Aver Cura: Pietro e gli altri

  • Home
  • Aver Cura: Pietro e gli altri

Aver Cura: Pietro e gli altri Blog

PostIl dopo inizia con un ulteriore ricovero per GVHD, la famigerata Graft-versus-host disease, ovvero la malattia da tr...
07/08/2024

Post

Il dopo inizia con un ulteriore ricovero per GVHD, la famigerata Graft-versus-host disease, ovvero la malattia da trapianto contro l’ospite.

L’organo trapiantato, in questo caso il midollo, ha bisogno di tempo e giuste modalità per oltrepassare quella delicata fase detta chimerismo (cioè la convivenza nello stesso soggetto di “proprio” e “donato” che devono imparare a conoscersi e amalgamarsi) e in alcuni casi diviene “troppo” in tutti i sensi per il ricevente, provocando danni anziché benefici.

Nel caso di Pietro la GRAFT ha riguardato il primo livello, la cute (se non tempestivamente trattata procede in maniera ingravescente ad attaccare anche altri organi, fegato e intestino in primis).
A neppure due giorni dal rientro a casa, Pietro rientra in ospedale a Parma ove resterà ricoverato per un altro mese. Oncoematologia Pediatrica di Parma, in stretta collaborazione con i colleghi di Bologna, si spende il più possibile per permettere al bambino di essere gestito qui e non subire un rientro al Sant’Orsola di Bologna, nonostante l’ospedale dei bambini non si doti un reparto trapianti di riferimento.
L’equipe segue con scrupolosa attenzione il caso e Pietro viene messo immediatamente sotto terapia cortisonica.

Dalla prima dimissione alla seconda impariamo presto a gestire una terapia molto complessa di cui una metà è dedicata al post trapianto e alla Graft, l’altra invece è orientata ad arginare gli effetti collaterali dei farmaci. Pietro inizia ogni giorno le cure alle 6 del mattino per terminarle alle 23. Ogni-singolo-giorno-per-almeno-sei-mesi.

Della serie: ciclosporina (immunosoppressore) ogni 12 ore, cascasse anche un asteroide MA con la garanzia di bere almeno 1 litro e 1/2 al giorno altrimenti i reni vanno in sofferenza, MA il bambino è sotto cortisone e se trattiene troppi liquidi non fa abbastanza p**i, PER CUI si alza la pressione cardiaca, DI CONSEGUENZA farmaci per la pressione e betabloccanti, ACCANTO A quelli “preventivi” antifungini, antivirali, antistaminici…che al mercato mio padre comprò…

Viene il fiatone solo a leggere queste parole, vero? Aggiungete che, se il delicato equilibrio salta per i motivi più disparati, Pietro viene nuovamente ricoverato.
La fragilità di in bambino trapiantato si misura proprio su questo: quanti ricoveri effettivi hai all’attivo accanto ad un dayhospital serrato fatto di dosaggi continui della ciclosporina e l’aiuto dei liquidi attraverso cvc per contenere il lato dannoso della medaglia e limitare proprio gli accessi in degenza.

Accanto a questo e nonostante le innumerevoli precauzioni e sacrifici (fra le tante, un’altra estate vissuta in modalità “sparpagliata”, fratelli e sorelle segregati in casa o diretti dai nonni verso il mare, la faticosa routine dell’in e out così frequente dall’ospedale tutta da costruire e/o ricostruire ogni-singola-volta, ecc) non sempre si porta a casa l’obiettivo e anzi, spesso rientri in ospedale all’improvviso senza nemmeno passare dal via: herpes, malattie esantematiche, ecc…

È come essere invitati ad un tavolo da gioco e scoprire che, durante la partita, la TUA partita, le regole del gioco cambiano a ogni mano, ad ogni mossa del cavallo o del re, ad ogni carta della regina di cuori o ad un lancio di dadi…il POST lo costruisci e ricostruisci costantemente, senza sosta, senza sconti e l’essenziale della tua felicità (che diventa ogni giorno più piccola) è…una stanza vuota.

