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“La questione riguarda la condizione della donna, come pure quelle dell’uomo e del loro rapporto con le ormai numerose i...
17/05/2025

“La questione riguarda la condizione della donna, come pure quelle dell’uomo e del loro rapporto con le ormai numerose identità e orientamenti di genere che si stanno delineando nei profili dell’umano. È verso il riconoscimento del diritto di essere se stessi e della libertà di procedere lungo un cammino che porta alla piena auto-realizzazione che si dirige questo nostro viaggio che mira alla definizione di un aspetto estremamente critico nei rapporti di genere: l’uso culturale che viene fatto delle dimensioni del “naturale” e dello “spirituale” e di come esse vengano assolutizzate, spacciandole per necessarie le connotazioni e le relazioni, quando invece si tratta solo di banali categorie retoriche funzionali al mero mantenimento dei vantaggi di una minoranza privilegiata, che se lasciata fare porta il mondo alla rovina con guerre e indifferenza verso gli equilibri del pianeta.”

(Ibi, p. 37)





“La psicoanalisi ha rinunciato alla pretesa di poter apprendere come la persona è “davvero”, anzi l’idea stessa di una v...
25/04/2025

“La psicoanalisi ha rinunciato alla pretesa di poter apprendere come la persona è “davvero”, anzi l’idea stessa di una verità da svelare, come un archeologo in cerca di una città sepolta, non appartiene più al nostro paradigma scientifico. Questa può apparire come una ferita non di poco conto per il nostro narcisismo, che si nutre della sensazione di essere competenti, ma per fortuna c’è dell’altro.
(…) quasi tutti siamo abituati a basare la nostra vita su certezze che ci guidino. (…) l’altra faccia della medaglia è che ci stiamo disabituando all’incertezza.
(…) che cosa ha a che fare tutto ciò con il sogno?
Prestare attenzione ai sogni è un primo passo verso il fidarsi di sé, ascoltare i messaggi che vengono dal proprio mondo interiore non come se fossero inutili fantasticherie, ma come rappresentazioni vive di noi e della vita che stiamo portando avanti. Proprio a causa dell’incertezza di ogni interpretazione, siamo costretti ad accettare di non comprendere subito, o fino in fondo, quel che si muove dentro di noi.”
(pp. 103-104)

“Uno dei paradossi della vita psichica degli esseri umani riguarda il fatto che, nonostante comprendersi sia così diffic...
30/12/2024

“Uno dei paradossi della vita psichica degli esseri umani riguarda il fatto che, nonostante comprendersi sia così difficile, dentro di noi esiste una motivazione, la motivazione intersoggettiva, a incontrare l’altro mentalmente, a raggiungere un’intimità psicologica. La motivazione intersoggettiva permette la creazione di stati di connessione mentale (wemode) che consentono di sperimentare una sensazione di comprensione e di sicurezza. La motivazione intersoggettiva, a differenza di altre motivazioni interpersonali come l’attaccamento, è però sempre presente - magari con gradienti differenti. Da ciò consegue che, anche nei momenti di rottura relazionale, quando la possibilità di comunicare e comprendersi è ridotta al minimo, ogni percezione diventa conscia al fine di poter essere comunicata e compresa da un’altra mente.
La motivazione intersoggettiva per poter attuarsi e raggiungere la sua meta, la vicinanza mentale con l’altro, ha però bisogno di una funzione psicologica, la mentalizzazione, che rappresenta la capacità mentale di interpretare il proprio e altrui comportamento in termini di stati mentali intenzionali.
La mentalizzazione si caratterizza tanto per una componente di tratto, come caratteristica stabile del funzionamento di un individuo, quanto per una componente di stato.
La mentalizzazione, infatti, dipende in parte anche dalla mentalizzazione dell’altro con il quale stiamo interagendo. Questa caratteristica dell’altro conduce a due conseguenze. La prima è che possiamo influenzare la mentalizzazione dell’altro con il quale stiamo interagendo, per esempio un paziente, incrementando la sua mentalizzazione. La seconda è che possiamo essere influenzati negativamente da una mentalizzazione deficitaria da parte dell’altro o viceversa noi stessi possiamo influenzare negativamente la sua capacità mentalizzante.”

