Dott.ssa Claudia Boffilo - Psicologa Psicoterapeuta

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Dott.ssa Claudia Boffilo - Psicologa Psicoterapeuta Psicologa | Psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico | Candidata analista A.I.Psi. e I.P.A.

Calcinculo (2022): un film che graffia, tra corpi in trasformazione e legami feritiCalcinculo è una storia di crescita s...
06/06/2025

Calcinculo (2022): un film che graffia, tra corpi in trasformazione e legami feriti

Calcinculo è una storia di crescita senza retorica. Parla del dolore di diventare sé stessi, del corpo come linguaggio muto e dell’identità come costruzione fragile, sempre in movimento.
Al centro della narrazione c’è Benedetta, un’adolescente sovrappeso che si muove in un mondo che la guarda troppo per intrudere e non la vede affatto per rispecchiarla. È osservata, giudicata, ma mai riconosciuta nel suo esserci.

Chiara Bellosi racconta tutto questo con una regia asciutta e una fotografia cruda, documentaristica. Non c’è estetizzazione del dolore, né edulcoramenti: la macchina da presa si posa sul corpo e sulla relazione, restituendo un clima psichico di tensione non mentalizzata, di affetti primitivi che cercano disperatamente una forma.

Il contesto familiare è affettivamente povero, dominato da una madre iperfemminile e narcisisticamente investita, con cui è impossibile identificarsi, e da un padre che, pur presente fisicamente, non esercita alcuna funzione terza. La relazione genitoriale è segnata da tensioni sotterranee che invadono lo spazio mentale di Benedetta, lasciandola senza un appoggio simbolico.
In questo vuoto, il corpo si fa contenitore di vissuti indifferenziati e di conflitti: è attraverso il corpo che Benedetta comunica, protesta, cerca un confine. La sua bulimia grezza, il mangiare carne cruda, fa pensare all’incorporazione di un oggetto non simbolizzato, uno stato pre-simbolico, con una componente cannibalica.

L’identità di Benedetta è mimetica: si adatta, osserva, si plasma sui desideri altrui. L’individuazione sembra un movimento troppo rischioso, quasi catastrofico. Compiacere è meno rischioso che differenziarsi: così Benedetta si adatta, si modella, rinunciando al conflitto ma anche a una soggettività propria.

L’incontro con Amanda, figura trans e liminale, introduce una frattura: Amanda è una presenza che sfida le norme, ma anche una soggettività ferita, che non permette idealizzazioni. In lei, Benedetta intravede una possibilità di uscita dal bozzolo familiare, ma anche il rischio di una ripetizione: ancora una volta, capisce i bisogni dell’altro e vi si adatta per guadagnarsi uno spazio.
Amanda non è solo oggetto di identificazione, ma testimone di un’identità in costruzione, precaria, non pacificata. La loro relazione è il luogo di una trasformazione possibile, ma ancora ambigua, esposta alla tensione tra cambiamento e coazione a ripetere.

Il titolo stesso, Calcinculo, richiama una giostra popolare in cui si viene spinti via con un colpo secco. È una metafora del bisogno di separazione e del terrore che lo accompagna. Il movimento rotatorio della giostra incarna la pulsione a ripetersi, ma anche la spinta a uscire da un ciclo chiuso, con tutti i rischi della caduta.

In questa cornice, Calcinculo si configura come una narrazione psichica sull’identità, sull’uso del corpo come unica via d’accesso all’espressione del Sé e sulla difficoltà di soggettivarsi in assenza di uno sguardo che accolga, trasformi, e restituisca.