Una camera di degenza che si libera di bagagli che vanno a ripopolare lo spazio ai piedi del tuo letto, nella tua casa…a tratti ti senti persa in tutto quel disordine/ordine che provi a tenere a bada assieme a tutto il resto…ma che finisci per benedire perché tuo figlio è di là, addormentato nel suo letto, a godersi la sua casa, i suoi fratelli, ciò che gli appartiene…

Accanto a tutto questo la ricostruzione passa attraverso la ripresa del followup di controllo, di programmazione con la scuola per il progetto di istruzione domiciliare per il prossimo autunno (come avvenuto per il primo trapianto affrontato da Pietro), di delineazione della ripresa del suo percorso abilitativo con gli specialisti per l’autismo, di gestione del DOPO…

Il dopo per un’esistenza sempre in bilico fra continui pit-stop a più velocità, alle volte scorrevoli, alle volte faticose e infinite.

Un progetto che segue un altro progetto, un programma dentro l’altro a mo’ di matrioska o scatola cinese ove una cosa diventa saldamente agganciata e propedeutica ad un’altra e poi ad un’altra ancora…ti accorgi di quanto arrivi a stento a scorgere le linee della cornice generale (un po’ come quando, in una immersione, ti accorgi che la costa sprofonda verso un fondale sempre più buio che non riesci a scorgere) anche perché tutto l’impianto è come l'attraversamento di una serie di porte: in un attimo ti capita quella chiusa a doppia mandata (il problema).

Sai che dovrai prima risolvere quel problema per poi proseguire oltre.
Nessun progetto a lungo termine, tutta la narrazione è al present tense….difficile da fare quando, da esseri umani, possediamo per natura una mente che non è fatta per accontentarsi, stretto resta il qui ed ora.

100 GiorniI 100 giorni, da docente, richiamano immediatamente alla mente il rush finale che separa gli studenti delle su...
16/06/2024

100 Giorni

I 100 giorni, da docente, richiamano immediatamente alla mente il rush finale che separa gli studenti delle superiori dal famigerato esame di maturità.
L'occasione si celebrava nei modi più disparati: dal primo bagno al mare della stagione, al pranzo/cena di classe, prof inclusi, ad una giornata da trascorrere assieme agli amici fidati, assieme ai quali, di lì a poco, si sarebbe tagliato un altro traguardo importante, il primo passo di tanti altri…
Per un trapianto midollare da donatore 100 giorni rappresentano il lasso di tempo post dimissione in cui si concentra il rischio acuto di rigetto da scongiurare con ogni mezzo (rischio che si protrae, anche se in forma via via più flebile, per tutto il primo anno).
Curioso come le due cose, per ironia della sorte, si siano sovrapposte (sebbene solo nel nome).
La malattia priva del regolare trascorrere dell'esistenza, una esistenza fatta di impegni, lavoro, studio, interessi ecc.
Ancora più complessa diviene la situazione per un bambino con disabilità.
Salta la routine scolastica, salta il percorso abilitativo, salta la sua piccola realtà così densa perché composta da appuntamenti importanti e sicuramente faticosamente guadagnati dalla sua famiglia.
La sua ombra si allunga e si mescola nel tempo della ricostruzione, ne condiziona la natura, il suo svolgimento e le sue modalità.
