18/05/2022
𝐄𝐜𝐜𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞̀ 𝐢 𝐛𝐢𝐦𝐛𝐢 𝐚𝐟𝐫𝐢𝐜𝐚𝐧𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐢𝐚𝐧𝐠𝐨𝐧𝐨.
𝐽. 𝐶𝑙𝑎𝑖𝑟𝑒 𝐾. 𝑁𝑖𝑎𝑙𝑎 𝑒̀ 𝑢𝑛𝑎 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑎 𝑎𝑓𝑟𝑖𝑐𝑎𝑛𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑣𝑖𝑣𝑒 𝑛𝑒𝑙 𝑅𝑒𝑔𝑛𝑜 𝑈𝑛𝑖𝑡𝑜 𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑟𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑎 𝑖 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑖 𝑚𝑒𝑠𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑢𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑖𝑛𝑠𝑖𝑒𝑚𝑒 𝑎 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑢𝑎 𝑏𝑎𝑚𝑏𝑖𝑛𝑎, 𝑟𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑎 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑒̀ 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑓𝑎𝑐𝑖𝑙𝑒 𝑒 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑒 ℎ𝑎 𝑎𝑓𝑓𝑟𝑜𝑛𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑙𝑒 𝑑𝑖𝑓𝑓𝑖𝑐𝑜𝑙𝑡𝑎̀ 𝑚𝑎 𝑠𝑜𝑝𝑟𝑎𝑡𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑟𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑎 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑒 ℎ𝑎 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑏𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑎 𝑠𝑎𝑝𝑒𝑟 “𝑙𝑒𝑔𝑔𝑒𝑟𝑒” 𝑖 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑖 𝑓𝑖𝑔𝑙𝑖…
Sono nata e cresciuta in Kenya e Costa d’Avorio e dall’età di 15 anni ho vissuto nel Regno Unito. Tuttavia, ho sempre saputo che volevo crescere i miei figli (quando li avrei avuti) a casa in Kenya. Sì ero certa che ne avrei avuti.
Sono una moderna donna africana, con due lauree, faccio parte della generazione di donne che lavora, ma quando si tratta di bambini, sono tipicamente africana.
Il presupposto rimane che non si è completi senza di loro, i bambini sono una benedizione che sarebbe f***e evitarli. In realtà la questione non si pone neppure.
Ho iniziato la mia gravidanza nel Regno Unito. La voglia di tornare a casa era così forte che ho venduto la mia licenza, ho impostato una nuova attività e cambiato casa e paese entro i primi cinque mesi di gravidanza.
Ho fatto quello che la maggioranza delle donne nel Regno Unito fanno, ho letto voracemente: i nostri bambini, noi stessi, Unconditional Parenting e l’elenco potrebbe continuare (mia nonna ha poi commentato che i bambini non leggono libri e davvero tutto quello che dovevo fare era “leggere” il mio bambino).
Tutto quello che ho letto, spiegava che i bambini africani piangevano meno dei bambini europei. Ero incuriosito sul perché. Quando sono tornata a casa ho osservato. Ho guardato e madri e bambini erano ovunque, anche se molte giovani africane, prima delle sei settimane del neonato stanno principalmente a casa.
La prima cosa che ho notato è che, nonostante la loro ubiquità, in realtà era abbastanza difficile “vedere” un bambino keniota.
Di solito sono incredibilmente ben avvolti prima di essere trasportati o legati sulle loro madri (a volte sul padre). Anche i bambini più grandi che vengono portati sulla schiena vengono ulteriormente protetti dalle intemperie da una grande coperta. Saresti fortunato a scorgere un arto, figuriamoci un occhio o il naso. La protezione è una replica come dell'”utero”. I bambini sono letteralmente protetti dallo stress del mondo esterno in cui stanno entrando.
La mia seconda osservazione invece fu di tipo culturale.