Sono felice di condividere che il 30 maggio presenterò un mio lavoro al seminario teorico-clinico di Fonte Avellana: “Il...
17/05/2025

Sono felice di condividere che il 30 maggio presenterò un mio lavoro al seminario teorico-clinico di Fonte Avellana: “Il corpo è un altro. Uno, nessuno, centomila”.
Sarà un’occasione preziosa di scambio e riflessione, in un contesto ricco di stimoli e pensiero.
A seguire, il convegno interdisciplinare “Noi che sentiamo ve**re le voci dalla notte. Nomadi, insonni, visionari” riunirà figure di spicco del panorama culturale nazionale per un confronto tra saperi, linguaggi ed esperienze.

Causa particolare di invidia è la relativa mancanza di essa negli altri. La persona invidiata possiede tutto ciò che mag...
02/04/2025

Causa particolare di invidia è la relativa mancanza di essa negli altri. La persona invidiata possiede tutto ciò che maggiormente si apprezza e si desidera, cioè un oggetto buono, il che implica anche un buon carattere e un equilibrio mentale. Inoltre la persona che può senza rancori godere dell’opera creatrice e della felicità altrui si risparmia i tormenti dell’invidia, del risentimento e della persecuzione. Mentre l’invidia è fonte di grave infelicità, si sente che essa quasi non esiste nel sottofondo degli stati psichici caratterizzati da soddisfazione e tranquillità - di ciò che in definitiva costituisce l’equilibrio psichico. La libertà dall’invidia infatti costituisce la base delle risorse interiori e dell’adattabilità che si notano in quelle persone che, anche dopo gravi difficoltà e sofferenze psichiche, riacquistano la pace dello spirito. Un atteggiamento di questo genere, in cui vi è gratitudine per i piaceri del passato e gioia per quanto il presente può dare, si manifesta nella serenità. Ai vecchi permette di adattarsi al fatto che non si può riconquistare la gioventù, concede loro di partecipare con interesse alla vita dei giovani. Il fatto ben noto che i genitori rivivano nei figli e nei nipoti la loro vita - purché ciò non sia un’espressione di eccessiva possessività e ambizione deviata - illustra questa mia tesi.

Melanie Klein, Invidia e gratitudine, 1957, pp.53-54

🔴 IL CORAGGIO DELL’AUTENTICITÀ E LA SUA POTENZA TRASFORMATIVAIl contatto autentico con sé stessi, condizione imprescindi...
15/03/2025

🔴 IL CORAGGIO DELL’AUTENTICITÀ E LA SUA POTENZA TRASFORMATIVA

Il contatto autentico con sé stessi, condizione imprescindibile per poter instaurare un incontro profondo con gli altri, impone la necessità di guardarsi dentro, prendere consapevolezza e confrontarsi anche con quelle parti di noi che tendiamo a misconoscere, poiché non allineate con il Sé ideale al quale aspiriamo.

Come è possibile veramente incontrare l’altro, costruire una relazione incarnata che tocchi anche i livelli più arcaici dell’esperienza – quelli legati al corpo, alla sensorialità, alla comunicazione preverbale – se, nei confronti del proprio mondo interno, sono state erette stratificazioni difensive, razionali e intellettualizzate, che occultano la parte più vera e autentica di sé?

Come si può davvero amare l’altro, nella soggettività di cui è portatore, accettando che non corrisponda all’oggetto ideale della fantasia, ma che, essendo reale, tradisca inevitabilmente l’ideale, se si è incastrati nell’impossibilità di tollerare, senza strappi narcisistici, la propria finitezza, limitatezza e imperfezione?

L’autenticità la concepisco come una forma di verità psichica dalla coraggiosità estrema, frutto di un processo di integrazione mirante al raggiungimento di un senso di interezza e di coesione interna, attraverso l’accoglienza della soggettività e la valorizzazione dell’alterità. L’autenticità promuove la dialettica e scardina la compiacenza; sostiene la spontaneità e combatte contro il manierismo e l’affettazione.

L’autenticità non si ottiene semplicemente raccontandosi di essere sinceri o veri, ma nutrendo uno sguardo curioso verso il mondo interno e sostenendo il coraggio di aprire le porte anche a quelle zolle psichiche più scomode e meno luccicanti, da cui nessuno è immune. Infatti, si raggiunge facendo esperienza: vivendo, cioè, ciò che si è provato, più che pensandolo o agendolo.

L’autenticità promuove l’amore per sé stessi, ma anche l’amore per l’altro: non un amore melenso, finto, effimero, sottoposto alle correnti dell’idealizzazione e, come è prevedibile, della svalutazione; non un amore opportunistico e solipsistico, ma un amore profondo, stabile, sicuro, grato, vero, disincantato. Un amore che abbraccia l’altro proprio in quanto altro, traendo dalle differenze una fonte di rifornimento creativo, piuttosto che un amore dove l’altro è ridotto a mero depositario del proprio desiderio.

“M. vive nella speranza di amare, nell’illusione che in lei non ci siano falsità, invidia, odio. Ma non potrà trovare l’...
04/09/2024

“M. vive nella speranza di amare, nell’illusione che in lei non ci siano falsità, invidia, odio. Ma non potrà trovare l’amore se non accetterà che l’odio è altrettanto reale, che la parte di sé che invidia e prova rancore è una parte vera, ma satura di sofferenza. […] Provo dolore anch’io per questa donna che è costretta a dissociarsi dalla propria esistenza infantile, in quanto quella bambina è piena di proiezioni, ed è diventata la discarica di fantasie, desideri e sensazioni abiette proprie e altrui”
(p. 154)

Entusiasta ed orgogliosa di condividere il mirabile contributo scientifico sul lavoro dell’implicito del mio analista e maestro, dott. Amedeo Stella, a cui va la mia immensa gratitudine. Un lavoro che mira a promuovere l’integrazione dei tre principali vertici dello spazio intersoggettivo: la psicoanalisi, le neuroscienze affettive e l’epigenetica. Con l’auspicio che la sua ricerca possa aprire nuovi varchi per accompagnare sempre più pazienti nella ricerca del loro vero Sé.

I LEGAMI TRA I LUOGHII luoghi a cui mi riferisco non sono soltanto spazi fisici da visitare ed esplorare, ma anche aree ...
13/08/2024

I LEGAMI TRA I LUOGHI

I luoghi a cui mi riferisco non sono soltanto spazi fisici da visitare ed esplorare, ma anche aree della mente spesso a noi sconosciute e temute, dunque zolle psichiche che non si accordano all’immagine dell’ideale a cui vorremmo tendere. La necessità di denegarle, disconoscendone la loro esistenza, o di proiettarle, depositandole negli altri, conduce ad una visione bidimensionale di sé e priva così della possibilità di scoprire e accogliere la multiformità del Sé. La cecità difensiva rassicura momentaneamente, ma inevitabilmente comporta delle amputazioni psichiche che impediscono lo sviluppo di germogli di potenzialità evolutive, che solo una conoscenza profonda di sé può dischiudere. Tutto questo, ovviamente, comporta la necessità di tollerare una certa quota di sofferenza psichica, di rivedere le proprie posizioni, di praticare l’intelligenza dell’umiltà, di accedere al senso di colpa e alla spinta alla riparazione. Magari si creeranno dei ponti associativi e si comprenderanno le ragioni dell’incapacità di entrare in un profondo contatto con l’altro, del predominio del fare sul sentire, dell’inabilità ad amare, della difficoltà ad attingere alla creatività del Sé, condannandosi alla noia, al taedium vitae, all’apatia. Volendo utilizzare un’epistemologia psicoanalitica, scomodando la teoria energetico-pulsionale, potremmo dire che lo scopo dovrebbe essere quello del legamento di Thanatos da parte di Eros, poiché, perché possa essere garantito un saldo equilibrio psichico, la pulsione di morte, necessaria all’economia psichica, deve essere imbrigliata e stare sotto l’egida della pulsione di vita. Il misconoscimento, come Thanatos, distrugge i legami; la conoscenza, come Eros, li crea.

