10/02/2024
Come il lavoro psicoterapeutico
migliora l’adattamento modificando la morfologia cerebrale?
Come esseri umani necessitiamo di un un adattamento ad ambienti complessi e in continuo cambiamento, perciò abbiamo bisogno di fare delle scelte che comprendono un ampio range di opzioni.
Che si parli della selezione di cibo o di nutrimento affettivo, scegliamo dirigendo l’attenzione su differenti oggetti o situazioni, sia familiari o prevedibili che di maggiore novità o imprevedibili (e maggiormente sorprendenti).
Il nostro cervello necessita di costruire un repertorio di scenari di sopravvivenza, per bilanciare i probabili rischi con cui, come persone, dovremo confrontarci nel corso della nostra esistenza.
Di fronte alle novità abbiamo bisogno di fare delle previsioni di come andrà e di affinare la capacità di minimizzare l’errore di previsione, cosicché possiamo continuamente mettere in atto il riesame del rapporto tra gli “a priori” (ossia il significato attribuito all’esperienza sulla base dello stimolo in memoria), e gli “a posteriori” (ossia le rappresentazioni della realtà esterna e interna a seguito all’esperienza), e ciò incrementa l’adattamento.
Così l’energia mentale può essere legata in rappresentazioni stabili della realtà e quindi minimizzare l’errore delle nostre previsioni: questo processo è molto motivante e fonte di benessere.
Tuttavia quando siamo demotivati, oppure le nostre procedure di previsione sono compromesse da una scarsa capacità di rappresentabilità, gli stati affettivi negativi cronici possono predire la comparsa di una malattia psicologica.
La psicoterapia cerca di creare delle condizioni del tipo “duetto per uno” in cui anche la sorpresa, esperienza potenzialmente caotica e dolorosa in quanto contrapposta alla minimizzazione dell’errore, diventa ammissibile e piacevole:
“(..) se due persone in interazione suppongono reciprocamente che l’altro sia “simile” a sé, i confini energetici tra loro vengono temporaneamente smantellati. Essi costruiscono insieme un “cervello condiviso” (..) capace di inferenza attiva e di rivalutazione a priori e a posteriori.
(..) Mentre imparano l’uno dall’altro, l’architettura dei loro cervelli e i sistemi di memoria si modificano vicendevolmente.
La sincronia che ne consegue ricorda la nozione psicoanalitica di “terzo” (Ogden, 1994) ovvero un’idea, un sentimento, un’immagine che nascono da due partecipanti che si trovano in una condizione di intimità (..) e ai quali entrambi contribuiscono, ma che non appartengono a nessuno dei due. (..) Come hanno affermato Friston e Frith, (2015) questo produce un “duetto per uno” ovvero una narrazione collettiva che viene condivisa tra due agenti comunicativi (..).
(..) la presenza di un altro fidato il cui cervello possa essere temporaneamente “preso in prestito” libera colui che soffre dal proprio cronico errore di previsione. Nei casi in cui lo sviluppo procede agevolmente, questo altro sarà un genitore, un amico, un amante o un partner. Quando ciò non accade, questo ruolo viene svolto dallo psicoterapeuta.”
(Ibid., pp. 32-33)