Roberto Cavaliere Psicoterapeuta

Roberto Cavaliere Psicoterapeuta Dott. Roberto Cavaliere - Studio in Milano, Roma, Napoli e Salerno - responsabile sito www.maldamore.it - tel 320 8573502 email: cavalierer@iltuopsicologo.

🤳 DISMORFOFOBIA DIGITALE : L'Impatto dei Filtri dei social sull'Immagine CorporeaLa Dismorfofobia Digitale (DD) rapprese...
25/11/2025

🤳 DISMORFOFOBIA DIGITALE : L'Impatto dei Filtri dei social sull'Immagine Corporea

La Dismorfofobia Digitale (DD) rappresenta un'espressione contemporanea e tecnologicamente mediata del Disturbo di Dismorfismo Corporeo (DDC), come definito nel DSM-5. Sebbene non sia un'entità diagnostica ufficiale a sé stante, il termine descrive l'aumento o la precipitazione di preoccupazioni dismorfiche in individui a seguito della costante esposizione e interazione con la propria immagine digitalmente modificata (filtri, editing, videochiamate). Per lo psicoterapeuta, è cruciale riconoscere questo fenomeno come un fattore di mantenimento e, in alcuni casi, scatenante, dei sintomi del DDC.

🔬 Inquadramento Tecnico-Clinico
Basi Concettuali e Meccanismi
La DD si manifesta primariamente come un'intensa preoccupazione per uno o più difetti percepiti nel proprio aspetto fisico, spesso inosservabili o minimi per gli altri, che viene esacerbata dal contesto digitale.
Due fenomeni meritano attenzione clinica:
✅ "Selfie Dysmorphia" o "Snapchat Dysmorphia": La tendenza a ricercare modifiche estetiche o chirurgiche per assomigliare alla propria immagine filtrata o editata. Questa discordanza tra il "Sé Digitale Ideale" e il "Sé Reale" crea una fonte di intenso stress e insoddisfazione corporea.
✅ "Zoom Dysmorphia": Preoccupazione focalizzata sul proprio aspetto durante le videochiamate, che amplifica l'attenzione su asimmetrie, rughe o difetti percepiti, spesso a causa della visuale ravvicinata e non speculare che la videocamera impone.
✅ Meccanismo Psicosociale: L'uso intensivo dei social media espone il soggetto a un flusso costante di immagini di perfezione alterata, innescando un meccanismo di confronto sociale ascendente (con persone percepite come "migliori") che alimenta l'insoddisfazione (Vedi ).
✅ Meccanismo Cognitivo: L'uso dei filtri funge da rinforzo negativo; allevia temporaneamente l'ansia legata all'esposizione di un'immagine "difettosa", ma al contempo consolida la credenza disfunzionale che l'aspetto non modificato sia inaccettabile, aumentando la dipendenza dal digital perfectionism.

Comportamenti Compulsivi e di Evitamento
Come nel DDC classico, i pazienti con DD presentano comportamenti ripetitivi e ritualistici in risposta alle preoccupazioni:
✅ Controllo/Verifica: Scattare infinite selfie fino a trovarne una "accettabile", controllo compulsivo della propria immagine sullo schermo durante le videochiamate.
✅ Camuffamento Digitale: Uso eccessivo e meticoloso di filtri, app di editing, e impostazioni di luminosità/angolazione prima di postare o partecipare a una call.
✅Ricerca di Rassicurazione: Chiedere ripetutamente agli altri (online o offline) sull'aspetto del difetto percepito.
✅Evitamento Sociale: Rifiuto di partecipare a foto o video senza pre-modifica, evitamento di eventi sociali per paura del giudizio sul proprio aspetto reale.

🧠 Approccio Psicoterapeutico (Orientamento Cognitivo-Comportamentale - TCC)
Il trattamento di elezione per il DDC (e, per estensione, per la DD) rimane la Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC), spesso in combinazione con la farmacoterapia (SSRIs).