Un evento, in uno scrigno-ambiente che custodisce e rispecchia l’atemporalità dell’inconscio, capace di catalizzare le f...
03/06/2024

Un evento, in uno scrigno-ambiente che custodisce e rispecchia l’atemporalità dell’inconscio, capace di catalizzare le forme più variegate di espressione della creatività e del sentire. La nudità, in tutte le sue declinazioni, è stata il fil rouge del programma, dischiudendo l’importanza di fermarsi a guardare e ad accogliere la propria e l’altrui soggettività, con uno sguardo che contiene, integra e comprende. Quello vissuto è stato un momento di coralità genuina e di scambio accogliente; i partecipanti, ora spettatori ora protagonisti, hanno dato vita ad un ambiente di osmosi affettiva e culturale, abbattendo barriere, formalismi e pregiudizi.
Un plauso speciale va al dott. Matteo De Simone, psicoanalista didatta dell’Associazione Italiana di Psicoanalisi (A.I.Psi.)/IPA, maestro non solo nella formazione psicoanalitica, ma anche nella generosità umana, affettiva e culturale.

Convegno interdisciplinare di Fonte Avellana (Pu)
31 maggio/2 Giugno 2024

Dogman è uno di quei film che ti inocula affetti intensi e pensieri contrastanti che ti accompagnano per ore e che, attr...
26/01/2024

Dogman è uno di quei film che ti inocula affetti intensi e pensieri contrastanti che ti accompagnano per ore e che, attraverso le catene associative, fecondano altri pensieri e suscitano altri affetti. Non solo viene affrontato il trauma, ma anche la “soluzione” soggettiva che ad esso il personaggio trova per sopravvivere psichicamente ad un ambiente dominato dalla pulsione di morte.
È liberamente ispirato ad un fatto vero di cronaca accaduto in Francia, in cui viene narrato il percorso evolutivo, con successivi esiti traumatici, di un bambino costretto a vivere in gabbia da un padre sadico e delirante. Le uniche figure di riferimento in cui riporre fiducia e che forniscono holding diventano i cani, che non solo rappresentano oggetti esterni a cui affidarsi senza temere i pericoli della dipendenza, ma anche oggetti interni, parti di sé aggressive, che il protagonista sguinzaglia per continuare a vivere pur essendo già morto dentro. Il protagonista porta addosso i segni della violenza e, infatti, non può più muovere le gambe. Ma forse ciò che si trova ad essere più bloccato e incapace di muoversi evolutivamente è il suo Sé, deturpato com’è da un ambiente schizofreniforme. Douglas può muoversi solo per andare incontro alla morte, che diventa l’unico modo per vivere.
Estremamente impattante è la risposta che Doug dà alla psichiatra, quando gli chiede perché proprio con lei abbia deciso di mettersi a n**o: “Perché ho riconosciuto che anche tu hai un dolore”.

🔴 POSSO EMANCIPARMI DA TE?Spesso, i tentativi di autosabotaggio del figlio nascono sia da un vissuto di colpa nei confro...
09/01/2024

🔴 POSSO EMANCIPARMI DA TE?

Spesso, i tentativi di autosabotaggio del figlio nascono sia da un vissuto di colpa nei confronti del genitore che, a differenza del figlio, non potrà permettersi di avere una vita diversa, sia dalla paura rispetto all’invidia inconscia che il genitore potrebbe nutrire nei confronti del figlio stesso. Questo può declinarsi nella difficoltà di riuscire a differenziarsi e a separarsi psichicamente dal genitore. Il figlio, così, potrebbe amputare parti di sé feconde e creative, ma trovare altresì una soluzione masochistica al suo conflitto interno. Infatti, il figlio, rimanendo un passo indietro, da un lato, scontenterebbe quella parte di sé che vorrebbe nutrire narcisisticamente il genitore attraverso i propri successi, ma dall’altro accontenterebbe quella parte di sé che teme di perdere l’amore o di minare l’equilibrio psichico del genitore qualora si permettesse di emanciparsi da esso.