(pp. 14-15)

19/11/2024

Sabato 5 ottobre 10:30-12:00Corso Sebastopoli 286, TorinoPresentazione del libro:“Menti che si svelano: caratteristiche ...
02/10/2024

Sabato 5 ottobre 10:30-12:00
Corso Sebastopoli 286, Torino

Presentazione del libro:

“Menti che si svelano: caratteristiche e funzioni della self-disclosure dell’analista” in videoconferenza con il Dott. Giuseppe Craparo, Psicologo e Psicoanalista, Docente Universitario.
Moderano l’incontro il Dott. Filippo Bellavia e la Dott.ssa Sara Larice

Ingresso gratuito, prenotazioni via mail info@istitutoforbas.it o telefonando al +393791013164

Menti che si svelano Autore Sara Larice on 01 October 24 "Menti che si svelano: Caratteristiche e funzioni della self-disclosure dell’analista" di Giuseppe Craparo, edito da Franco Angeli, è un libro diviso in due parti.Nella prima l’autore da spazio ad una rassegna approfondita sulla relazione...

08/09/2024
FINALMENTE SI DA CONTEZZA ALLE ORFANE BIANCHE- Voi cosa siete, madri o figlie?•…figlie.- E allora perché comandate?• non...
13/08/2024

FINALMENTE SI DA CONTEZZA ALLE ORFANE BIANCHE

- Voi cosa siete, madri o figlie?
•…figlie.
- E allora perché comandate?
• non comandiamo, suor Modestina. Noi guidiamo. Le nostre sono madri bambine.
- Madri bambine, bene. Da quando?
• In coro: “Da quando siamo nate noi!”
- Allora voi siete come orfane? Giusto?

(p. 225)

“Straziante è sentirci abbandonare da chi ci ha amati. Ogni giorno un pezzetto: dapprincipio è sbadataggine - non afferra la mano - assenza - sarà malinconica? - dimenticanza - il nome - confusione - una parentela scambiata, negata. Si chiama demenza senile. Adesso, assai frequentemente, Alzheimer - come volete, ci si è intesi. Ma, se quella distanza che aumenta non è mai stata una prossimità, allora non è lacerazione, strappo. Ma tragedia. Coesistenza di opposti. Ambivalenza. Poiché non c’è la separazione dalla fonte d’amore, ma dalla speranza di essere amati. Dalla possibilità di correggere, di riparare. Pazzia.
Le orfane sono eroine di una tragedia. Desiderare vendetta nei confronti di chi ci ha generati è un abominio. Uno stigma. Esse devono perdonare il loro aguzzino. Tenerlo in vita.
Non meritano il nostro scherno.”

(p. 237)

Come il lavoro psicoterapeuticomigliora l’adattamento modificando la morfologia cerebrale? Come esseri umani necessitiam...
10/02/2024

Come il lavoro psicoterapeutico
migliora l’adattamento modificando la morfologia cerebrale?

Come esseri umani necessitiamo di un un adattamento ad ambienti complessi e in continuo cambiamento, perciò abbiamo bisogno di fare delle scelte che comprendono un ampio range di opzioni.
Che si parli della selezione di cibo o di nutrimento affettivo, scegliamo dirigendo l’attenzione su differenti oggetti o situazioni, sia familiari o prevedibili che di maggiore novità o imprevedibili (e maggiormente sorprendenti).
Il nostro cervello necessita di costruire un repertorio di scenari di sopravvivenza, per bilanciare i probabili rischi con cui, come persone, dovremo confrontarci nel corso della nostra esistenza.
Di fronte alle novità abbiamo bisogno di fare delle previsioni di come andrà e di affinare la capacità di minimizzare l’errore di previsione, cosicché possiamo continuamente mettere in atto il riesame del rapporto tra gli “a priori” (ossia il significato attribuito all’esperienza sulla base dello stimolo in memoria), e gli “a posteriori” (ossia le rappresentazioni della realtà esterna e interna a seguito all’esperienza), e ciò incrementa l’adattamento.
Così l’energia mentale può essere legata in rappresentazioni stabili della realtà e quindi minimizzare l’errore delle nostre previsioni: questo processo è molto motivante e fonte di benessere.
Tuttavia quando siamo demotivati, oppure le nostre procedure di previsione sono compromesse da una scarsa capacità di rappresentabilità, gli stati affettivi negativi cronici possono predire la comparsa di una malattia psicologica.
La psicoterapia cerca di creare delle condizioni del tipo “duetto per uno” in cui anche la sorpresa, esperienza potenzialmente caotica e dolorosa in quanto contrapposta alla minimizzazione dell’errore, diventa ammissibile e piacevole:

“(..) se due persone in interazione suppongono reciprocamente che l’altro sia “simile” a sé, i confini energetici tra loro vengono temporaneamente smantellati. Essi costruiscono insieme un “cervello condiviso” (..) capace di inferenza attiva e di rivalutazione a priori e a posteriori.
(..) Mentre imparano l’uno dall’altro, l’architettura dei loro cervelli e i sistemi di memoria si modificano vicendevolmente.
La sincronia che ne consegue ricorda la nozione psicoanalitica di “terzo” (Ogden, 1994) ovvero un’idea, un sentimento, un’immagine che nascono da due partecipanti che si trovano in una condizione di intimità (..) e ai quali entrambi contribuiscono, ma che non appartengono a nessuno dei due. (..) Come hanno affermato Friston e Frith, (2015) questo produce un “duetto per uno” ovvero una narrazione collettiva che viene condivisa tra due agenti comunicativi (..).
(..) la presenza di un altro fidato il cui cervello possa essere temporaneamente “preso in prestito” libera colui che soffre dal proprio cronico errore di previsione. Nei casi in cui lo sviluppo procede agevolmente, questo altro sarà un genitore, un amico, un amante o un partner. Quando ciò non accade, questo ruolo viene svolto dallo psicoterapeuta.”

(Ibid., pp. 32-33)

«Distinguo tra dipendenze felici, che ci legano agli altri e ci permettono di prosperare, e dipendenze patologiche, che ...
18/01/2024

«Distinguo tra dipendenze felici, che ci legano agli altri e ci permettono di prosperare, e dipendenze patologiche, che ci isolano e ci avvelenano. L’obiettivo non è sradicare la dipendenza ma renderla meno tossica, evitando di cadere in insopportabili schiavitù. Dobbiamo pensare alle condizioni per una dipendenza felice e creativa che ci dia la sensazione di una vita intensa, perché connessa agli altri e all’ambiente. La dipendenza è un luogo di costruzione e realizzazione di sé ma anche di autodistruzione e alienazione. Prendiamo per esempio la dipendenza da amore. La dipendenza più forte e temuta non è quella da sostanze ma quella da qualcun altro. La dipendenza dall’amore è fonte di preoccupazione e dolore perché se perdo la persona amata mi sembra di perdere una parte di me stesso e di morire. Ma la dipendenza dalla persona amata può anche essere fonte di intensa gioia, mi arricchisce, mi accresce, mi espande».

Come incoraggiare quindi una dipendenza non patologica?

«Per favorirla, l’individuo deve imparare a elaborare esperienze come la mancanza, la separazione e la perdita. Il miglior baluardo contro le devastazioni della dipendenza e dell’assuefazione non è l’indipendenza, il distacco o l’indifferenza. Come se ne fossimo capaci, poi! Ma desiderare e amare veramente qualcuno o qualcosa, quasi sempre legata a qualcuno. Desiderare e amare davvero qualcuno ci espone all’incontro con un altro che non compensa le nostre mancanze. In questo modo, impariamo a sopportare la mancanza, a trasformare l’esperienza della mancanza in una fucina di creatività e sensibilità. La mancanza non è solo un’esperienza negativa».

https://www.avvenire.it/agora/pagine/viviamo-incapaci-di-dipendenze-felici?fbclid=IwAR3rU1oDve-iuatLQPJLLuIlsybRr-fvxlDRO-nHAZ7nQpIUzfVirLOfGC8_aem_AUjiWpSqjh5p8nVtWkRF0bx4sWxk5-nYeCBE0TP7i22a5fto2SbE_vMuJshrZS9SxzI

«È il dramma dell’Occidente capitalista. Siamo come adolescenti travolti da pulsioni consumiste autodistruttive e inestinguibili. Bisogna educare a vivere la perdita»

Conoscere il proprio modo di sostenere le scelte analizzandone la dinamica, significa affrontare pesanti stati di angosc...
25/09/2023

Conoscere il proprio modo di sostenere le scelte analizzandone la dinamica, significa affrontare pesanti stati di angoscia.
Prendersi cura del proprio apparato psichico, che serve a sentire e pensare la sofferenza che il vivere consapevolmente implica, permette di affrontare le scelte della vita con responsabilità, apprezzandone il valore.


