probatorio” condotto da Beatrice Merolla, parlando di antropologia forense. Da non perdere!

23/09/2025

ALLERTA LISTERIA E STORIA DI UN BATTERIO INSIDIOSO

In questi giorni è stato richiamato dal commercio un lotto di salmone affumicato norvegese per rischio di contaminazione da Listeria monocytogenes. Ma che cos’è davvero questo batterio e perché fa così paura?

Il batterio venne isolato formalmente nel 1926 da E. G. D. Murray, insieme a Webb e Swann, in un focolaio che colpiva conigli; all’epoca gli venne dato il nome Bacterium monocytogenes. Il nome "Listeria" fu scelto nel 1940 dal microbiologo scozzese J. H. Harvey Pirie, che propose di rinominare il batterio inizialmente descritto da Murray nel 1926. Pirie volle rendere omaggio a Joseph Lister (1827-1912), il celebre chirurgo britannico considerato il padre dell’antisepsi moderna, perché introdusse l’uso dei disinfettanti in chirurgia, riducendo drasticamente le infezioni post-operatorie. La specie "monocytogenes" si riferisce alla sua capacità (nelle forme invasive) di aumentare i monociti nel sangue.

Per decenni sembrò un patogeno “raro”, finché negli anni Ottanta non si comprese la sua vera portata: nel 1981, in Canada, un’epidemia legata a un’insalata di cavolo (coleslaw) mostrò per la prima volta che poteva diffondersi attraverso alimenti pronti al consumo. Da allora la lista dei veicoli si è allungata: formaggi molli, carni affettate, salumi crudi, pesce affumicato e persino frutta e verdura. Celebre il caso del 2011 negli Stati Uniti, quando meloni contaminati causarono oltre cento casi e decine di decessi.

Il pericolo maggiore riguarda i soggetti più fragili: donne in gravidanza, neonati, anziani e persone immunodepresse. In loro la malattia può diventare invasiva e causare sepsi, meningiti ed encefaliti, con conseguenze gravi o fatali. A renderla subdola c’è la sua capacità di sopravvivere e moltiplicarsi anche in frigorifero e in ambienti salini o acidi, sfuggendo così a controlli “casalinghi”.

La listeriosi si cura con antibiotici: la terapia di prima scelta è l’ampicillina, spesso associata a gentamicina per aumentarne l’efficacia; nei soggetti allergici ai beta-lattamici si può ricorrere a trimetoprim-sulfametossazolo. Nei casi gravi come sepsi e meningite la cura va iniziata subito e somministrata per via endovenosa. Non esiste un vaccino per l’uomo: i candidati sono ancora sperimentali, mentre in ambito veterinario si stanno testando soluzioni per il bestiame. La prevenzione resta quindi fondamentale: cuocere bene i cibi, evitare alimenti a rischio se si appartiene a categorie vulnerabili e ricordare che la refrigerazione non basta, perché Listeria può proliferare anche a basse temperature, rendendo necessarie igiene scrupolosa e corretta conservazione.

La buona notizia è che la sorveglianza è oggi molto più attenta: i richiami precoci, come quello di questi giorni, servono proprio a proteggere i consumatori. La prevenzione resta però fondamentale: seguire le indicazioni di conservazione, mantenere una corretta igiene in cucina e cuocere bene gli alimenti a rischio riduce drasticamente le probabilità di contagio.

Un secolo fa Listeria era un nome oscuro per i microbiologi. Oggi è sinonimo di una sfida continua tra sicurezza alimentare e globalizzazione del cibo. Sapere di più significa anche difendersi meglio.

Un po' di bibliografia:

Gandhi, M., & Chikindas, M. L. (2007). Listeria: A foodborne pathogen that knows how to survive. International journal of food microbiology, 113(1), 1–15. https://doi.org/10.1016/j.ijfoodmicro.2006.07.008

Safdar A, Armstrong D. Antimicrobial activities against 84 Listeria monocytogenes isolates from patients with systemic listeriosis at a comprehensive cancer center (1955-1997). J Clin Microbiol. 2003 Jan;41(1):483-5. doi: 10.1128/JCM.41.1.483-485.2003. PMID: 12517901; PMCID: PMC149630.