1. Psicoeducazione e Ristrutturazione Cognitiva
✅ Psicoeducazione sulla DD: Normalizzare l'esperienza e spiegare il legame tra tecnologia, standard di bellezza irrealistici e lo sviluppo/mantenimento dei sintomi. È fondamentale smascherare la "falsa realtà" dei filtri.
✅ Analisi delle Credenze: Identificare e mettere in discussione le credenze disfunzionali legate all'aspetto (es. "Se non ho l'aspetto che ho con il filtro, sono un fallimento", "Il mio valore dipende da quanti like ricevo").
✅ Tecnica del Doppio Standard: Aiutare il paziente a vedere che gli standard di bellezza che applica a sé stesso sono irrealistici, anche per coloro che idolatra online.

2. Esposizione con Prevenzione della Risposta (ERP) ad Hoc
L'ERP è centrale e deve essere adattata al contesto digitale:
✅Esposizione allo Specchio Modificata (Mirror Retraining): Inizialmente, il paziente si espone allo specchio/videocamera per un tempo controllato, con l'obiettivo di concentrare l'attenzione su caratteristiche globali anziché sul difetto. Per la DD, può includere:
✅Esposizione all'Immagine Reale: Guardare la propria immagine nella videocamera senza filtri per un tempo stabilito, resistendo all'impulso di chiudere o modificare.
✅Registrazione Video (Non Filtrata): Registrarsi parlando senza filtri e guardare il video, accettando gradualmente le imperfezioni naturali del movimento.
✅ Prevenzione della Risposta Digitale:
➡️ Ridurre progressivamente l'uso di app di editing e filtri.
➡️Pubblicare o inviare foto non modificate (exposure in vivo/in vitro).
➡️Partecipare a videochiamate con la propria immagine nascosta o senza l'uso di background che camuffino.

3. Terapia Metacognitiva (MCT)
Data la natura ossessiva del DDC, l'MCT può essere utile per affrontare i processi di pensiero (il "che fare con il mio pensiero dismorfico"). Lavorare sulla Metacognizione Positiva (es. "Preoccuparmi mi aiuta a sembrare migliore") e Negativa (es. "Non ho controllo sui miei pensieri dismorfici") per ridurre il Monitoraggio Attenzionale Eccessivo e la Rimuginazione legate all'aspetto.

4. Interventi sul Contesto Digitale
✅Igiene Digitale: Limitazione del tempo trascorso sui social media, eliminazione dei trigger (es. influencer o account che promuovono canoni di bellezza irrealistici).
✅Focus sul Funzionamento: Riorientare l'attenzione del paziente sull'uso della tecnologia come strumento di comunicazione/lavoro anziché come vetrina per l'aspetto.
✅ Promozione dell'Autenticità: Incoraggiare il valore della propria immagine corporea e identità al di là dell'approvazione digitale (la like culture).

⚠️ Considerazioni e Diagnosi Differenziale
È fondamentale distinguere la DD da una normale insoddisfazione corporea: la DD implica una preoccupazione intensa e pervasiva che causa disagio clinicamente significativo o compromissione in aree importanti della vita.
✅DDC: L'insoddisfazione è focalizzata su uno o più difetti percepiti, con messa in atto di comportamenti ritualistici.
✅ Disturbi Alimentari (DA): La preoccupazione è focalizzata principalmente sul peso e la forma corporea generale. Possono coesistere; in tal caso, il trattamento deve indirizzare entrambi i cluster sintomatici.
✅Depressione/Ansia Sociale: La DD può essere associata a questi disturbi, ma la preoccupazione primaria rimane l'aspetto fisico.
La Dismorfofobia Digitale è un monito clinico sulla rapida evoluzione della psicopatologia mediata dalla tecnologia. Richiede un approccio terapeutico che onori i principi fondanti del trattamento del DDC, integrandoli con strategie che tengano conto delle sfide specifiche poste dall'ubiquità dell'immagine digitale.
Roberto Cavaliere Psicoterapeuta

19/11/2025

MIRRORING: sentirsi visti davvero ✨
Ti è mai capitato di parlare con qualcuno e avere la sensazione che ti stia leggendo dentro?
Ecco, quello è il mirroring: quando l’altro rispecchia i tuoi stati d’animo, il tuo tono, le tue emozioni.

Non è imitazione, è riconoscimento.
Fin da bambini cresciamo grazie a questo processo: il sorriso di un genitore che risponde al nostro, uno sguardo che accoglie la tristezza, una voce che calma l’ansia. È così che impariamo a dare un nome a ciò che sentiamo e a costruire un senso stabile di noi stessi.