Complesso è il tempo della partenza e della permanenza, complesso è il rientro a casa. Per un bambino con autismo significa, dopo l'impegno profuso in un profondo adattamento ad un contesto difficile come quello ospedaliero (soprattutto vissuto in esperienze durissime come quelle dell'isolamento), riprendere la strada verso casa attraverso un riequilibrio generale di sé stesso all'ambiente, alla condivisione degli spazi, alla ripresa di modi e tempi familiari ma messi in standby molto a lungo e che ora necessitano di tornare alla ribalta lasciandosi alle spalle quanto accaduto.
Ancora una volta, un lavoro complicato richiesto ad un bambino che sta sulla soglia di un mondo che lo ha visto lottare, ancora una volta, assieme a tutta una rete di professionisti che si sono battuti al suo fianco e che muove i primi passi per rientrare nel suo.
Un passaggio che spesso genera scompensi importanti (insonnia, inappetenza, irritazione) perché non così di scontata portata per un bambino con queste difficoltà e pertanto da organizzare e pianificare con cura, quando le condizioni diventeranno talmente favorevoli da ipotizzare una fuoriuscita e un distacco da chi o da coloro che fino ad oggi si sono occupati del percorso di cura di quel bambino.
A questo si aggiunge l'ingresso formale nel periodo di followup previsto dal protocollo di terapia, che può essere più o meno impattante per una persona con autismo. Appuntamenti da calendarizzare, una quotidianità tutta da ricostruire che poggia su un'agenda f***a di impegni, soprattutto all'inizio, e che dovranno diventare presto la nuova realtà di vita di questo bambino (una realtà, soprattutto se già sperimentata una volta, comunque abbastanza simile ma anche completamente diversa così come lo sono tutti gli eventi importanti della vita).
Si deve lavorare per tempo nella ricerca di nuove strategie, nel programmare ma anche nel prevedere, per quanto sia possibile, gli elementi di criticità e di inciampo per quel bambino, confrontarsi con tutti i rappresentanti della rete di supporto affinché ogni aspetto possa prevedere un piano B e anche C, nel momento in cui qualcosa dovesse incepparsi.
Fondamentale la collaborazione fra le due realtà ospedaliere, quella di origine che si occupa dell'accoglienza del rientro e dei successivi controlli e quella ove si è concretizzata la presa in carico della cura, investita ora della responsabilità di fornire tutte le direttive in merito a quanto avviene dopo la dimissione.
Accanto a loro lavorano il pediatra, il neuropsichiatra, gli specialisti per l'autismo, la scuola (scuola in ospedale e scuola di provenienza) e il Comune con i servizi alla persona.
Alla famiglia tocca il ruolo più difficile poiché costellato, come ogni volta, di impegno, sacrificio e spesso rinunce.
Per un bambino così fragile che rientra a casa, ci si inizia a muovere per tempo, si prova a rendere meno mordenti i timori e più concreta la speranza.
Ci si appoggia e ci si lascia anche un po' sommergere dagli impegni, perché il "fare" rappresenta l'arma più pronta ed efficace contro la paura.
Ma si impara anche a concentrarsi ancora una volta sul qui ed ora, anche se questo verrà nuovamente pagato con l'impossibilità di progettare sul lungo periodo per noi, che siamo diventati campioni dei viaggi in barca a vela verso orizzonti con modalità "a vista".
Ci si prepara per demolire e ci si prepara per ricostruire, in un perenne dondolio che da tanti, troppi anni, spinge avanti e indietro in una incomprensibile marea che sembra interminabile.
BRACI & ABBRACCI (per distruggere e per darsi coraggio).
Sono tappe obbligate, alcune conosciute, alcune nuove di zecca, le stesse di cui ti fai carico quando, su quella soglia, dai una nuova chiave di lettura alla realtà.

