06/11/2025
Da ormai qualche anno tra ottobre e novembre faccio accoglienza in un liceo della provincia. Tra le varie attività proposte, ce n’è una più individuale, in cui chiedo le proprie impressioni su come sia andato il percorso scolastico fino ad oggi, se si siano integrati nella classe, quali siano le aspettative e quali difficoltà prevedano di incontrare durante questi cinque anni.
Inutile dire che spesso i ragazzi mi rivelano di aver passato momenti difficili, in cui non si sono sentiti capiti, hanno pensato di essere un fallimento e una delusione per la famiglia.
Addirittura, chi per rappresentare la sua esperienza fino a oggi ha disegnato l’inferno dantesco, provocandomi un mix di profonda amarezza e ammirazione per quel guizzo di creatività che troppo spesso nelle scuole di oggi non viene riconosciuto o sostenuto adeguatamente.
Uno scritto però ha attirato la mia attenzione: una ragazza che, dopo essersi confidata, mi ringrazia per aver letto le sue parole.
Mi ringrazia.
Per averla letta.
Per aver chiesto.
Per essermi interessata.
Ecco, a prescindere dalle riflessioni che possiamo fare sull’istituzione scolastica odierna, che è vero abbia innumerevoli difficoltà ma anche non sempre per “colpa” sua, credo sia fondamentale ripartire da qui.
Ricominciare a chiedere.
Ricominciare ad ascoltare.
Ricominciare a vederli.
Ricominciare a comunicare con loro.
Perché quello che per noi può essere qualcosa di “semplice, banale, scontato”, per un adolescente in quel momento rappresenta il suo mondo.
E noi abbiamo il dovere di spiegare, di accompagnarli nel percorso di crescita, di esserci quanto più possibile senza giudicarli anche se hanno un pensiero nettamente diverso dal nostro.
Perché se si riesce ad entrare nel loro mondo… sono pronti a raccontarvelo.