
21/07/2025
𝙇𝘼 𝙁𝘼𝙎𝘾𝙄𝘼: 𝙄𝙇 𝙏𝙀𝙎𝙎𝙐𝙏𝙊 𝘾𝙃𝙀 𝙋𝙀𝙉𝙎𝘼, 𝙎𝙀𝙉𝙏𝙀 𝙀 𝘾𝙊𝙉𝙉𝙀𝙏𝙏𝙀
C’è una trama invisibile che tiene insieme il nostro corpo.
Un tessuto dimenticato per secoli, oggi finalmente al centro della nuova medicina: 𝙡𝙖 𝙛𝙖𝙨𝙘𝙞𝙖.
Non è un semplice involucro.
Non è solo quella pellicola bianca che si toglie nei laboratori di anatomia.
È 𝙪𝙣 𝙤𝙧𝙜𝙖𝙣𝙤 𝙫𝙞𝙫𝙚𝙣𝙩𝙚, 𝙥𝙚𝙣𝙨𝙖𝙣𝙩𝙚 𝙚 𝙨𝙚𝙣𝙯𝙞𝙚𝙣𝙩𝙚, che connette, sente, si adatta, registra memorie.
La 𝙛𝙖𝙨𝙘𝙞𝙖 è un tessuto connettivo continuo che 𝙖𝙫𝙫𝙤𝙡𝙜𝙚 𝙢𝙪𝙨𝙘𝙤𝙡𝙞, 𝙤𝙧𝙜𝙖𝙣𝙞, 𝙣𝙚𝙧𝙫𝙞, 𝙫𝙖𝙨𝙞, articolazioni. Ma soprattutto: 𝙡𝙞 𝙢𝙚𝙩𝙩𝙚 𝙞𝙣 𝙘𝙤𝙢𝙪𝙣𝙞𝙘𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚.
È una ragnatela tridimensionale che unisce ogni parte del corpo alle altre, dalla pianta del piede alla sommità del capo.
Anatomicamente, è fatta di collagene, elastina, acqua, cellule specializzate. Ma a livello profondo è 𝙖𝙩𝙩𝙞𝙫𝙖, 𝙖𝙙𝙖𝙩𝙩𝙞𝙫𝙖, 𝙨𝙚𝙣𝙨𝙞𝙗𝙞𝙡𝙚.
Trasmette forze, accompagna i movimenti, nutre, protegge, informa.
Partecipa alla propriocezione, alla difesa immunitaria, alla regolazione metabolica e al nostro equilibrio posturale.
La sua disposizione segue linee di forza (le cosiddette catene miofasciali) che spiegano perché un dolore alla spalla può dipendere da un vecchio trauma alla caviglia.
La fascia 𝙣𝙤𝙣 𝙙𝙞𝙢𝙚𝙣𝙩𝙞𝙘𝙖 𝙣𝙪𝙡𝙡𝙖: registra gli schemi motori, gli stress meccanici, i compensi, le abitudini, perfino le emozioni.
È 𝙪𝙣 𝙤𝙧𝙜𝙖𝙣𝙤 𝙨𝙚𝙣𝙨𝙤𝙧𝙞𝙖𝙡𝙚: contiene recettori per il dolore, la pressione, il movimento, la posizione del corpo e persino per le percezioni viscerali.
È uno dei principali strumenti del nostro cervello per “sentire” il corpo. È parte del nostro 𝙨𝙚́ 𝙘𝙤𝙧𝙥𝙤𝙧𝙚𝙤.
Ecco perché trattare la fascia vuol dire anche lavorare su 𝙘𝙤𝙢𝙚 𝙘𝙞 𝙥𝙚𝙧𝙘𝙚𝙥𝙞𝙖𝙢𝙤, 𝙘𝙤𝙢𝙚 𝙧𝙚𝙨𝙥𝙞𝙧𝙞𝙖𝙢𝙤, 𝙘𝙤𝙢𝙚 𝙫𝙞𝙫𝙞𝙖𝙢𝙤 𝙞𝙡 𝙣𝙤𝙨𝙩𝙧𝙤 𝙘𝙤𝙧𝙥𝙤.
𝘼 𝙡𝙞𝙫𝙚𝙡𝙡𝙤 𝙥𝙤𝙨𝙩𝙪𝙧𝙖𝙡𝙚, la fascia è come un’orchestra silenziosa che gestisce l’equilibrio dinamico tra forze, appoggi, tensioni.