Buio e luceCome da programma Pietro inizia il condizionamento attraverso la chemiotrrapia ad alte dosi. Velocemente arri...
06/05/2024

Buio e luce

Come da programma Pietro inizia il condizionamento attraverso la chemiotrrapia ad alte dosi.
Velocemente arrivano, come uno tsunami, i temuti effetti collaterali.
Uno su tutti, il dolore.
Fatico a trovare parole per descrivere il dolore provato dal mio bambino.
È un dolore totalizzante, immenso, devastante. Pietro piange, si agita, si morde. È un dolore che, per un genitore, ti entra nella carne, nelle ossa e ti fa sentire inerme, piccolo e inutile.
Il dolore oncologico Pietro lo aveva sperimentato nel primo trapianto e l'adozione della morfina era risultata vincente, calmando il bambino e traghettandolo, col passare dei giorni,
fuori da tutto quel buio.
Non questa volta.
La morfina, finanche nei dosaggi massimi consentiti per un bimbo come lui, non risulta abbastanza efficace.
Pietro arriva a fare per disperazione il gesto che molti bambini, in un reparto come questo, fanno quando preda di un dolore piùgrande di loro, capace di annientare: strapparsi il catetere dal petto.
Ci prova più volte, per fortuna senza successo.
Pietro diventa presto un profondo enigma da risolvere: resistenza ai farmaci dettata dalle frequenti sedazioni a cui il bambino è stato sottoposto in questi anni (per controlli del suo followup, per gli esami strumentali, ecc)? Alterata percezione sensoriale dettata dalla sua condizione di disabilità (i bambini nello spettro autistico presentano spesso questa tipica fragilità sensoriale)? Sicuramente un insieme di fattori, inclusi questi, che hanno contribuito a far precipitare tutta la situazione.
L'equipe degli anestesisti si mette all'opera per aiutarlo al meglio.
In particolare, le dottoresse che si erano occupate di lui per la sedazione durante la somministrazione della radioterapia, tentano un percorso alternativo.
La sostituzione del fentanyl con la morfina.
L'alternativa è rappresentata da altra tipologia di farmaci, sicuramente più efficaci, ma che poi richiederebbero la terapia intensiva perché inutilizzabili in un reparto come quello dei trapianti.
Finalmente il tentativo ha successo.
Pietro scivola in un dormiveglia che lo mantiene tranquillo per giorni e, quando arriva finalmente la tanto agognata notizia dell'attecchimento midollare, riprende a svegliarsi, a sorridere, lontano dal dolore e dalla sofferenza.
Dopo alcuni giorni di equilibrio per mantenere questo vantaggio, si inizia il percorso inverso per permettere al bambino di uscire dall'assunzione di tali farmaci senza scossoni.
Si scalano lentamente per evitare resistenze e crisi d'astinenza. Pietro risponde in maniera positiva. Piano piano torna a giocare, a muoversi meno impacciato e sonnolento, a tentare qualche piccolo e incerto passo.
Avanti a sé mantiene un robusto programma che monitorera' costantemente il suo stato di salute, scongiurando battaglie di rigetto e aiutandolo in qualunque modo nella complessa fase di ricostruzione.
La mucosite lentamente inizia a regredire, il bambino non riesce ancora a mangiare autonomamente e da settimane resta allettato perché troppo debole per riuscire a stare in piedi.
Ti ritrovi in quella strana fase ibrida in cui hai paura anche solo di gioire dei grandi risultati che iniziano ad arrivare, temi di essere troppo ottimista, di commuoverti troppo presto...di cantare la tanto agognata vittoria di una guerra che conosci troppo bene e per questo doppiamente ingiusta.
Il tuo bambino, così pallido ed esile ora, ti appare fragile come un uccellino e sei cosciente dello sforzo immane a cui è stato chiamato per rinascere ancora una volta.
Ma Pietro sorprende, meraviglia, sbalordisce ogni previsione, dettata dall'esperienza e dalla professionalità di questo team. I valori si rialzano, prima timidamente, quasi non osiamo guardarci negli occhi quando un medico dell'equipe mi comunica la prima inversione di rotta...poi il bollettino accelera e inizia a volare, questa volta davvero...giorno dopo giorno.
Arriva l'attecchimento e con esso lo sguardo cade alle tue spalle, alle scelte sofferte, all'incognita delle emergenze, ai problemi che si accavallano a cui sei chiamata a dare presto risposta, alle notti interminabili e a quel lottare infinito di un essere umano appena bambino ...cade nel buio dei giorni duri ma poi, cade anche nella luce di ciò che da questo momento si ricostruisce, cade sulla giornata in cui una sola parola spezza il fiato e commuove perché, come un punto su un foglio bianco, adesso si va a capo e si ricomincia.
Pietro che deve riprendere le forze e, come un viaggiatore stremato dovrà reimparare a mangiare, a camminare, a tornare nel mondo.
Queste settimane trascorreranno con la massima attenzione al suo "rinascere": il suo corpo che dovrà mescolarsi al dono che gli è stato offerto, sperando che questo avvenga senza tempeste, consci che la seconda parte di questa grande avventura è appena iniziata.
Cade sulla lezione che ho imparato dal coraggio e dell'eccellenza di chi si è preso cura di Pietro, qui o a distanza, affinché non si restasse indietro neppure di un passo.
E cade sulla lezione che, ancora una volta, un bambino così piccolo è stato in grado di impartire in merito a quanto il mondo deve ancora fare per la disabilità e che, per fortuna in posti come questi, oggi si fa già per accogliere, ascoltare e, semplicemente, esserci.
La dottoressa anestesista che ha seguito il percorso di Pietro continua a formarsi da anni sulle problematiche legate all'utilizzo di farmaci di questa portata nei bambini con particolari fragilità e, nel caso del mio bambino, è stata preziosa e essenziale la sua presenza quando purtroppo Pietro è precipitato negli effetti farmacologici della sua terapia.
Quanto è contato tutto questo per passare dal buio alla luce? Quanto la collaborazione fra gli specialisti, qui e a Parma, fra coloro che conoscono bene le sue peculiarità e, non ultimo, l'ascolto della famiglia?
Quanto il sostegno di tutto il personale infermieristico che, in degenze tanto lunghe, rappresenta una nuova casa, una nuova famiglia che è al tuo fianco in ogni modo e con te si adopera, aiuta ed è presente, così come tutto il personale oss le cui parole rappresentano spesso una carezza nello durezza di un vissuto tanto complesso?
È stato essenziale e, per fare in modo che le cose possano funzionare, è sempre all'essenziale che è necessario tornare.

