
07/05/2025
Questa fotografia è stata scattata nel 1993. Trent’anni e 25 miliardi di dollari di aiuti umanitari più tardi, il Sud Sudan resta il Paese più povero, corrotto e pericoloso del mondo.
Il suo nome era Kong Nyong. Era un bambino, non una bambina, a differenza di quel che il mondo ha creduto per 18 lunghi anni. Non è morto appena dopo quello scatto, a dispetto di ciò che i critici che hanno indotto Kevin Carter, il fotografo, a credere. Carter si è tolto la vita per il senso di colpa. Ma Kong Nyong, nonostante la denutrizione, almeno a quella tragedia, è sopravvissuto, proprio come il 57% dei bambini sud sudanesi che fanno ancora la fame oggi.
Nel 1993, durante la Seconda guerra civile in Sudan, il 50% dei bambini faceva la fame. Oggi, più di 30 anni e oltre 25 miliardi di dollari più tardi, a fare la fame è il 57% dei bambini.
Trent’anni fa, l’avvoltoio era un animale. Ora è l’essere umano.
Chi mi conosce lo sa, sono estremamente critico della natura e del funzionamento dell’ONU e delle sue agenzie: strutture vetuste, politicizzate e di matrice imperialista americana. Il vero problema qui è che la stragrande maggioranza della gente non sa di cosa stia parlando. Molti faticano a distinguere la cooperazione internazionale dall’associazionismo, l’aiuto umanitario dalle missioni religiose e le Nazioni Unite dalle ONG, e pensano che io critichi l’insieme. No. Facciamo chiarezza. Le Nazioni Unite (ONU) e le sue agenzie (UNICEF, UNHCR, WHO, WFP, ecc…) non sono “associazioni” né “ONG”. Sono entità intergovernative e sovranazionali, finanziate dagli Stati Membri e le cui agende politiche sono definite dal Consiglio di Sicurezza - USA, Francia, Regno Unito, Russia e Cina - e da chi le finanzia maggiormente: gli USA.
E per quanto le Nazioni Unite possano anche essere considerate una realtà teoricamente benintenzionata e motivata dalla pace e dai diritti umani, nella pratica fanno gli interessi politici, economici e imperialistici dei propri finanziatori, ricoprendo un ruolo sì vitale nelle emergenze, ma rallentando gravemente lo sviluppo dei Paesi “aiutati” nel lungo periodo.
E ora ti spiego perché.
Durante la Seconda guerra civile in Sudan (1983-2005), 1.3 milioni di persone erano a rischio di fame e 100,000 persone facevano la fame, tra cui il 40% di tutti bambini. Gli aiuti umanitari, finanziati principalmente dagli USA, hanno raggiunto oltre 1 milione di persone, riducendo la mortalità da 20 a 5 persone all’ora in quegli anni. Tra i salvati, Kong Nyong che, dopo la fotografia, si è rialzato e ha raggiunto un centro nutrizionale dell’ONU ed è sopravvissuto. Si stima che gli aiuti abbiano salvato circa 500.000 vite in 10 anni tra Sudan e Sud Sudan.
E questo è un bene che nessuno può cancellare.
Tuttavia, gli USA, e per estensione l’ONU, non si sono limitati agli aiuti umanitari durante la guerra. Non si sono proposti come un agente imparziale nella ricostruzione. E non si sono limitati alla diplomazia durante la partizione dei due Sudan. Hanno affondato gli artigli.
A oggi, il PIL del Sud Sudan è pari a 3,6 miliardi. Di questi, 2 miliardi provengono dagli aiuti. I restanti 1,6 miliardi dal petrolio, venduto a basso costo proprio ai Paesi che erogano gli aiuti.
Coincidenza?
Il Sud Sudan è un Paese molto fertile. Il Nilo lo attraversa, e intorno ad esso si estendono migliaia di km quadrati di foreste. Eppure l’agricoltura ammonta allo 0,1% del PIL. Questo, in un Paese in cui il 70% della popolazione potrebbe vivere di lavoro agricolo, costringe il Sud Sudan a dipendere da 500 milioni di dollari annui di aiuti in cibo importato dagli USA.
Coincidenza?
Dei due miliardi di dollari di aiuti investiti ogni anno in Sud Sudan, un report evidenzia come solo il 2% sia destinato allo sviluppo (fonte: Banca Mondiale, 2023). In più, un report di Overseas Development Institute (2019) rivela che circa l’80% degli aiuti tornano al Paese finanziatore attraverso i salari dello staff espatriato, gli appalti internazionali e la logistica. In più, dopo l’indipendenza, le agenzie umanitarie, le quali, per esempio, gestiscono l’80% degli ospedali sud sudanesi, si sono sostituite al governo, creando, di fatto, uno “stato del welfare” privo di autosufficienza, come denunciato dal Journal of Development Studies nel 2020.
Coincidenza?
No, certo che no.
Gli aiuti umanitari che persistono oltre l’esaurirsi dell’emergenza si trasformano in una gruccia permanente, causando atrofia economica, corruzione e dipendenza, indebolendo il Paese “aiutato” e lasciandolo alla mercé dello sfruttamento per mano delle multinazionali straniere.
Il problema, qui, NON sono gli stipendi esorbitanti (5-15.000$ al mese per lo staff espatriato), i SUV da 100.000$ e le ville con piscina benefit. Se una persona fa bene il proprio lavoro e le proprie competenze sono rare e ricercate, deve essere pagata ANCHE IL DOPPIO. Per favore non fermatevi davanti al salario con le torce e i forconi. E soprattutto non banalizzate le mie denunce. Perché il crimine è molto più grave del solo sperpero di denaro. Il problema dell’ONU è che i Paesi finanziatori sfruttano gli aiuti - e le buone intenzioni degli operatori umanitari - per esercitare influenza neo-imperialista: aiuti umanitari in cambio di accordi petroliferi in Sud Sudan, di cobalto in RD Congo e di lealtà politica in tutto il resto del mondo.
È questa la mia reale denuncia. Non: “Le ONG sono cattive, e Still I Rise è l’unica buonah!!1”
Ma: “L’ONU è nata con uno scopo nobile, e poi è diventata uno strumento politico.”
Tutto il resto per me è irrilevante. È propaganda. È populismo. E fa il loro gioco.
E ora potete saltarmi alla gola.