03/11/2025
IL NARCISISMO COLLETTIVO: LA PERDITA DELL’ANIMA 💓
Ecco spiegato egregiamente il perché negli ultimi anni si sente parlare sempre di più dei narcisisti (che non sono quelli che una volta si chiamavano semplicemente stronzi) 😬
Il narcisismo collettivo – La normalità disturbata del nostro tempo
✒️ Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie
Si parla spesso del narcisismo come disturbo di personalità, ma raramente come condizione del mondo.
Eppure, ciò che chiamiamo “società moderna” è, a tutti gli effetti, una forma di narcisismo collettivo: un sistema che ha fatto del sé il suo dio, e dell’immagine la sua liturgia.
Viviamo immersi in una normalità disturbata, dove la patologia non si manifesta in pochi individui, ma si distribuisce, sottile, nella vita quotidiana di tutti.
Il narcisismo collettivo non urla la propria malattia: la rende normale.
Ci abitua a parlare di empatia, mentre la svuota di presenza.
Ci spinge a cercare visibilità, non senso.
Ci illude di comunicare, ma ci connette solo in superficie.
È un disturbo dell’anima più che della psiche — perché toglie profondità alle relazioni, al tempo, al linguaggio, al silenzio.
Il narcisismo patologico è il volto evidente di pochi;
quello collettivo è il respiro invisibile di molti.
È l’aria che respiriamo quando tutto diventa io.
Io penso, io pubblico, io mostro, io reagisco, io mi offendo, io mi misuro.
È la civiltà dell’eco: ognuno parla, nessuno ascolta.
Ognuno si mostra, nessuno si incontra.
Sul piano psicologico, è come se la società intera fosse entrata in una fase adolescenziale perenne: ipersensibile, competitiva, fragile e bisognosa di approvazione.
Ci offendiamo con facilità perché abbiamo perso il centro.
Ci esaltiamo con poco perché abbiamo fame di sguardi.
Viviamo oscillando tra grandiosità e vuoto — proprio come il soggetto borderline, incapace di sostenere la solitudine e il limite.
Siamo diventati una civiltà di io amplificati e noi impoveriti.
Una società che promuove l’immagine come valore e la performance come identità.
Non è più l’Io a servire la comunità, ma la comunità a esistere per confermare l’Io.
Persino la spiritualità, in molti casi, è stata colonizzata da questa logica: non più via di liberazione dal sé, ma nuovo palcoscenico per il sé spirituale, esibito e compiaciuto.
Questo narcisismo collettivo produce una forma di anestesia.
Le emozioni si consumano, non si vivono.
Le parole si moltiplicano, ma perdono radici.
La compassione viene sostituita dalla commozione veloce, la riflessione dall’opinione.
E più ci esponiamo, meno ci conosciamo.
La tecnologia non ne è la causa, ma il suo specchio perfetto.
Ogni schermo è uno specchio, e la società contemporanea è diventata una grande stanza di specchi che riflette continuamente se stessa.
Siamo iperconnessi e disabitati, presenti ovunque e assenti da noi.
Sul piano spirituale, il narcisismo collettivo rappresenta la dimenticanza dell’anima.
Abbiamo spostato il centro del mondo dall’essere al mostrare, dalla profondità alla superficie, dal silenzio al rumore.
L’anima, però, non si mostra: si sente.
E nel frastuono della visibilità, la voce interiore diventa sempre più fievole.
Il rischio più grande è che questo narcisismo diffuso si autoassolva:
che lo si riconosca solo negli altri, mai in sé.
Ma ognuno di noi, in questa epoca, ne porta una scintilla: la parte che vuole essere vista, riconosciuta, confermata.
Non serve giudicarla, serve vederla.
Perché ciò che viene visto con coscienza perde il suo potere oscuro.
L’antidoto al narcisismo collettivo non è la condanna, ma la presenza.
È il ritorno al silenzio, al tempo vero, all’ascolto.
È la scelta quotidiana di guardare un volto senza secondi fini, di dire una parola che non serva a impressionare, ma a nutrire.
È la capacità di accogliere la vulnerabilità come via alla verità.
Solo una società capace di guardarsi senza compiacimento può rinascere.
Solo un essere umano che non ha più bisogno di piacere può finalmente amare.
Il futuro dell’umanità non sarà dei più veloci o dei più visibili,
ma dei più presenti.
E forse, dopo tanto rumore,
il vero atto rivoluzionario sarà tornare a stare.
Nel silenzio, nella lentezza, nella relazione.
Nel punto in cui l’Io si arrende e si apre al Noi.
“Ci siamo specchiati tanto da dimenticare chi eravamo.
Ora è tempo di guardarci senza rifletterci,
di riconoscerci oltre l’immagine.”
✒️ Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie