21/05/2025
PER DIRLA SEMPLICE: CRISI E CRITICA DELLA PSICOLOGIA
Provo a dire in modo semplice che cosa in questo spazio si sta facendo e si farà. Si sta sviluppando un discorso, un ricerca. La ricerca, attraverso lo sviluppo del discorso, di un « punto ».
Un punto particolare, Archimedeo.
Potrebbe finire qua per dirla semplice e far sintesi.
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Ma aggiungiamo un minimo di contenuto.
Abbiamo visto, seppur di sfuggita, che un tratto saliente di Basaglia è stato quello di " saper stare nella crisi ", di sostare nella crisi ( in quel caso della psichiatria e di tutto ciò che comportava e comporta ).
Questo è solo un esempio, seppur illustre, di un valore. Un valore in disuso ma fondamentale nel campo della scienza.
Quindi noi siamo in un campo della psicologia e ne leggiamo la crisi. Non solo quindi la indichiamo, tantomeno ce ne lamentiamo, vi stiamo dentro, la studiamo continuamente e vi svolgiamo la critica necessaria.
Una critica-produttiva.
Non vediamo nella crisi della psicologia solo un “ negativo " che occupa, copre e intralcia. Ma più propriamente una straordinaria occasione per approfondimento, una via privilegiata.
Lo sforzo della psicologia di costituirsi come scienza, come ambito disciplinare autonomo, come corpo sociale professionale, va colto come uno sforzo, storico, di straordinaria importanza e compreso nelle problematicità affrontate, di vario tipo, e nelle soluzioni istituite.
Cogliere questo sforzo dal punto privilegiato della sua crisi è metodo.
Senza quello sforzo, e la crisi a cui ha portato, non potremmo giungere alla critica produttiva necessaria.
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La storia della psicologia, stando su una direttrice generale, un arco maggiore di fondazione del suo campo, si regge su due pilastri principali: uno è la psicologia sperimentale ( che potremmo anche dire di base ) fortemente caratterizzata dal metodo scientifico sperimentale ( la sua storia, interessante ecc. inizia grosso modo alla metà dell’800 e via via … in una storia da seguire e raccontare che giunge solida nell’università fino ad oggi ), e l’altro è la così detta “ psicologia clinica ", che ha una storia certamente intrecciata con quella della psicologia sperimentale ma anche in un certo senso indipendente e con un’identità che ha cercato di chiarirsi via via e di istituzionalmente legittimarsi.
“ Psicologia sperimentale " e " psicologia clinica " costituiscono due modi generali di fondazione della psicologia e dei suoi sforzi di legittimazione.
Queste sue prospettive convergono, solo in apparente sintesi, nel grade calderone della psicologia e del riconoscimento giuridico-amministrativo-professionale.
Ritornare su questa storia, stare nella crisi, cogliere la tensione e le contraddizioni degli esiti di questi sforzi è l’unico modo per fondare realmente la posizione dello psicologo e il senso del suo operare.
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Psicologia sperimentale e psicologia clinica sembrano poter esaurire la verità della vita psichica, essere complementari.
Ma esse in verità coprono e saturano la via d’accesso a quel punto notevole, particolare, archimedeo.
Divengono puro ostacolo, “ inerzia negativa “, nel momento in cui invece questo sforzo di fondazione della psicologia non si dà nella sua criticità e non si accompagna alla critica. E, magari, si vuole tradurre direttamente o indirettamente ( per esempio attraverso il loro travaso, quantomeno della cornice epistemologica, nel campo delle psicoterapie ).
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La storia della psicoanalisi per quanto nel dopo Freud è stata ampiamente attirata dal centro gravitazionale della psicologia, e piegata in quel senso, alterata, decapitata ecc. è una storia Altra rispetto al campo che si è andato a costituire della psicologia e delle psicoterapie.
Il ritorno a Freud, di cui abbiamo talvolta detto necessità, indica il punto a cui criticamente necessariamente si giunge.
La problematica della psichiatria ha in sé, implicitamente o esplicitamente queste questioni.
Averla presente e approfondirla ci aiuta a situare nel concreto e a dar peso all’argomentazione. Oltre che offrire una via critica convergente.
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Basaglia?
Basaglia rimane, anche con il suo saper stare nella crisi, un punto di riferimento.
Lui, la sua specifica storia-azione ha saputo, fin che ha potuto, stare nella crisi ma non ha avuto capacità di sviluppare la parte critica-produttiva.
Lo stare nella crisi si è tradotta, per ragioni che possono essere seguite e divenire ulteriore tesoro da cui ripartire differenziandosi, in mera negazione: come abbiamo più volte indicato, negazione dei saperi, ma fondamentalmente, al cuore, negazione della psicologia ( psicoterapia ecc.). E per le giuste ragioni che cerchiamo di portar in luce noi oggi 50 anni dopo.
Senza cioè però giungere oltre, atttraverso la critica, verso quel punto archimedeo ma fermandosi sul sociale-politico, la tradizione Basagliana è implosa nella contraddizione che è ampiamente testimoniata dal giorno d’oggi.
La storia basagliana non ha avuto la forza, la capacità, di stare nella crisi fino in fondo e di sviluppare una critica produttiva.
Oppure ha scelto così.
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Tutto ciò. E altro.
Tocca a noi.
O, comunque al nostro tempo.
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Ciò sotto, e sopra uno sterminato polverone di variopinti, consulenti, motivatori, coach, santoni, ballerine .. massaggiatori e massaggiatrici, maestri di saggezza.
NB: nello stesso campo psi, quasi nessuno fa più un lavoro critico del genere, e la stessa istituzione universitaria non lo promuove. Anzi.
E buona parte della comunità professionale è alla deriva … doppia deriva: in senso scientista non meno che , e tutto sommato non diversamente, dell’altra che in fondo opera, in un modo o nell’altro, con il fascino della magia, della persuasione del ruolo.