Nelle relazioni adulte, il mirroring resta fondamentale: ci fa sentire capiti, meno soli, più sicuri. Quando manca, invece, ci possiamo percepire invisibili o svalutati.

In terapia, il mirroring diventa uno strumento prezioso: permette di comprendere meglio le proprie emozioni e rafforza l’autostima.
Nella vita di tutti i giorni, è ciò che rende un legame autentico.

Perché alla fine, ciò che cerchiamo nelle relazioni è semplice: qualcuno che ci rifletta, per sentirci visti davvero. 💡

👉Da chi ti sei sentita e/o ti senti vista davvero ???
Roberto Cavaliere Psicoterapeuta

✨ Eutanasia affettiva: quando il cuore si arrende prima di noi ✨A volte in seduta arriva una frase che graffia l’aria.Un...
18/11/2025

✨ Eutanasia affettiva: quando il cuore si arrende prima di noi ✨

A volte in seduta arriva una frase che graffia l’aria.
Un paziente oggi l’ha chiamata “eutanasia affettiva”: la rinuncia silenziosa a cercare relazioni, un gesto di resa davanti allo squallore che si percepisce là fuori.
È come spegnere la lampada perché il mondo sembra buio.
Eppure la lampada è nostra.

💧 Come si manifesta?
L’eutanasia affettiva si infiltra piano, con piccoli segnali che sembrano solo stanchezza:
– il “non mi va” che diventa cronico
– il chiudersi per non essere feriti ancora
– il confondere la prudenza con la rinuncia
– l’idea amara che “tanto sono tutti uguali”
– il desiderio c’è, ma è messo a dormire per sfinimento

È un congelamento emotivo che non grida, ma svuota.
Una protezione che diventa prigione.

🌫 Le possibili cause
Spesso è il risultato di ferite accumulate: amori disfunzionali, relazioni ambigue, tentativi ripetuti finiti nel nulla.
A volte nasce da delusioni più sottili: l’incontro con superficialità, l’impressione che nessuno voglia davvero “stare”, la sensazione di non essere più riconosciuti nella propria profondità.
E poi c’è la fatica delle aspettative non corrisposte, che logora più di un litigio.

🌱 E cosa si può fare?
La terapia, in questi casi, è un viaggio lento e gentile.
Non si chiede subito al cuore di riaprirsi: gli si chiede di respirare.
Si lavora su tre direzioni fondamentali:

1. Rimettere in circolo il desiderio
Ritrovare ciò che nutre, ciò che accende, ciò che fa dire “io ci sono ancora”.

2. Riconoscere la ferita senza trasformarla in destino
Dare un nome al dolore, ma non lasciarlo comandare.

3. Ricostruire fiducia senza ingenuità
Imparare a scegliere meglio, non a chiudere tutto.
Raffinare i filtri, non abbassare le luci.

L’eutanasia affettiva non è un punto finale: è un SOS emotivo.
E proprio lì, a un passo dalla resa, spesso nasce lo spazio per una rinascita più consapevole.

Il cuore non chiede la perfezione, chiede solo di tornare a valere la pena.
Roberto Cavaliere Psicoterapeuta

