
09/04/2021
La radice sanscrita bhu si trasforma in foe- o in fe-; il greco la trasforma a suo volta in phyo per dire produco, faccio essere, genero e poi arriva il latino con foelix o felix cioè fecondo, fertile: secoli di storia e mutazioni per dirci che non è spensierato, senza dolore, senza problemi!
Chi è felice - stando al significato originario della parola - è chi produce, fa essere le cose, la vita, genera perché fecondo.
Felice dunque è chi è vivo!
Difficile non cogliere la sottile sinonimia tra felicità e vita: condividono tratti identitari fondamentali quali creatività, generatività, fecondità e, soprattutto, l’impossibilità di definirle esattamente, di fermarle in una descrizione esaustiva e universale.
Forse, leggendo e rileggendo il significato etimologico della parola, resta più semplice capire perché nessuno sa ben dire cosa sia la .
Dalla notte dei tempi, giganti del pensiero hanno provato a inquadrarla, lasciando spunti di riflessione e ispirazione notevoli, eppure… felicità è mutevole come un camaleonte, passa di istante in istante, cambia da vita a vita, ha forma e sostanza sempre diverse, forse proprio perché “feconda”, “generativa”, “fertile” quindi viva, vitale e dinamica, fatta per mutare, non come camaleonte, che reagisce agli stimoli esterni e cambia colore per proteggersi, ma come terreno rigoglioso che ha semi da far fiorire stagione dopo stagione, che ha dentro di sé le condizioni per produrre, per far essere sempre nuove le cose, sempre nuova la vita.
Felice, allora, non è chi non soffre ma chi sa di poter vivere, istante dopo istante, attingendo alla potenza generativa della vita, che è fatta per creare, perché è, per sua intima natura, felice.
Che ognuna e ognuno possa lasciarsi fiorire, coltivando il terreno dell’essere, sapendo di essere serbatoio di felicità.
Regione Puglia