Schlech W. F. (2019). Epidemiology and Clinical Manifestations of Listeria monocytogenes Infection. Microbiology spectrum, 7(3), 10.1128/microbiolspec.gpp3-0014-2018. https://doi.org/10.1128/microbiolspec.GPP3-0014-2018

̀ ̀pubblica

20/09/2025

OLTRE IL MORBILLO: LA LUNGA OMBRA DELLA PANENCEFALITE SCLEROSANTE SUBACUTA (SSPE)

La panencefalite sclerosante subacuta (SSPE) è una malattia rara ma devastante, legata al morbillo. Non si tratta di una complicanza immediata, bensì di un effetto ritardato: può manifestarsi da due a dieci anni dopo l’infezione acuta, soprattutto se contratta nei primi anni di vita.

Nel cervello di alcuni bambini il virus del morbillo non viene eliminato del tutto; rimane in forma persistente e subisce mutazioni che interessano soprattutto la proteina M (matrix) e, in misura variabile, anche le proteine F (fusion) e H (hemagglutinin). Questi cambiamenti impediscono la produzione di particelle virali complete e riducono l’espressione delle proteine dell’involucro, consentendo al virus di diffondersi lentamente tra i neuroni senza essere riconosciuto dal sistema immunitario. Questa capacità di “invisibilità” permette al morbillo mutato di sopravvivere nel sistema nervoso centrale, provocando nel tempo demielinizzazione e degenerazione neuronale progressiva.

Con il tempo, la SSPE si manifesta con un progressivo deterioramento delle funzioni cognitive e motorie. Nella fase iniziale si notano difficoltà scolastiche, cambiamenti comportamentali e calo dell’attenzione; seguono mioclonie (scosse muscolari improvvise), crisi epilettiche, perdita del controllo motorio e atassia. Nelle fasi finali il bambino o l’adolescente perde gradualmente la capacità di parlare, di muoversi, fino a scivolare in uno stato vegetativo. L’evoluzione è in genere rapida: dalla diagnosi al decesso passano spesso uno o due anni, raramente di più.

Nonostante decenni di ricerca, una cura definitiva non esiste.
Sono stati sperimentati diversi trattamenti, tra cui isoprinosina (inosiplex), interferone-α (anche somministrato per via intratecale o intraventricolare) e antivirali come la ribavirina. In alcuni pazienti si sono osservati miglioramenti temporanei o una parziale stabilizzazione, ma nella maggior parte dei casi la malattia resta a prognosi infausta. Studi più recenti hanno proposto regimi combinati o approcci innovativi, ma nessuno si è dimostrato risolutivo.

La diagnosi di SSPE si fonda su criteri combinati: la presenza di titoli elevati di anticorpi anti-morbillo nel liquido cerebrospinale, un elettroencefalogramma con complessi periodici tipici, e la risonanza magnetica, che nelle fasi avanzate mostra lesioni della sostanza bianca e atrofia cerebrale. Quando questi dati si associano a una storia di infezione da morbillo, specialmente in età precoce, la diagnosi diventa altamente probabile.

La storia della SSPE riflette l’evoluzione della medicina moderna. I primi casi furono descritti negli anni ’50, con studi sistematici condotti in Polonia tra il 1957 e il 1959 da Wender e Osetowska. Solo in seguito si chiarì il legame con il morbillo: nel 1969 venne dimostrato che nel cervello dei pazienti erano presenti varianti mutate del virus, i cosiddetti “slow viruses”, ossia virus lenti che persistono per anni senza provocare una malattia immediata. Negli anni ’60 e ’70, in paesi come Stati Uniti, Europa e Giappone, la SSPE fu al centro di allarmi sanitari: i casi non erano molti, ma colpivano l’opinione pubblica perché riguardavano bambini che avevano superato il morbillo da anni e sembravano sani. Con l’introduzione della vaccinazione di massa contro il morbillo, la frequenza di SSPE crollò drasticamente. Questo rafforzò la consapevolezza che solo la prevenzione potesse spezzare la catena che porta dal morbillo alla SSPE. Tuttavia, laddove la copertura vaccinale è diminuita – per ostacoli logistici, crisi politiche o esitazione vaccinale – i casi di morbillo sono tornati e, con essi, anche la SSPE. Studi recenti in Paesi con epidemie ricorrenti hanno documentato rischi più alti del previsto: nei bambini che contraggono il morbillo sotto l’anno di vita, la probabilità di sviluppare SSPE può arrivare a un caso ogni poche migliaia di infezioni. Questo dato ribadisce quanto la vaccinazione precoce e diffusa sia vitale: non solo protegge dal morbillo, ma salva da una delle sue conseguenze più terribili.

