05/08/2025
Alessandro Venier, 35 anni, è stato ucciso e fatto a pezzi dalla madre e dalla compagna nella casa di famiglia a Gemona. Un delitto efferato, aggravato da premeditazione e dal legame parentale secondo la Procura di Udine.
Ma dietro questo crimine si cela una storia ancora più oscura.
Chi era davvero Alessandro Venier?
Il suo profilo criminologico parla chiaro:
Condannato per lesioni personali gravi, stava per perdere il diritto all’espatrio;
Denunciato per coltivazione di sostanze illecite e recupero illegale di residuati bellici;
Segnalato già da adolescente per procurato allarme, minacce e atti violenti;
Atti di maltrattamento di animali e comportamenti esibizionistici a sfondo disturbante, divenuti virali sul web.
La fuga verso la Colombia con compagna e figlia di sei mesi pareva la sua ultima via di uscita. Una fuga interrotta in modo brutale, proprio da chi gli era più vicino.
Secondo la Procura, madre e compagna non hanno agito per legittima difesa, ma come co-esecutrici di un omicidio lucido e pianificato, maturato in un contesto di escalation familiare taciuta.
Il profilo di Venier, segnato da disturbi della condotta e tratti potenzialmente antisociali, potrebbe aver innescato una reazione estrema in due donne ormai allo stremo.
La criminologia ci insegna che certi crimini non esplodono all’improvviso. Sono l’ultimo atto di una lunga convivenza con la paura, il degrado relazionale e, forse, l’impunità arogante coltivata da chi, da carnefice, è stato trasformato in vittima suo malgrado.
In questo cortocircuito relazionale perverso e distruttivo è sempre complesso rispondere a questa domanda: Chi era la vera vittima? Chi il vero carnefice?
Dall’analisi delle informazioni disponibili, si delinea a carico di Venier un quadro di disturbo del comportamento con tratti antisociali e narcisistici, evidenti sin dall’adolescenza e mai trattati in modo adeguato sul piano clinico.
Gli indicatori comportamentali più rilevanti sono i seguenti:
Violenza agita e reiterata:
Condanna definitiva per lesioni personali gravi;
Episodi di aggressività contro ex colleghi;
Denunce per attività pericolose (residuati bellici, sostanze stupefacenti);
Maltrattamenti su animali.
Disturbi del controllo degli impulsi - Atti di esibizionismo con tratti di disinibizione estrema (diffusi in rete);
Condotte plateali e disturbanti;
Reazioni sproporzionate in contesti relazionali conflittuali.
Narcisismo e tratti antisociali:
Scarsa empatia verso l’altro;
Violazione ripetuta delle regole;
Incapacità di mantenere relazioni affettive stabili e protettive.
Strategie di fuga e manipolazione ambientale:
Presunto dominio relazionale all’interno del nucleo familiare.
Il processo a carico di Lorena Venier e Mailyn Castro Monsalvo sarà fortemente influenzato dalla ricostruzione della personalità della vittima.
In questo caso i giudici dovranno valutare anche la personalità della vittima come “contesto criminogeno”.
Se verrà accertato che Alessandro Venier esercitava un potere coercitivo sulle due donne; metteva in atto condotte vessatorie, minacciose o destabilizzanti; era temuto e imprevedibile nel contesto domestico, questi elementi potranno essere valutati ai fini della responsabilità penale, soprattutto per escludere la premeditazione piena (in caso di reazione percepita come inevitabile o liberatoria), diminuire il grado di colpevolezza soggettiva (es. stato di soggezione psicologica, sopraffazione prolungata)oppure supportare una perizia psichiatrica/dinamica sulle imputate (es. sindrome da adattamento prolungato, disturbi reattivi).
Quanto alla potenziale strategia difensiva, la difesa delle due donne potrebbe sostenere che l’omicidio sia stato il culmine di una relazione caratterizzata da controllo, paura e violenza domestica. tale scenario sembra avere una serie di importati elementi a supporto, tra cui:
la circostanza che la compagna (giovane, straniera, con neonato) fosse in condizione di sottomissione relazionale e dipendenza affettiva;
la circostanza che la madre (infermiera) abbia agito dopo aver assistito a condotte lesive verso la figlia e/o la nipote.
In sede processuale, questo scenario, ove confermato, potrebbe portare all’esclusione dell’aggravante della premeditazione se si dimostrasse una condizione emotiva turbata e un’azione non lucidamente pianificata.
Nei casi di violenza domestica reiterata, esistono precedenti in cui “L’omicidio è stato valutato alla luce di un lungo periodo di sopraffazione e abuso psicologico, idoneo a generare reazioni estreme da parte della vittima di tali abusi.”
Se le difese riusciranno a dimostrare che Alessandro Venier rappresentava una minaccia reale e costante per le due donne, il processo potrà prendere una direzione meno severa, soprattutto per la compagna, madre di una neonata.