Nel Regno Unito, si è capito che i bambini piangono. In Kenya, è tutto il contrario. La normalità è che i bambini non piangono. Se lo fanno, qualcosa è terribilmente sbagliato e deve essere corretto immediatamente. Mia cognata inglese ha riassunto bene la situazione: “La gente qui, in realtà non ama i bambini che piangono, vero?”
Tutto ha preso molto più senso quando finalmente mia nonna è venuta a trovarmi. Come è normale, il mio bambino ha pianto per una discreta quantità di tempo. Esasperata e stanca, ho dimenticato tutto quello che avevo letto e, a volte mi sono unita al pianto. Eppure, per mia nonna era semplice: “Nyonyo (allattalo)!“.
𝗘𝗿𝗮 𝗹𝗮 𝘀𝘂𝗮 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗼𝘀𝘁𝗮 𝗮𝗱 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝘀𝗶𝗻𝗴𝗼𝗹𝗼 𝗽𝗶𝗮𝗻𝘁𝗼.
Ci sono stati momenti in cui aveva il pannolino bagnato, oppure l’avevo coricato troppo presto, o che aveva bisogno di fare il ruttino, ma soprattutto voleva solo essere attaccato al seno e non aveva molta importanza se le si dava da mangiare o semplicemente un momento di conforto.
La portavo legata a me e condividevamo il sonno, quindi allattarla sempre è stata una naturale estensione di quello che stavamo facendo.
Ho improvvisamente imparato il non-così-difficile-segreto del gioioso silenzio dei bambini africani.
È stata una semplice simbiosi di bisogni che si incontrano e che ha richiesto una sospensione totale di quello che dovrebbe accadere e di abbracciare ciò che stava realmente accadendo in quel momento.
La linea di fondo è che il mio bambino è stato nutrito molto, molto di più di quanto avessi mai letto, almeno cinque volte tanto quanto alcuni dei protocolli di alimentazione più severi che avevo letto.
A circa quattro mesi, quando un sacco di mamme urbane iniziano a introdurre i solidi come le linee guida si erano raccomandate, mia figlia tornò ad attaccarsi al seno come i neonati, ogni ora, il che è stato uno shock totale. Negli ultimi quattro mesi, il tempo che intercorre tra le poppate aveva lentamente iniziato ad aumentare. Avevo anche iniziato a seguire qualche paziente senza che i miei seni perdessero latte o che la baby-sitter di mia figlia, mi interrompesse la sessione col paziente per farmi sapere mia figlia aveva bisogno di un mangiare.
La maggior parte delle madri del gruppo mamma-bambino avevano diligentemente iniziato a introdurre il riso nell’alimentazione del bambino (per allungare il tempo delle poppate) e tutti i pediatri professionisti coinvolti nella vita dei nostri figli, anche doule, dicevano che questo era giusto.
Le madri avevano troppo bisogno di riposo, avevamo fatto cose incredibili per arrivare a quattro mesi di allattamento esclusivo, e ci avevano assicurato che i nostri bambini sarebbero stati bene. Qualcosa per me non andava e anche quando ho provato, senza troppa convinzione, di mescolare papaia (il cibo tradizionale svezzamento in Kenya) con latte in polvere e di darlo a mia figlia, no ne ha voluto sapere.
Così ho chiamato mia nonna.
𝗟𝗲𝗶 𝗺𝗶 𝘀𝗽𝗶𝗲𝗴𝗼̀ 𝗮𝘁𝘁𝗲𝗻𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗹’𝗮𝗹𝗹𝗮𝘁𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗮𝗹 𝘀𝗲𝗻𝗼 𝘀𝗶𝗮 𝘁𝘂𝘁𝘁’𝗮𝗹𝘁𝗿𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗶𝗻𝗲𝗮𝗿𝗲.
“Lei ti dirà quando è pronta per il cibo – e quando per il suo corpo sarà troppo.”
“Che cosa farò fino ad allora” Ero ansiosa di sapere.