Non posso liberarmi dalla responsabilità della scelta, non posso sottrarmi al suo peso. Anche se scelgo di non scegliere, questa opzione resterà sempre espressione di una scelta singolare. Ecco perché Sartre affermava che siamo sempre "soli e senza scuse". Per questa ragione, la libertà non è solamente una brezza, una corsa, ma implica sempre la tentazione ambigua della sua negazione, la tentazione di disfarsi della libertà. Anzi, potremmo addirittura affermare che la vita umana sia lacerata dalla libertà. È aspirazione alla libertà e, al tempo stesso, angoscia di fronte alla libertà.

Massimo Recalcati, "La tentazione del muro. Lezioni brevi per un lessico civile", Feltrinelli, Milano 2020, pp. 100-101

SC

OMOFOBIE E OMOSSESSUALITÀ‘La ricerca sull’omosessualità inizia così a cedere il passo alla ricerca sull’omofobia (Weinbe...
08/07/2023

OMOFOBIE E OMOSSESSUALITÀ

‘La ricerca sull’omosessualità inizia così a cedere il passo alla ricerca sull’omofobia (Weinberger, 1972). La domanda non è più “Perché è omosessuale?” (una domanda rimasta senza risposta, esattamente come l’omologa, anche se raramente formulata, “Perché è eterosessuale?”), ma “Perché ha ostilità, paura, disgusto verso l’omosessualità e gli omosessuali?”.
(p. 5)

‘Non esiste una sola omosessualità, come non esiste una sola eterosessualità. Esistono tante forme sia sane che patologiche, di vivere o esprimere la sessualità. “Il fatto che la sessualità implichi una compenetrazione di corpi e di bisogni”, scrive Stephen Mitchell (1988, p.96), “rende le sue infinite variazioni strumenti ideali per rappresentare i desideri, i conflitti e le trattative nelle relazioni con gli altri. Il sesso è un potente organizzatore dell’esperienza.”
In altri termini, se le persone omosessuali possono essere sane come quelle eterosessuali, sia le une sia le altre possono essere affette da nevrosi, psicosi o altre psicopatologie’.
(p. 7)

LA DIFFERENZA TRA FATO E DESTINO“Fato deriva dal latino fatum, participio passato di fari che significa parlare.(..)Dest...
23/06/2023

LA DIFFERENZA TRA FATO E DESTINO

“Fato deriva dal latino fatum, participio passato di fari che significa parlare.
(..)
Destino, dal latino destinare, significa rimanere fermo, e la parola destinazione deriva da questa radice.
(..)
Ma che posto hanno questi due termini in psicoanalisi? La persona malata che viene in analisi perché ha sintomi nevrotici, o problemi di carattere, o idee e dolori psicotici, può essere descritta come una persona colpita dal fato.
Cioè soffre di qualcosa che non può specificare, che ha un certo potere sulla sua vita e che riesce ad interferire seriamente con la sua capacità di lavorare, di provare piacere, o di formare rapporti intimi.
E potremmo dire che il sintomo classico è una specie di oracolo. Una volta che lo si è capito, districato mediante le associazioni e la scoperta del significato latente, si può essere liberi dalla maledizione favorita dal fatto che non la si conosceva.
Ma insieme al fato, la persona porta con sé in analisi un destino che può essere solo un potenziale, la cui attualizzazione dipende non tanto dalla scoperta della sintomatologia oracolare del sogno, quanto dal movimento nel futuro mediante l’uso dell’oggetto, uno sviluppo che gli psicoanalisti definiscono transfert.
(..)
Penso che si possa usare l’idea di fato per descrivere il senso che una persona può avere di essere determinato dalla storia della sua vita, in cui il vero Sé non è stato incontrato né facilitato nell’esperienza vissuta.
Una persona che si sente colpita dal fato è già una persona che non ha sperimentato la realtà in quanto favorevole alla soddisfazione del suo idioma interno.
(..)
Esiste (..) una spinta a costituire il proprio Sé. Questa pulsione del destino è la forza imminente all’idioma del soggetto che tenta di realizzare il proprio potenziale di elaborazione personale.”
(pp. 27-29)

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