Dott.ssa Claudia Boffilo - Psicologa Psicoterapeuta

Foto: Elliott Erwitt, New York, Bridgehampton, 1990

🔴 TU, MADRE, VEDI ME O HAI BISOGNO DI ME?Ogni bambino, nelle proprie fantasie inconsce, trova a chiedersi continuamente:...
02/01/2024

🔴 TU, MADRE, VEDI ME O HAI BISOGNO DI ME?

Ogni bambino, nelle proprie fantasie inconsce, trova a chiedersi continuamente: “Tu, madre, vedi me o hai bisogno di me?”.
Tutto questo va a sostanziare la riflessione sul movimento intersoggettivo che può dipanarsi all’interno della diade.
Il bambino viene vissuto dalla madre come altro da sé e, dunque, portatore di una propria diversità, oppure come parte della madre e, quindi, mutilato nella propria soggettività?
Il bambino può costruire creativamente il proprio Sé, con una madre che riesce a fare la spola tra sé e non sé, dismettendo momentaneamente i suoi panni psichici ed indossando quelli del bambino, al fine di sostenerlo nel processo di separazione-individuazione, oppure il bambino si fa trovare nel luogo del desiderio materno e, quindi, sente di essere amato non per quello che è, ma per la funzione che assolve?
Il bambino viene concepito per riparare inconsciamente ferite narcisistiche e di coppia o beneficia di un utero psichico in cui gli è consentito di sviluppare il proprio sentimento di esistenza?

Dipinto: Marc Chagall, Maternità, 1913, Museo Civico Stedelek, Amsterdam

Una lucida e profonda riflessione, di uno dei miei maestri, sull’attuale e perverso piacere voyeuristico ed esibizionist...
28/12/2023

Una lucida e profonda riflessione, di uno dei miei maestri, sull’attuale e perverso piacere voyeuristico ed esibizionistico, che conduce a letture e indagini qualunquiste e illetterate sui fenomeni che stanno dilagando nell’odierna società. Come sempre, le spiegazioni semplicistiche immobilizzano il cambiamento, bloccano il pensiero e vanno incontro alle difese arcaiche, che contrassegnano la posizione schizo-paranoide e sono lo stendardo di un Io primitivo.