15/11/2025

💔Ego nec sine te nec tecum vivere possum 💔
​La trappola della dipendenza affettiva: "Né con te, né senza di te."
​Il poeta latino Ovidio ha descritto in modo impeccabile il tormento delle relazioni disfunzionali. Questa frase non è solo un’espressione d’amore passionale, ma la perfetta descrizione della dipendenza affettiva, un costrutto psicologico complesso che imprigiona la persona in un ciclo doloroso.
​🔬 La Clinica del Paradosso
​Questa modalità relazionale è caratterizzata da una profonda ambivalenza. Il partner:
​Non è soddisfacente (spesso è abusante, emotivamente distante, o semplicemente non allineato ai bisogni fondamentali).
​È percepito come indispensabile per la propria regolazione emotiva e per mantenere un senso di completezza.
​L'individuo sperimenta:
​Quando è nel rapporto (tecum): Frustrazione, dolore, senso di annullamento e mancanza di autenticità. Si desidera la distanza.
​Quando è fuori dal rapporto (sine te): Angoscia di abbandono, vuoto insopportabile, paura della solitudine, e un richiamo irresistibile verso il partner. Si desidera il ritorno.
​Questo ciclo è spesso alimentato da schemi di attaccamento insicuro (soprattutto ansioso-ambivalente o disorganizzato) appresi nelle prime relazioni significative. Il legame non è basato sull'amore sano e sulla stima reciproca, ma sulla paura e sul tentativo disperato di riparare ferite antiche attraverso l'altro.
​💡 Il focus terapeutico: L'obiettivo non è "vivere con o senza l'altro", ma imparare a vivere con sé stessi – affrontando il vuoto, la paura e il senso di incompletezza che si cerca di riempire attraverso la relazione.
​🩺 Suggerimenti Terapeutici per Uscire dalla Trappola
​Uscire da questo schema richiede un lavoro clinico profondo e mirato. Ecco alcune aree chiave di intervento:
✔️​Riconoscimento e Accettazione:
​Nomina il problema: Riconoscere che non è amore, ma dipendenza.
✔️​Sposta il focus: Interrompi l'ossessione per il cambiamento del partner e concentrati esclusivamente sul tuo benessere e sul tuo funzionamento interno.
✔️​Lavoro sull'Identità e sull'Autostima:
​Riscoperta del Sé: Identifica e coltiva interessi, passioni e obiettivi indipendenti dal partner. Rispondi alla domanda: Chi sono io senza questa relazione?
​Costruzione dell'Autostima Intrinseca: Lavora sul tuo valore percepito. Il tuo valore non dipende da quanto sei amato/a o da quanto sei indispensabile per l'altro, ma dalla tua esistenza.
✔️​Apprendimento della Solitudine Efficace:
​Tolleranza al Vuoto: La solitudine deve diventare uno spazio di ricarica e crescita, non una minaccia. Impara a regolare le tue emozioni in autonomia, senza utilizzare l'altro come "droga" per sedare l'ansia.
✔️​Rinegoziazione dei Confini:
​Definizione dei Limiti: Imparare a stabilire limiti sani e a mantenerli. Se la relazione è tossica, l'unica scelta sana è la distanza, che deve essere sostenuta clinicamente per superare l'astinenza.
👉​Se ti riconosci in questo paradosso, è fondamentale intraprendere un percorso di psicoterapia individuale. Non sei condannato/a a ripetere questo ciclo.
Roberto Cavaliere Psicoterapeuta

14/11/2025

AMARE È SENTIRE IL VENTO SUL VOLTO, SENZA DIMENTICARE CHE IL VOLANTE RIMANE TRA LE NOSTRE MANI.
👉Nel film Caccia al ladro, Grace Kelly guida decappottata lungo le strade della Costa Azzurra. Non è solo una scena elegante: è un simbolo.
Il vento tra i capelli, lo sguardo deciso, il volante saldo tra le mani — immagini che parlano di libertà e controllo, di desiderio e rischio.

Nelle relazioni spesso ci troviamo in questa stessa ambivalenza: voler “guidare” la direzione, sentire il brivido della velocità, ma anche il timore di perdere il controllo. Amare significa esporsi al vento, lasciare che qualcun altro salga accanto a noi. Ma non dimentichiamo: l’auto è nostra, il volante resta nelle nostre mani.

Forse il vero fascino di questa scena non è l’eleganza di Grace Kelly, ma la sua metafora: non possiamo evitare le curve della vita e delle relazioni, ma possiamo decidere come attraversarle.
Roberto Cavaliere Psicoterapeuta

13/11/2025

Lo “hovering”: quando la personalità narcisista non lascia davvero andare

Accade spesso, dopo una rottura con una persona a tratti narcisistica, di sperimentare un fenomeno subdolo e destabilizzante: lo hovering.
Letteralmente significa “svolazzare attorno”, come fa un insetto che sembra andarsene, ma torna subito dopo.

La personalità narcisista sia uomo che donna, infatti, non tollera di perdere il controllo sulla Sua attenzione emotiva. Così, anche dopo una separazione, può tornare a scrivere, a mostrarsi improvvisamente gentile o nostalgico, oppure a farLe arrivare messaggi indiretti attraverso amici o social.
L’obiettivo non è ricostruire un legame autentico, ma ristabilire quella dinamica di potere e centralità da cui trae nutrimento.