La SSPE è dunque un paradosso della medicina moderna: una malattia rara che non dovrebbe esistere più, ma che riappare quando ci si illude che il morbillo sia solo una malattia dell’infanzia. È la prova che i virus non scompaiono da soli e che le loro ombre, come quella della SSPE, si allungano sul futuro se si abbassa la guardia sulla prevenzione.

Bibliografia:

Gadoth N. Subacute sclerosing panencephalitis (SSPE) the story of a vanishing disease. Brain Dev. 2012 Oct;34(9):705-11. doi: 10.1016/j.braindev.2011.12.008. Epub 2012 Jan 24. PMID: 22277189.

Gerlier D, Valentin H. Measles virus interaction with host cells and impact on innate immunity. Curr Top Microbiol Immunol. 2009;329:163-91. doi: 10.1007/978-3-540-70523-9_8. PMID: 19198566.

Horta-Barbosa L, Fuccillo DA, Sever JL, Zeman W. Subacute sclerosing panencephalitis: isolation of measles virus from a brain biopsy. Nature. 1969 Mar 8;221(5184):974. doi: 10.1038/221974a0. PMID: 57655189

Kulczycki J. The history of studies on subacute sclerosing panencephalitis in Poland. Folia Neuropathol. 1998;36(4):191-8. PMID: 10079599.

Solomon T, Hart CA, Vinjamuri S, Beeching NJ, Malucci C, Humphrey P. Treatment of subacute sclerosing panencephalitis with interferon-alpha, ribavirin, and inosiplex. J Child Neurol. 2002 Sep;17(9):703-5. doi: 10.1177/088307380201700911. PMID: 12503650.

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15/09/2025

RISVS MOTOR EST DEFAECATIONIS

Scusate se, per abbassare un attimo la tensione degli ultimi post, faccio una riflessione fra il serio e il faceto.

Osservavo una interessante correlazione fra il numero di lettori un poco esagitati che lasciano copiose risate su questa pagina e il numero crescente di riferimenti coprologici, anche fuor di contesto, che stanno imprimendo una svolta spiccatamente proctologica alla sezione commenti.

La fisiologia insegna come ridere in modo intenso provochi contrazioni ripetute e forzate dei muscoli addominali e del diaframma, nonché possa verificarsi, quale risultato del ridere, un rilassamento intermittente dei muscoli del pavimento pelvico e dello sfintere a***e.

Alla luce di tali assunti, suggerisco pertanto estrema moderazione e contegno nelle risate antivaccinali.

15/09/2025

Smontiamo alcune bufale inveterate e dure a morire su bambini e vaccinazioni.

1. “Il sistema immunitario del bambino è troppo immaturo per i vaccini” → FALSO
Al contrario, i neonati nascono già con un sistema immunitario funzionante, che però ha bisogno di essere stimolato e allenato. È proprio nei primi mesi di vita che i bambini sono più VULNERABILI a malattie gravi (come pertosse, meningite, poliomielite). I vaccini servono a proteggerli SUBITO, non a ritardare la protezione.

2. “Meglio aspettare che sia più grande e robusto” → FALSO
Rimandare significa lasciarlo esposto a infezioni potenzialmente mortali proprio nel momento in cui sarebbe più fragile. Non c’è NESSUN vantaggio nel posticipare, solo rischi.

3. “I vaccini multivalenti (detti anche combinati) sono troppo grossi per i bambini” → FALSO
Un vaccino esavalente non è “più pesante” per il sistema immunitario rispetto a fare le stesse dosi separate: anzi, riduce il numero di iniezioni e quindi lo stress. Il sistema immunitario di un neonato può riconoscere milioni di antigeni diversi CONTEMPORANEAMENTE: i vaccini usano solo una PICCOLISSIMA parte di questa capacità.

4. “Meglio un vaccino alla volta” → FALSO
Non ci sono benefici nel somministrarli singolarmente. Invece, fare più iniezioni separate aumenta il numero di punture, il dolore e RITARDA la protezione.

In sintesi, i vaccini si fanno proprio da piccoli, perché è il momento più CRITICO per difendersi da malattie gravissime. I vaccini multivalenti sono sicuri, testati e molto meno “impegnativi” per il sistema immunitario di quello che la bufala sostiene.

Un po’ di bibliografia scientifica:

https://www.who.int/publications/i/item/immunization-in-practice-a-practical-guide-for-health-staff

Brenzel L, Wolfson LJ, Fox-Rushby J, et al. Vaccine-preventable Diseases. In: Jamison DT, Breman JG, Measham AR, et al., editors. Disease Control Priorities in Developing Countries. 2nd edition. Washington (DC): The International Bank for Reconstruction and Development / The World Bank; 2006. Chapter 20. Available from: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK11768/ Co-published by Oxford University Press, New York.

Pop CF, Coblisan P, Capalna L, Panța PC, Buzoianu AD, Bocsan IC. Safety of Vaccination within First Year of Life-The Experience of One General Medicine Center. Children (Basel). 2023 Jan 4;10(1):104. doi: 10.3390/children10010104. PMID: 36670654; PMCID: PMC9856298.

14/09/2025

L’immunità naturale (quindi non quella ottenuta con la vaccinazione) da sola basta a repellere tutte le malattie - dissero i fenomeni della ricerca scientifica da 5 minuti su X. Ne derivano che le vaccinazioni non servano.

L’immunità naturale è infatti così forte da sola che quando la popolazione indigena taíno dell’isola di Haspaniola fu esposta a varie malattie tra le quali il vaiolo umano, la mortalità fu così elevata (fra il 50 e il 70%) che verso il 1545–1550 sull’isola restavano meno di 10.000 abitanti della popolazione pre-contatto vaioloso (compresa tra 300.000 e 1.000.000 di abitanti, secondo altre stime addirittura intorno ai 3 milioni di abitanti). Nel 1570 la popolazione nativa era praticamente ESTINTA come entità autonoma, sostituita da africani deportati come schiavi nel Nuovo Mondo.

Certamente molte morti sono da attribuire ad altre concause quali la guerra, ma la preponderanza delle mortalità da malattie infettive è contagiose è indiscussa a livello storiografico, anche dagli sparuti discendenti di quelle antiche etnie cancellate dalla scena storica.

Sostanzialmente, bisogna riconoscere di aver avuto una grande fortuna a vivere in questa epoca. Dinanzi ad un vaiolo letale o ad una peste come quella trecentesca, l’antivaccinismo non sarebbe così stolidamente baldanzoso e, piegato sulle proprie ginocchia per la paura, implorerebbe per la salvezza.

Il vaiolo delle scimmie di questi ultimi anni è stato un campanello di allarme, le cui implicazioni pochi hanno colto, a partire dalla trasmissione per via venerea. I poxvirus sono virus la cui variabilità deriva da meccanismi di perdita o acquisizione genica, ricombinazione e duplicazioni che possono alterarne la virulenza e il tropismo. È teoricamente possibile che, attraverso la perdita di geni regolatori dell’interazione con l’ospite, un poxvirus attuale acquisisca caratteristiche di maggiore aggressività.

Nessun allarmismo, ma mi pare che spesso si giuochi col fuoco senza percepire la gravità dei fenomeni di cui si parla.

Lo smartphone è stato sicuramente una rivoluzione tecnologica di proporzioni epocali. Che abbia contribuito all’evoluzio...
14/09/2025

Lo smartphone è stato sicuramente una rivoluzione tecnologica di proporzioni epocali.

Che abbia contribuito all’evoluzione di Homo sapiens rimane un aspetto controverso, mentre apprezzabili miglioramenti cognitivi appaiono evidenti in Pan troglodytes (scimpanzé).

Chissà che il futuro non ci riservi sorprese!

14/09/2025

IL RITORNO DELLE MASCHERINE: EVIDENZA SCIENTIFICA FRA VIRUS, MUSERUOLE E DELIRI VARI ED EVENTUALI

Questione spinosa che farà arrabbiare alcuni, ma che sarebbe irresponsabile da parte mia non sottolineare.

Con l'arrivo dell'autunno, inizia la psicosi da mascherine. Dovremo indossarle? Ci sarà l'obbligo di portarle? Psicosi che spesso degenera in lessico cospirazionistico del tipo "la museruola", "il segnale dell'obbedienza al sistema" e quant'altro.

La questione è semplice:

1- Le mascherine FFP2 sono dispositivi di protezione individuale che filtrano almeno il 94% delle particelle sospese nell’aria fino a dimensioni di circa 0,3 micron.

