19/11/2025
Le qualità astratte diventano reali per noi, quando sono radicate nel particolare e nel materiale. Nel corso dei secoli, i discepoli del Buddha illuminati hanno insegnato la saggezza, la compassione e la purezza interiore in modo molto potente con il loro essere, piuttosto che con le loro parole. Anche le parole che pronunciano e che rimangono con noi non sono necessariamente le più ovvie.
Uno dei miei ricordi più cari di Ajahn Chah è il suo uso di una particella grammaticale priva di contenuto, “noh?” (provate a dire ‘knock’ con un tono alto e troncando la “ck” alla fine). Questa particella ha il significato di “non è vero?” ed è informale nel tono. Implica una relazione tra chi parla e chi ascolta, in cui entrambi attingono a un patrimonio di valori ed esperienze condivisi. È un suono che senza sforzo accomuna, un caloroso “noi”.
Ancora oggi riesco a sentire il suono della voce di Ajahn Chah che usa questa particella quando mi parla. Le frasi e i contesti in cui appariva li ho dimenticati. Quello che ricordo è il calore che questo breve suono esprimeva. Dopo tutti questi anni, continuo a pensare che il suo uso di “noh?” sia il migliore indicatore sulla natura di mettā e della compassione, che io abbia mai ricevuto.
Ajahn Jayasāro, 18 novembre 2025