Nei giorni dolorosi della morte di Giulia, ennesima donna uccisa, abbiamo assistito al tracimare inarrestabile di un'onda selvaggia in tv, sui social e sui media fatta di evacuazioni e di giudizi intemerati e indomite interpretazioni. Dal sedicente, poeta, allo scrittore famoso, dai vari e soliti guru psichiatri, criminologi, psicoterapeuti fino ai leoni di tastiera tutti oscillavano tra slogan urlati , narcisismo, esibizionismo e soprattutto qualunquismo .
Tutto questa enfatizzazione del dramma va incontro alle difese delle persone, l'esistenza di " mostri" è rassicurante, incarnano e contengono il male fuori da noi, cosi da evitare di guardare le zone oscure dentro o intorno a noi. In tal modo si denega il disagio e la sofferenza psichica, si ignora l'assoluta e grave mancanza di alfabetizzazione affettiva che trasversalmente caratterizza tutta la società attuale e le tante sacche di violenza e di sopraffazione esistenti spesso ignorate e a volte purtroppo coperte. Il corpo, nell'attuale, è merce da indossare o da possedere, quello femminile sempre più oggetto offerto ad uno sguardo maschile masturbatorio. Gli affetti sono sempre meno integrati al desiderio, la scissione tra corpo e mente è piu radicale e finanziata dal pensiero dominante. L' enfasi di questi giorni con delle punte voyeuristiche insopportabili, passati i giorni non produce alcun reale cambiamento.
Nessuno ha pensato di osservare il silenzio, non sull'evento drammatico naturalmente, ma sulla interpretazione dei fatti a tutti i costi. Abbiamo ascoltato e letto dichiarazioni in cui si afferma che gli uomini sono biologicamente e irreparabilmente aggressivi, piegando alle proprie tesi le neuroscienze, ignorando che l'identità,di uomini e donne, si forma attarverso un difficile percorso di crescita. Insomma come se lo sviluppo psicologico, l"ambiente in cui si nasce e si cresce fosse del tutto secondario, cancellando cosi secoli di studi e di conquiste. Il rimando continuo al patriarcato come principale causa di tale violenze, sottovaluta che da decenni, giustamente, la forma classica del patriarcato è in crisi, di conseguenza il problema è che non si è riusciti ancora a trovare una nuova modalità relazionale, ciò ha prodotto una grande confusione che causa moti regressivi e vissuti arcaici che in realta sono rigide difese . E' difficile abbandonare i ruoli prefissati ed accedere ad un cambiamento, richiede un impegno personale oneroso, anche perchè il pensiero dominante è ambivalente su questi temi, sbandiera e promuove evoluzioni ma poi nel concreto le sconfessa e le condizioni diventano ancora piu sfavorevoli e disidentificanti. Il cambiamento per gli uomini significa dover entrare in contatto con la loro fragilità e debolezza che a volte mette in moto, se non si hanno strumenti evolutivi, la pulsione di morte e la distruttività. Nello stesso tempo, gli uomini, devono riconoscere l'invidia arcaica per il corpo femminile che detiene la potenzialità generativa e la difficolta a separarsi da quello che una volta è stato il "tutto" cioe il corpo materno, riconoscendone la dipendenza primaria, il lutto della perdita e la difficoltà ad elaborare il distacco. La mancata elaborazione di questo processo attraverso il lutto, mette in moto una violenza ed un furore distruttivo verso le donne che rifiutano di accettare un ruolo predeterminato, tra il materno e/o l'essere usate come illusoria riparazione, mai satura, di quella ferita. La separazione dagli oggetti primari è il passaggio evolutivo fondamentale per uomini e donne, ma se la stessa madre o il padre non aiuta il figlio/a staccarsi e accedere all'autonomia le situazioni si complicano o addirittura diventano esplosive, alla continua ricerca di un ripristino forzato dell'unità fondamentale o di un risarcimento per la perdita dell'illusione. Rifiuto totale, quindi, della rottura di un rapporto su cui era proiettato la riproduzione del legame primario, ciò scatena rabbia violenta che diventa omicida, spesso anche suicidaria. Alcune importanti conquiste sociali sono state inghiottite dal potere e svuotate dalla possibilità di favorire una evoluzione trasformativa. Spesso il potere assorbe le istanze del cambiamento, per renderle innocue, in una "rappresentazione" di libertà, fasulla, che porta a confondere il proprio desiderio di soggettivizzazione con il bisogno di soddisfare solo dei bisogni, tra l'altro seduttivamente proposti dal potere, che diventano fantasmi di libertà e portano ad un falso movimento evolutivo. Questa operazione. ovviamente, invece di promuovere confronti e conflitti evolutivi ha prodotto sacche irrigidite e psicotiche di resistenza al cambiamento e creazione di tanti piccoli mondi scissi tra loro che non producono integrazione, anzi si attaccano di continuo. Chiunque non aderisce alle loro tesi è un nemico da combattere, ma soprattutto queste piccoli mondi non riescono a vedere la complessità della situazione e non percepiscono l'attacco massiccio, avendo uno sguardo strabico, alle stesse strutture di base della identità del singolo/a da parte del pensiero dominante. Ed in qualche modo, paradossalmente, diventano alleati di questo processo repressivo e favoriscono la formazione di un pensiero unico e totalitario che non tollera le differenze. Tutto cio impedisce una libera scelta o autodeterminazione ma favorisce identità per imitazione, scelte antifobiche che allucinano un '"Io" che in realtà non esiste o che perfino rimane fissato a posizioni "arcaiche" e come tale produce agiti non pensati spesso mossi da debolezza, smarrimento, paura di sentirsi persi.Tutti sembrano ignorare un fatto fondamentale che i maschi, come le femmine, nascono da un uomo ed una donna o comunque sono cresciuti da una coppia, e che sin da prima della nascita fino al sostegno durante la crescita, i genitori sono fondamentali per permettere uno sviluppo armonico e favorire un equilibrio delle istanze pulsionali e un educazione sentimentale.
Questo chiacchiericcio continuo, senza senso ed improduttivo, serve a chiudere gli occhi sul malfunzionamento della nostra società, permeata da false libertà e dalla scomparsa dei ruoli e dei passaggi di crescita. Dove ognuno vive nell'anomia e nell'isolamento e solo appartanendo ad una"squadra" si illude di esistere, assorbito dal gruppo.
La società attuale è intrisa di violenza, sia verbale che concreta, basata sul contrasto continuo e mai alla ricerca di un confronto nel tentativo di trovare similarità e nel rispetto delle differenze negli altri. La colpa è sempre di un altro/altra, questa è una societa persecutoria e disumanizzante che nasconde la sua vera natura con ipnotiche e false promesse di liberazione e offre seduttivamente istanti magici di narcisismo onnipotente a chiunque, propone che uno è uguale ad uno. I ragazzi in assenza delle famiglie amministrano la loro crescita da soli e usano internet come riferimento senza alcun filtro. Spesso si chiudono in rapporti totalizzanti che vengono usati per colmare i fallimenti ambientali di base, quindi non sperimentano la relazione ma la simbiosi, con l"imperativo assoluto che questo colmi i propri vuoti, la propria indeterminatezza. Quindi non essere due ma una sola entità con pensieri magici di eternalizzazione, e se la donna cambia o non risponde alla richiesta, non è tollerabile perche signifiica che l'altra, uscendo dalla simbiosi e divenendo autonoma, non permette piu, a quella fantasia onnipotente di esistere, e quindi di vivere .
Viene chiesta, sia alle donne che agli uomini, una crescita prematura basata sulla performance e la competizione, gli intervalli, le esitazioni non sono consentiti. E la crescita si frastaglia, o procede per strappi, senza linearità. Tutto deve corrispondere ad esseri coevi all'idea dominante e a un modello perfetto che ipervive e non muore mai e quindi è irraggiungibile perche inesistente se non attraverso un pensiero delirante. Forse dopo il dolore e la giusta rabbia bisognerebbe riflettere su quale è l'ambiente dove vivono e crescono i ragazzi e più in generale dove viviamo noi. Nessuno accetta piu il limite e quindi senza un limite non c'è la percezione di quello che si è ma neanche la possibilità di impegnarsi criticamente per superarlo, per migliorare, per crescere. Per avere una idea creativa di sé e del mondo in cui si vive, per pensare ad un futuro e alla continuità dell'esistenza.
Forse se qualcuno fosse stato in grado di "ascoltare e comprendere" le parole di Giulia, e perchè no anche il profondo malessere di Filippo, si poteva preve**re una tragedia.Nella telefonata alle amiche, perversanente offerta dalla Rai, sembra prevedibile e comprensibile quella che poi è accaduto. Forse se ci fosse una cultura in grado di scindere la rabbia dalla colpa, che possa riconoscere la patologia dei rapporti sadomadochistici o fusivi, che spesso sostituiscono i legami di base non elaborati, causando cosi l'intollerabilità per qualsiasi cambiamento o separazione dall'altra/o. Serve una grammatica delle emozioni che permetta di non sentirsi persi nel mondo alla prima frustrazione, cosi molte persone non passerebbero all'acting, distruggendo la vita dell'altra ma anche la propria. Non ci sarebbero tante morti, che spesso sono suicidi camuffati, non così tante vite andrebbero perdute. La rivoluzione deve partire dalle famiglie ma è molto difficile in un mondo che nel momento dell'evento tragico fa da grancassa ma lascia immodificato tutto il funzionamento scisso e perverso dei comparti sociali. Tra l'altro, ad esempio, ma ci sarebbero mille, basta accendere la tv, seguire i social, vedere le pubblicità ecc. Mesi fa gli stessi che oggi hanno offerto totale partecipazione al dramna e promesso cambiamento sono quelli che hanno indetto o partecipato al lutto nazionale per una persona che ha incarmato per molti anni il maschilismo piu squallido e violento, centrato su l'espressione di un ego smisurato e di donne ridotte ad oggetti compiacenti senza nome ma solo pezzi anatomici
Nei nostri studi osserviamo continuamente il frantumarsi del tessuto familiare e sociale come terreno di coltura di grosse sofferenze e di dolori indicibili che spesso causano aggressività eterodiretta o autodiretta.
Bisogna ripensare l"umano, e a volte avere il coraggio di assumere le proprie responsabilità, saper dire dei no, saper chiedere aiuto, ammettere di non capire senza sentire per questo di essere deboli. Accettare che la vita può essere vissuta solo partendo dalla consapevolezza di sé e dal rispetto per chi è diverso o non pensa piu come te.
ph: Francesca Tilio

