15/04/2025
“Quando siamo stati poco amati, noi cerchiamo una persona che ci faccia andare bene questa cosa. Spiego meglio: noi cerchiamo una persona che somigli un pochino al nostro genitore, e quindi che sia una persona poco affettiva in fondo, una persona un po’ fredda, una persona che si manifesti poco, che abbia magari pure lui paura di amare, oppure una persona un po’ dura. E quello va bene perché è come se rivivessimo la storia col genitore, ma questa volta deve andare a lieto fine. Per cui se lui o lei ci amano apertamente non rappresentano il genitore, contano meno, sono persone che appaiono addirittura deboli a volte. Se l’altro un po’ si nega, ci emoziona parecchio perché somiglia al genitore che si nega e riconquistare quel genitore che si nega è salvare il nostro passato.
Passato che non ricordiamo, eh, attenzione. Passato che non ricordiamo ma di cui abbiamo conservato le emozioni.
Quando siamo così protesi a conquistare l’amore dell’altro, l’altro non lo vediamo e quindi non lo amiamo, e quindi non sappiamo amare. [...] Quando siamo così preoccupati da come ci tratta l’altro, cioè se ci ha dato segni di amarci, se ci preferisce, se ci ha detto che siamo belli o belle, se ci ripete continuamente che ci ama, noi dell’altro poco ce ne curiamo.
Per noi lui è interessante per questo riconoscimento che ci può dare: un riconoscimento che è mancato da bambini. L’altro è quello che ci può dare l’estasi o la depressione profonda: diventa tutto per noi, ma l’altro sente che c'è una fregatura. Ci preoccupiamo di essere amati, ma non amiamo.”
Gabriella Tupini, Realtà dell'amore