2- Sono efficaci nel ridurre la trasmissione di SARS-CoV-2, soprattutto in ambienti chiusi, affollati o poco ventilati.

3- Anche i virus influenzali e respiratori comuni (es. RSV, rhinovirus) si trasmettono per via aerea e tramite goccioline respiratorie → la FFP2 riduce in modo significativo il rischio di contagio.

4- Le FFP2 filtrano anche particolato e polveri sottili, quindi sono utili in contesti di inquinamento atmosferico o esposizione a polveri (es. incendi, smog, lavori edili).

Indossarle, specialmente DOPO quanto è successo in epoca pandemica, rappresenta una ottima misura per prevenire numerose malattie infettive respiratorie.

Chi non vuole indossarle è LIBERO di farlo, ma deve sapere che è maggiore la probabilità che entri in contatto con agenti patogeni.

Se poi verranno rese obbligatorie in determinati periodi dell'anno, la scelta sarà eventualmente POLITICA.

Ciò detto, non esiste una influenza o una Covid-19 meritevole di mascherina e una per cui la mascherina è superflua.

Nota a piè di pagina: quando il fronte antiscientifico radicale vaneggia di museruole e di "rinchiudere i non vaccinati", lor Signori dovrebbero farsi un bel tour in Europa orientale e studiare la storia di cosa fosse un sistema totalitario - di certo non una forma di governo che impone una mascherina per proteggere dai virus, ma che per una espressione di dissenso incarcera i propri cittadini in campi di concentramento e rieducazione o - nei casi più estremi - li passa direttamente per le armi.

Capisco la retorica, capisco il delirio, ma anche nelle iperboli più inverosimili bisogna essere credibili.

Un poco di bibliografia scientifica:

Bin-Reza F, Lopez Chavarrias V, Nicoll A, Chamberland ME. The use of masks and respirators to prevent transmission of influenza: a systematic review of the scientific evidence. Influenza Other Respir Viruses. 2012 Jul;6(4):257-67. doi: 10.1111/j.1750-2659.2011.00307.x. Epub 2011 Dec 21. PMID: 22188875; PMCID: PMC5779801.

Knobloch JK, Popp W, Exner M, Walger P, Kampf G. An FFP2 respirator mandate for healthcare workers to prevent transmission of SARS-CoV-2 lacks proportionality. J Hosp Infect. 2022 Dec;130:146-147. doi: 10.1016/j.jhin.2022.09.009. Epub 2022 Sep 20. PMID: 36150562; PMCID: PMC9487173.

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14/09/2025

BUFALA SUL VACCINO CONTRO IL FUOCO DI SANT’ANTONIO (Herpes Zoster)

Sta circolando in ambiente antivaccinale un post che dice: “Con il vaccino aumenta dell’1100% il rischio di fuoco di Sant’Antonio negli over 65”.

È falso.

Lo studio citato (Shetty et al., Clinical Infectious Diseases, 2025) mostra che:

1- nei primissimi giorni dopo la 1ª dose può esserci un piccolo aumento transitorio di riattivazione del virus (≈11 volte in un singolo database), perché il sistema immunitario viene stimolato;

2- dopo questa breve finestra, il vaccino protegge a lungo termine, riducendo drasticamente il rischio di herpes zoster e soprattutto della sua complicanza più temuta: la nevralgia post-erpetica;

3- con due dosi, la riduzione complessiva dei casi di zoster è del 73%.

Il vaccino Shingrix ha dimostrato un’efficacia di oltre il 90% negli over 65, con protezione duratura.

Gli effetti collaterali più comuni sono lievi e passeggeri (dolore al braccio, febbricola).

In sintesi, il vaccino non aumenta il rischio, lo riduce in modo significativo.

Le fake news usano numeri veri fuori contesto. La scienza, invece, racconta l’intera verità: vaccinarsi conviene.

Aishwarya N Shetty, Daneeta Hennessy, Gonzalo Sepulveda Kattan, Samar Ojaimi, Hazel J Clothier, Jim P Buttery, Transient increased risk of shingles post Shingrix vaccination: Self-controlled case series analysis, Clinical Infectious Diseases, 2025;, ciaf473, https://doi.org/10.1093/cid/ciaf473

Indirizzo

Santarcangelo

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