12/08/2025
“Quello che nessuna scuola di psicoterapia ti insegna
Non l’ho imparato nei master, né nei convegni internazionali, né nei libri di tecnica.
L’ho capito una notte di molti anni fa, in una stanza senza orologi, con una donna seduta davanti a me che tremava come se la sua pelle non fosse più un posto sicuro.
Non c’era divano di design, niente aromaterapia, nessuna luce calda studiata ad arte. Solo due sedie, un silenzio spesso e il coraggio disperato di chiedere aiuto.
Non avevo strumenti miracolosi, avevo solo la mia presenza. E ho scoperto che, a volte, è abbastanza.
Non è stato il giorno in cui ho ricevuto il mio primo attestato che sono diventato psicoterapeuta.
È stato il giorno in cui ho smesso di voler “aggiustare” le persone per imparare a stare con loro, anche quando non c’era nulla da fare se non restare.
La psicoterapia che amo è nata così: in stanze piccole, con la paura che si poteva toccare con mano, e con la fiducia che qualcuno ti concede solo quando gli dimostri che non scapperai.
Non importano i protocolli, i test standardizzati o le mode del momento. Quello che conta è sapere che, quando il mondo dell’altro sta crollando, tu sei lì.
Nei manuali ti insegnano le tecniche, i modelli, i protocolli. Ma nessuno ti dice che ci saranno sedute in cui l’unica cosa che potrai offrire sarà un fazzoletto, o il permesso di piangere senza sentirsi sbagliati.
Nessuno ti dice che ti porterai a casa frammenti delle storie che ascolti: frasi, sguardi, respiri interrotti… e che a volte ti sveglierai di notte pensando a come sta quella persona.
Ho un cassetto pieno di biglietti, disegni, piccoli oggetti che i pazienti mi hanno lasciato. Non hanno valore per il mondo, ma per me sono il promemoria che ogni storia che ho ascoltato ha lasciato un segno.
E che anche se non puoi salvare tutti, puoi provare. Sempre.
La verità è che nessuna università ti prepara al momento in cui un paziente ti guarda e ti dice: “Non ce la faccio più”.
Nessuno ti spiega come restare in quella frase senza riempirla di consigli prematuri, come sopportare il peso di una pausa che sembra infinita.
Eppure è lì, in quell’istante sospeso, che capisci di essere nel posto giusto: presente, umano, vivo.
Perché la psicoterapia non è (solo) far star meglio le persone.
È onorare il loro dolore, restare accanto mentre imparano a respirare di nuovo, credere in loro anche quando loro non ci riescono.
È sapere che, quando usciranno da quella porta, forse non sarà cambiato tutto… ma qualcosa sì.
Non puoi guarire ogni ferita.
Ma puoi fare in modo che nessuno debba affrontarla da solo.
E questo, per me, vale più di qualunque teoria.”
Enrico Chelini psicoterapeuta