Una fascia libera permette un movimento armonico. Una fascia rigida crea adattamenti, dolori, compensi silenziosi che durano anche anni.
𝙈𝙖 𝙡𝙖 𝙛𝙖𝙨𝙘𝙞𝙖 è 𝙖𝙣𝙘𝙝𝙚 𝙪𝙣 𝙩𝙚𝙧𝙧𝙞𝙩𝙤𝙧𝙞𝙤 𝙢𝙚𝙩𝙖𝙗𝙤𝙡𝙞𝙘𝙤.
Una rete fibrosa disidratata, fibrotica, poco mobile può 𝙤𝙨𝙩𝙖𝙘𝙤𝙡𝙖𝙧𝙚 𝙞𝙡 𝙢𝙞𝙘𝙧𝙤𝙘𝙞𝙧𝙘𝙤𝙡𝙤, rallentare il drenaggio linfatico, contribuire all’infiammazione cronica.
Liberare la fascia significa anche 𝙧𝙞𝙢𝙚𝙩𝙩𝙚𝙧𝙚 𝙞𝙣 𝙢𝙤𝙩𝙤 𝙞𝙡 𝙢𝙚𝙩𝙖𝙗𝙤𝙡𝙞𝙨𝙢𝙤.
𝙀 𝙥𝙤𝙞 𝙘’𝙚̀ 𝙞𝙡 𝙥𝙞𝙖𝙣𝙤 𝙚𝙢𝙤𝙩𝙞𝙫𝙤.
Ogni emozione ha una sua postura. E la fascia lo registra.
Lo stress, il trauma, la rabbia, la paura... si scrivono nei tessuti.
Alcuni trattamenti fasciali smuovono emozioni profonde, perché 𝙡𝙖 𝙛𝙖𝙨𝙘𝙞𝙖 è 𝙖𝙣𝙘𝙝𝙚 𝙖𝙧𝙘𝙝𝙞𝙫𝙞𝙤 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙚 𝙣𝙤𝙨𝙩𝙧𝙚 𝙚𝙨𝙥𝙚𝙧𝙞𝙚𝙣𝙯𝙚.
𝙄𝙣 𝙤𝙨𝙩𝙚𝙤𝙥𝙖𝙩𝙞𝙖, la fascia è un territorio sacro.
È attraverso il suo ascolto che si percepiscono tensioni, si accompagnano le forze di autoregolazione, si liberano blocchi antichi.
𝙏𝙧𝙖𝙩𝙩𝙖𝙧𝙚 𝙡𝙖 𝙛𝙖𝙨𝙘𝙞𝙖 𝙨𝙞𝙜𝙣𝙞𝙛𝙞𝙘𝙖 𝙙𝙞𝙖𝙡𝙤𝙜𝙖𝙧𝙚 𝙘𝙤𝙣 𝙡𝙖 𝙨𝙩𝙤𝙧𝙞𝙖 𝙙𝙚𝙡 𝙘𝙤𝙧𝙥𝙤.
Significa offrire al sistema nervoso una nuova possibilità di equilibrio, al respiro più spazio, al corpo una nuova libertà.
𝙇𝙖 𝙛𝙖𝙨𝙘𝙞𝙖 è molto più di un tessuto.
È 𝙞𝙡 𝙡𝙪𝙤𝙜𝙤 𝙙𝙤𝙫𝙚 𝙞𝙡 𝙘𝙤𝙧𝙥𝙤 𝙨𝙞 𝙧𝙖𝙘𝙘𝙤𝙣𝙩𝙖, dove scrive le sue strategie di sopravvivenza, le sue memorie, la sua intelligenza profonda.
𝙀 𝙖 𝙫𝙤𝙡𝙩𝙚, 𝙦𝙪𝙖𝙣𝙙𝙤 𝙨𝙞 𝙡𝙞𝙗𝙚𝙧𝙖 𝙪𝙣𝙖 𝙛𝙖𝙨𝙘𝙞𝙖, 𝙨𝙞 𝙡𝙞𝙗𝙚𝙧𝙖 𝙪𝙣𝙖 𝙥𝙖𝙧𝙩𝙚 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙣𝙤𝙨𝙩𝙧𝙖 𝙨𝙩𝙤𝙧𝙞𝙖.
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