Lo hovering confonde, perché alterna il calore di un “ritorno” con il gelo dell’indifferenza successiva. E in chi lo subisce può riattivare speranze, dubbi, sensi di colpa, rendendo difficile la guarigione.

Riconoscerlo è il primo passo per proteggersi.
Non ogni messaggio “affettuoso” è segno di cambiamento; spesso è solo la corda che tenta di riportarLa nella stessa danza emotiva di prima.

Se si ritrova in questa descrizione, se sente di essere ancora “trattenuta” da qualcuno che non c’è più davvero, ne parli con un professionista: comprendere le dinamiche di potere e dipendenza è la chiave per liberarsene.

👉 Se vuole approfondire o iniziare un percorso di consapevolezza relazionale, può contattarmi in privato.
Ricominciare a respirare — davvero — è possibile.
Roberto Cavaliere Psicoterapeuta

Amore, umore o... tumore? ❤️😔🧠(Quando l’amore si trasforma in qualcosa che fa male)❤️All’inizio è amore.Quello che ci fa...
11/11/2025

Amore, umore o... tumore? ❤️😔🧠
(Quando l’amore si trasforma in qualcosa che fa male)

❤️All’inizio è amore.
Quello che ci fa sentire vivi, visti, accolti.
Il cuore batte, le farfalle nello stomaco volano, e tutto sembra finalmente avere un senso.

Poi, qualcosa cambia.
L’amore comincia a seguire l’umore di uno dei due.
Umore che è instabile, imprevedibile, a volte oscuro.
E allora il legame si trasforma in altalena emotiva: oggi sei il centro del mondo, domani un fastidio.
Ti ritrovi a camminare sulle uova, a chiederti continuamente cosa hai fatto di sbagliato.
Non ami più, speri. Che vada meglio. Che torni com’era.

Finché non ti accorgi che non è più amore.
È qualcosa che si è annidato dentro.
Che ti consuma lentamente.
Che non riesci a lasciare, anche se ti fa male.

🔴 È diventato un tumore affettivo.
Una dipendenza. Un legame tossico difficile da recidere.
Ma come ogni malattia, può essere riconosciuto, affrontato e — con il giusto supporto — anche curato.

Se ti rivedi in questa dinamica:

Se ami ma soffri più di quanto sorridi

Se il tuo stato emotivo dipende quasi totalmente dall’altro

Se giustifichi continui sbalzi, mancanze, assenze o crudeltà
Forse non stai più vivendo un amore, ma sopravvivendo a un legame disfunzionale.

💬 Parlarne con uno psicoterapeuta può aiutarti a fare chiarezza, a comprendere cosa sta succedendo e soprattutto: a rimettere al centro te stesso/a.

👉 Scrivimi in privato se vuoi confrontarti.
👉 Condividi questo post se pensi possa far riflettere qualcuno che conosci.
Roberto Cavaliere Psicoterapeuta
Psicologo e Psicoterapeuta in Milano, Roma, Napoli e Salerno

09/11/2025

La personalità evitante non scappa dall'altro. Scappa da ciò che potrebbe sentire per l'altro.

Dietro l’apparente freddezza o il silenzio di chi evita il contatto, spesso non c’è indifferenza, ma paura.
Paura del rifiuto, della delusione, del giudizio. Paura di scoprire di non essere “abbastanza” se si lasciasse davvero vedere.

Chi vive con una struttura evitante desidera profondamente la relazione, ma la teme. Si ritira prima ancora di rischiare di perdere. Così, nel tentativo di non soffrire, finisce per restare solo.

Le cause affondano spesso nell’infanzia: esperienze di umiliazione, disconferma o amore condizionato che insegnano che mostrarsi è pericoloso.
Le ferite dell’attaccamento diventano corazze emotive.

La terapia può diventare uno spazio nuovo, dove il contatto non ferisce e la vicinanza non punisce.
Con tempo, fiducia e rispetto dei limiti, chi evita può imparare che sentirsi non è un pericolo, ma una possibilità.
Roberto Cavaliere Psicoterapeuta
,

Indirizzo

Via De Marinis 49
Vietri Sul Mare
84019

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