22/03/2024
Da 𝘐𝘭 𝘤𝘢𝘮𝘱𝘰 𝘥𝘦𝘭 "𝘱𝘰𝘦𝘵𝘪𝘤𝘰" 𝘯𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘴𝘪𝘵𝘶𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘪 𝘭𝘪𝘮𝘪𝘵𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘤𝘶𝘳𝘢 𝘢𝘯𝘢𝘭𝘪𝘵𝘪𝘤𝘢, di Maurizio Balsamo (Rivista di Psicoanalisi,2014):
La esprime un particolare rapporto col tempo e con la conoscenza, aveva osservato nel 1987, nel suo discorso per il premio Nobel, Iosif Brodskij. Quando un poeta scrive, e resta sorpreso da ciò che emerge, non sapendo mai anticipatamente quello che ne uscirà fuori, ebbene, in quel momento «il futuro della lingua entra nel suo presente.》(Brodskij, 1988)
[...] L'osservazione di Brodskij definisce una caratteristica della dimensione creativa, ma non solo: la possibilità di incontrare ciò che ancora non è pensato, e di farsi attraversare, «possedere,» da qualità non previste dell'oggetto, riguarda infatti, in termini oltremodo generali, il funzionamento simbolizzante della psiche nei confronti di ciò che non può accogliere in un dato momento, il generarsi della rimozione, la dimensione di infiltrazione del rimosso e lo sforzo di integrazione dello stesso.
Non è difficile [tuttavia] osservare come ci confrontiamo in taluni casi con un'assenza della dimensione narrativa della mente, con l'impossibilità di incrociare quelli che André Green definiva gli elementi centrali della capacità associativa della mente in seduta, cioè la riverberazione retroattiva, l'annuncio anticipatorio, e, infine, la dimensione di irradiazione e di virtualità in arborescenza. Sostanzialmente, questo campo di fenomeni che definisco fenomenologicamente come «assenza del poetico» e, più clinicamente, come arresto o grave limitazione dei processi associativi, difesa dal ritorno delle tracce percettive, pena il sopraggiungere di agonie primitive o scacchi radicali dell'essere, fobia del contatto emotivo e del rischio metaforico del linguaggio, definisce il cambiamento di paradigma sopraggiunto nel passaggio dalla clinica delle nevrosi a quello degli stati limite"