10/03/2022
L'ANCA
Dott.ssa Manuela Sonaglio
Dottore in Fisioterapia
Osteopata D.O.
Il complesso articolare dell’anca o “articolazione coxo-femorale” è l’articolazione più grande del nostro corpo, ed una delle più mobili.
L’anca è costituita dall’articolazione tra la testa del femore e l’acetabolo del bacino.
L’acetabolo è una conca ossea a forma di coppa situata nella parte infero-laterale del bacino, mentre la testa del femore è una sfera che si incastra perfettamente alla concavità dell’acetabolo, ed entrambi sono ricoperte di uno strato di cartilagine.
Questo collegamento osseo è rinforzato, come ogni articolazione, da una capsula articolare, legamenti, tendini e muscoli, che insieme mantengono la testa del femore stabile all’interno dell’acetabolo.
E sono proprio queste ultime strutture ad essere responsabili del 90% dei dolori all’anca.
Considerando che l’anca deve sopportare costantemente tutto il peso del tronco e stabilizzare ogni movimento di deambulazione, non c’è da stupirsi che spesso le sue strutture subiscano un qualche danno da sovraccarico funzionale. Quali sono i motivi per cui l’anca può andare in sofferenza:
contratture muscolari
tensioni legamentose
disallineamenti articolari
compressioni nervose
artrosi e artrite
Queste problematiche possono essere acuite da problemi di sovrappeso, che aumentano notevolmente il carico che dovrà sopportare l’anca, e da uno sforzo eccessivo.
Il dolore causato da coxalgia ha caratteristiche precise:
dolore all’inguine, glutei o interno coscia
clic doloroso all’inguine
aumento del dolore quando si fanno le scale
tensione dietro le articolazioni dell’anca durante lo stretching
L’osteopata, attraverso tecniche manuali, può rimuovere gli ostacoli al normale funzionamento di una o piu’ articolazioni per ripristinare proprio quell’equilibrio funzionale che si era alterato.
Per chi soffre di coxartrosi o semplicemente artrosi dell’anca, il dolore si localizza all’inguine, al gluteo, nella faccia anteriore, medialmente e lateralmente della coscia, al ginocchio.
La coxartrosi viene distinta in primaria e secondaria. Nella primaria i soggetti più colpiti sono le donne sopra i 50 anni e può essere associata prevalentemente all’obesità, all’età, all’ereditarietà, al post menopausa, ad alterazioni metaboliche. Nella secondaria, come dice la parola stessa, è secondaria a patologie già esistenti.
Maggiormente colpiti i giovani con fattori predisponenti come displasia congenita, esiti traumatici, patologie vascolari, reumatiche, metaboliche. Queste persone assumono un atteggiamento antalgico durante la stazione eretta e la sua deambulazione risulta alterata.
L’obiettivo della terapia osteopatica è quello di ristabilire la mobilità che è stata alterata normalizzando tutte le aree di carico del bacino e riducendo anche le tensioni tissutali, riducendo la sintomatologia e l’evoluzione degenerativa.
L’osteopata non si concentra unicamente sul dolore provato dal paziente ma verifica l’esistenza di una eventuale sequenza meccanica ascendente e discendente normalizzando l’eventuale adattamento del piede, del ginocchio, del bacino, della colonna e di tutte le strutture ossee e fasciali che entrano in relazione con l’anca.