Erase & RewindLa terapia a base di antitumorali rende idoneo il midollo di Pietro e finalmente Bologna ci comunica il pi...
19/04/2024

Erase & Rewind

La terapia a base di antitumorali rende idoneo il midollo di Pietro e finalmente Bologna ci comunica il piano di ricovero per procedere al trapianto.
Come per la scorsa volta il programma si divide in due parti: distruzione e ricostruzione.

Nella prima parte Pietro viene sottoposto a chemioterapia ad alte dosi. Farmaci altamente tossici che hanno l'obiettivo di fare a pezzi ciò che resta del suo midollo. La conseguenza più ovvia sarà che i valori ematici precipiteranno ripidamente a 0. Raggiunto il fondo, padre di Pietro donerà il midollo che sarà poi reinfuso nel bambino.
In questa prima parte l'equipe medica tiene monitorato questo "viaggio nel buio" sostenendo Pietro per quel che riguarda gli effetti della terapia, la protezione di organi sottoposti a maggior lavoro (reni in primis nello smaltimento dei farmaci o lo stomaco attraverso gli antiemetici).
Viene controllato soprattutto il sistema cardiovascolare poiché quasi il 90% dei farmaci comprendono l'infusione attraverso cvc e il cuore è il primo bersaglio che i chemioterapici incontrano.

Nella seconda parte, una volta reinfuso il midollo dopo terapia con anticorpi monoclonali, ci si ferma per 3-4gg e si procede nuovamente in due direzioni.
Nella prima si attende l'immediato tsunami degli effetti collaterali: l'attecchimento del nuovo midollo impiega, se tutto resta nella norma, circa 15 giorni a completarsi e in questo tempo ciò che resta del vecchio midollo finisce per disintegrarsi portandosi dietro tutta una serie di problematiche a cui far fronte: rush cutanei, valori a 0 a cui si fa fronte attraverso le trasfusioni, impiego di diuretici per sollevare i reni, febbre che impiega antibiotici a largo spettro, antivirali, antifungini, ecc.
In pochi giorni Pietro è preda di una profonda prostrazione che gli impedisce il gioco, l'alimentazione e anche lo stare in piedi perché subentra il dolore.
Il nemico più temibile è proprio il dolore diffuso alle ossa (per lui soprattutto gambe e schiena) e la mucosite (cioè il dolore da sfaldamento della mucosa orale e dell'esofago) che per la loro severità si tengono a bada con l'impiego di antidolorifici robusti come gli oppioidi, tramadolo e morfina. In un reparto come questo la sofferenza e il dolore di un bambino sono banditi, a qualunque costo.

In questa fase Pietro smette di mangiare e viene alimentato tramite nutrizione parenterale.
Anche per questo delicato momento mi sono confrontata a lungo con l'equipe medica che, per bambini dell'età di Pietro negli ultimi anni ha proposto anche l'alimentazione enterale tramite sondino naso-gastrico.
Come nello scorso trapianto però ho preferito la sacca parenterale per tutta una serie di motivi fra cui i due che ritenevo più importanti:

- la maggiore sensibilità a livello sensoriale di Pietro a livello della testa, ragion per cui, avendo la possibilità di un'alternativa altrettanto valida, ho scelto di non rendere maggiormente faticoso il suo percorso di cura "scontando" laddove possibile, in termini di minore richiesta di adattamento da parte sua.
- Pietro stupisce sempre, porta sul petto con disinvoltura un cvc, ma in questo caso il tentativo di utilizzare il sondino prevedeva un tempo a mio avviso troppo lungo (24h, il bambino viene sedato dall'anestesista per il posizionamento). Se Pietro avesse trovato intollerabile questo strumento ancorato sulla narice del suo naso, avrebbe dovuto attendere un po' prima di una nuova sedazione per la successiva rimozione. Troppo a mio avviso per un bambino, a maggior ragione con autismo, già provato da una terapia devastante.

