14/11/2025
Elogio a ciò che non si lascia addomesticare,
alla piega ribelle di un capello che rifiuta l'ordine,
come un pensiero che si sottrae alla gabbia delle abitudini.
Elogio al fare semplice
che non è povertà
ma ricchezza spogliata del superfluo,
gesto puro, essenziale, senza maschere.
Elogio al fermarsi,
quando il mondo preme e chiede di correre,
e invece tu ti sdrai nell’erba umida,
lasci che la notte ti cada addosso
e conti le stelle come fossero risposte
a domande che nemmeno sai formulare.
Perché c'è una saggezza antica
nel disobbedire alla fretta.
Elogio alle piante selvatiche,
che germogliano dove nessuno le ha invitate,
che si insinuano tra pietre e asfalto,
e, come i sogni ostinati,
trovano sempre una fessura per fiorire.
Esse sanno ciò che noi dimentichiamo:
che non c'è luogo veramente ostile
se non un cuore chiuso.
Elogio ai piedi nudi,
sporchi di terra e di libertà,
alle mani che odorano di semi e di futuro,
alle ginocchia sbucciate che portano il segno
di una felicità non protetta.
Elogio ai rametti tra i capelli,
piccoli trofei di un incontro col bosco,
alla pelle graffiata che sa ancora sentire.
Elogio al vento,
che non domanda permesso per entrare,
che scompiglia, rovescia, smuove,
che sa essere carezza o tempesta
ma mai indifferenza.
E in questo elogio al selvatico
c'è il riconoscimento di una verità silenziosa:
che la nostra anima fiorisce
non quando è al sicuro
ma quando è libera.
Elogio al selvatico
grazie sempre