“Tu fai quello che hai fatto prima, nyonyo regolare” (allattala regolarmente)
Così la mia vita rallentò, e andò di nuovo verso il basso per quello che sembrava un punto morto. Mentre molti dei miei contemporanei si meravigliava di come i loro figli dormivano più a lungo ora che avevano introdotto il riso ed avevano persino incominciato ad avventurarsi su altri alimenti, io mi svegliavo ogni ora o ogni due ore con mia figlia e dovevo dire ai pazienti che il ritorno al lavoro non era come avevo programmato.
Poi scoprii che, inconsapevolmente, mi stavo trasformando in un servizio di sostegno delle altre mamme. Il mio numero di telefono ha fatto il giro e molte volte mentre stavo dando da mangiare al mio bambino mi capitava di sentire pronunciare le parole: “Sì, basta allattarlo. Sì, anche se lo hai appena fatto. Sì, si potresti anche non riuscire a uscire dal tuo pigiama oggi. Sì, ha ancora bisogno di mangiare e bere come un cavallo. No, ora non potrebbe essere il momento di prendere in considerazione di tornare al lavoro se ti puoi permettere di non farlo“
E, infine, mi assicurarono le madri: ”Sarà più facile“
Ho dovuto fidarmi solo quest’ultimo consiglio in quanto non era ancora “più facile” per me.
Circa una settimana prima che mia figlia compisse cinque mesi, abbiamo fatto un viaggio verso il Regno Unito per un matrimonio e per farle incontrare la famiglia e gli amici. Perché ho avuto pochissime altre richieste, ho facilmente conservato il suo programma di alimentazione.
Nonostante gli sguardi sconcertati di molti stranieri, ho continuato a dare da mangiare a mia figlia in molti luoghi pubblici diversi (la maggior parte delle camere di allattamento al seno sono nei bagni, che proprio non riuscivo a usare). Alle nozze, le persone al nostro tavolo ci osservavano: “Lei è una bambina calma, ma la allatti ancora tanto.” Ho continuato il mio silenzio.
Un’altra signora ha commentato: “Anche se ho letto da qualche parte che i bambini africani non piangono molto.”
Non ho potuto fare a meno di ridere.
𝒟ℴ𝓁𝒸ℯ 𝓈𝒶ℊℊℯ𝓏𝓏𝒶 𝒹𝒾 𝓂𝒾𝒶 𝓃ℴ𝓃𝓃𝒶:
1. Offrire il seno ogni volta che il vostro bambino è turbato anche se ha appena mangiato.
2. Molte volte si può nutrire il bambino prima che sia completamente sveglio, che permetterà loro di tornare a dormire più facilmente e così si riposerà meglio e di più.
3. Portare sempre con sé una bottiglia di acqua calda a letto per mantenerti idratata e favorire lo scorrimento del latte.
4. Rendere l’alimentazione del vostro bimbo la priorità (in particolare durante le impennate di crescita) e fare in modo che tutti gli altri intorno a te facciano il più possibile per voi. C’è ben poco che non può aspettare.
𝗟’𝗮𝗹𝗹𝗮𝘁𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗮𝗹 𝘀𝗲𝗻𝗼 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝗹𝗶𝗻𝗲𝗮𝗿𝗲, 𝘀𝗶 𝗴𝗶𝗿𝗮 𝗶𝗻 𝗰𝗲𝗿𝗰𝗵𝗶𝗼, 𝘀𝗶 𝘃𝗮 𝗴𝗶𝘂̀, 𝗺𝗮 𝘀𝗲𝗶 𝘁𝘂 𝗹’𝗲𝘀𝗽𝗲𝗿𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗲𝘀𝗶𝗴𝗲𝗻𝘇𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝘁𝘂𝗼 𝗯𝗮𝗺𝗯𝗶𝗻𝗼.
𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑜 𝑑𝑎 www.eticamente.net/11232/ecco-perche-i-bimbi-africani-non-piangono
[testo originale www.incultureparent.com/why-african-babies-dont-cry/ • tradotto da Valeria Bonora]
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