Come sempre in questi casi lo scambio e la collaborazione fra equipe e famiglia è stata vincente e si è proceduto ad utilizzare il primo sistema di alimentazione, già sfruttato in passato senza problemi.

Nella seconda parte Pietro andrà incontro a tutta la terapia immunosoppressiva che porterà avanti sia durante la lunga degenza in isolamento al Sant'Orsola (2 mesi in caso di percorso senza intoppi) sia nei mesi successivi e all'utilizzo del fattore di crescita per velocizzare il processo di ripresa e trainare il bambino abbastanza fuori dalla zona di rischio il prima possibile.

Ricordo che una procedura di trapianto come questa, anche in presenza di genitore nella veste di donatore, presenta sicuramente molti più rischi rispetto al primo sostenuto dal bambino anni fa, quando attraversò un trapianto di sue staminali. In questo caso il pericolo non è rappresentato solo da infezioni che possono sopraggiungere nel momento in cui Pietro resta privo di difese, smantellate dalle alte dosi nella fase propedeutica al trapianto, ma soprattutto dalla temibile GVHD la malattia acuta da rigetto, rappresentata dalla guerra fra le cellule del ricevente e quelle del donatore.

100 giorni. Tanti sono quelli piu rischiosi quantificati dai sanitari. 100 giorni che Pietro dovrà attraversare per poi, una volta uscito dall'ospedale, percorrere un lungo anno fatto di serrati controlli e l'inclusione come chiunque sottoposto a trapianto, in un followup di ulteriori 5 anni.
Pietro che stava per tagliare il traguardo dei 5 anni per il termine della pregressa malattia e che ora si ritrova a ricominciare una guerra lunga ed estenuante per poter sopravvivere e noi tutti con lui.

La sua famiglia che, con il ricordo ancora caldo di quanto avvenuto la scorsa volta, si rituffa con lui in ospedale.
L'impatto che tutto questo ha nelle dinamiche familiari, nella rimodulazione dell'esistenza di tutti, fratelli in primis.
E nonostante questo la volontà d'acciaio di ricostruire, anche sulle macerie.
Soprattutto quando la scelta...non ce l'hai.

Ritrovare un'equipe che ha fatto tesoro della passata esperienza è un sollievo importante per la famiglia/care giver di un bambino come Pietro.
Dal mettere insieme un programma di cura per lui che tenesse in considerazione le sue caratteristiche di funzionamento e difficoltà (che comprende ad esempio lo studio degli effetti di determinati farmaci su di lui) all'attenzione posta in ogni fase della sua presa in carico e che ha compreso in maniera trasversale una serie innumerevole di figure.
Da sottolineare poi la collaborazione fra i poli ospedalieri di Parma e Bologna che ci ha sollevato da quel senso di spaesamento che prende i familiari della persona malata posti di fronte a realtà nuove e diverse rispetto a quelle investite della responsabilità di cura del bambino fino a quel momento.
Hai come l'impressione di parlare la stessa lingua e soprattutto di essere ascoltati quando ci si ritrova a raccontare la propria personale realtà che fa i conti con una disabilità complessa che, almeno qui, si vuole conoscere da vicino per offrire in cambio un percorso di terapia efficace e tagliato davvero sulla persona.

"Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi n un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da voi"
Pontiggia, "Nati due volte"

Pietro, il mio bambino, con il secondo trapianto nasce per la terza volta.
Questa volta, si spera, senza debiti nei confronti dell'esistenza.

Address


Website

Alerts

Be the first to know and let us send you an email when Aver Cura: Pietro e gli altri posts news and promotions. Your email address will not be used for any other purpose, and you can unsubscribe at any time.

  • Want your practice to be the top-listed Clinic?

Share

Share on Facebook Share on Twitter Share on LinkedIn
Share on Pinterest Share on Reddit Share via Email
Share on WhatsApp Share on Instagram Share on Telegram