Matteo De Simone psicoanalista didatta Associazione Italiana di Psicoanalisi A.I.Psi /I.P.A socio onorario ASSIA (Associazione siciliana per lo studio dell'infanzia e dell'adolecenza)

28/12/2023

"La consapevolezza arriva quasi sempre all'improvviso, e fa male, barcolli, vacilli, ti si apre una voragine sotto ai piedi.
Ma, immediatamente dopo, ti permette di ridare la giusta posizione alle cose, ti dona una prospettiva altra rispetto a quella delle aspettative narcisistiche, del bisogno egocentrico sentito come un diritto.
E il passo successivo è la libertà. Quella vera. Che ti obbliga all'onesta', alla trasparenza, alla presenza.
Ed è l'antidoto più efficace contro la paura"

Melanie Klein

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Breve curriculum vitae

La dottoressa Claudia Boffilo è psicologa psicoterapeuta individuale e di gruppo specializzata nella conduzione di colloqui di consulenza psicologica e di percorsi di psicoterapia ad orientamento psicodinamico, rivolti ad adulti, coppie, adolescenti e gruppi.

Ha conseguito la Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e della Salute, presso l'Università degli Studi "G. D'Annunzio" di Chieti-Pescara, con votazione di 110/110 e lode. Successivamente, ha conseguito il Diploma di Specializzazione quadriennale in Psicoterapia Psicodinamica individuale e di gruppo, con votazione di 110/110 e lode, seguendo il Training di Formazione della Scuola di Formazione di Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) di Roma, riconosciuta dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca con D.M. del 02/08/2001. Come parte del Training di Formazione, la dottoressa Boffilo ha svolto un'analisi personale a cadenza trisettimanale e attività di supervisione clinica individuale e di gruppo. È terapeuta di II livello in EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), metodo psicoterapeutico interattivo e standardizzato, scientificamente comprovato da più di 44 studi randomizzati controllati, condotti su pazienti traumatizzati, e documentato in centinaia di pubblicazioni che ne riportano l'efficacia nel trattamento di numerose psicopatologie.

È Membro Ordinario dell'Associazione Psicoanalitica Freudiana.

Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Puglia n.5229, esercita la libera professione presso il suo studio privato di Policoro (MT). Inoltre, è psicologa coordinatrice dell'équipe specialistica e dei servizi di sostegno psicologico presso ARCI Basilicata.