10/07/2025
Maggio 2003 - adottavo Max, Rottweiler con pedigree, nato da una allevatrice serissima. Aveva 15 mesi e per lui, durante la mia visita comportamentale, chiedevano la soppressione. Perché? Perché si era scagliato contro una persona mentre camminava al guinzaglio con la proprietaria. Max indossava un collare a strozzo. Max e la sua famiglia erano stati seguiti per 10 mesi da un noto addestratore marchigiano. Max era, sulla carta, un cane perfettamente condotto e controllato.
Eppure, dopo aver subito il trauma della separazione dei suoi umani, essere stato isolato in garage per un mese e riconsegnato alla proprietaria in piena notte...ha perso il controllo.
Perché?
Perché l'aggressività, intesa come espressione del comportamento aggressivo, è spesso espressione di disagio, paura, dolore, allerta e molto altro.
Max, addestrato, in mano a persone che avevano imparato condotta e conduzione, in un periodo così difficile e traumatico per loro e per lui era in tilt e ha tentato di aggredire.
Senza motivo? Senza motivo apparente, ma per una valida ragione: si sentiva perso, senza più i suoi riferimenti e doveva proteggersi, anche senza una reale minaccia.
Il comportamento aggressivo è presente NORMALMENTE nel corredo genetico di qualsiasi specie animale, ha la funzione di salvare la vita di chi lo esprime o di chi questo protegge. Ma l'aggressività che può scaturire da un trauma, in una persona così come in un cane o in un gatto, non ha NULLA a che vedere con l'essere o meno condotto e controllato o con la genetica.
Il potenziale di pericolosità invece sì.
Quando è venuto a vivere con me, ancora giovanissima (anagraficamente e professionalmente) lui era per me il primo rottweiler. Avevo paura di lui? No, ma rispetto sì, moltissimo.
Gli ho dedicato tempo per conoscerci, tempo per riscoprire la bellezza di potersi affidare, comodità e agio, fiducia e ho ricostruito la sua educazione sul rispetto di regole e reciproco.
Max è vissuto fino a 13 anni e mezzo, metà dei quali solo con mia madre che faceva ben altro nella vita.
Era molto protettivo con lei, ma non ha mai più avuto reazioni aggressive incontrollate o apparentemente immotivate.
Né io né lei abbiamo lavorato in addestramento con lui. No.
Abbiamo semplicemente definito regole chiare, coerenti, dato e ricevuto rispetto e lo abbiamo fatto sentire al sicuro, abbattendo ogni suo dubbio rispetto alla necessità di doversi proteggere dal mondo, aggredendolo.
Giugno 2010. Adottavo Happy. Rottweiler di 1 anno e 1/2, arrivata nel canile mentre io ci lavoravo per la mia ricerca di Dottorato. All'arrivo aveva solo 10 mesi. Era spaesata, veniva da un evento traumatico avendo assistito al tentativo di suicidio del suo umano, con relativo incendio della casa in cui erano insieme.
Happy era spaesata, poco più che cucciola, tristissima.
Lei il pedigree non lo aveva, o forse sì ma allora non cercai di saperlo. Lei forse aveva seguito un addestramento, ma anche di questo mi interessava poco. Dopo pochi mesi dal suo arrivo la portai a casa, presentandola a Max che l'avrebbe ospitata di tanto in tanto, cominciava con me una vita in simbiosi, durata 12 anni e mezzo.
Happy pur avendo subito un trauma altrettanto se non più duro di Max, non ha mai manifestato aggressività. Lei non conosceva l'aggressività, conosceva il comportamento aggressivo e sapeva gestire perfettamente la ritualizzazione, usando solo lo sguardo come minaccia e solo quando necessario, ma con lucidità e con autocontrollo.
Perché?
Perché Happy, quando era tornata a vivere, dopo la mia adozione, si è sentita da subito al sicuro, si è affidata, ha imparato a rispettare le regole necessarie a condividere tutto con me.
Morale della storia?
La genetica del cane porta con sé vari "pacchetti" comportamentali.
L'educazione li indirizza affinché un cane sappia essere sereno, sappia gestire le emozioni che la vita suscita e si lasci guidare dal suo referente e dalle regole che apprende.
L'addestramento serve a insegnargli compiti specifici.
La valutazione comportamentale del medico veterinario esperto in comportamento può garantire che quel cane in quella relazione e in quel contesto di vita non costituisce pericolo per le persone e per altri cani.
Una relazione ben strutturata cambia il destino delle derive comportamentali e scongiura i rischi di aggressione da parte dei cani. Ogni professionista cinofilo dovrebbe mirare SOLO a questo per porre le basi di qualsiasi percorso: educativo, addestrativo, comportamentale che sia. Nessun professionista può bastare, può arrogarsi l'esclusività dell'intervento, può offrire strumenti preventivi e terapeutici per garantire il benessere del cane e una buona relazione, sicura per le persone e per gli animali.