21/08/2025
D'accordo, da anni sentiamo dire che la mindfulness “riduce lo stress” e “favorisce la crescita personale”, il benessere e via dicendo. Sembrano sentenze pretenziose e un tantino promozionali, e difficilmente poi si va a vedere cosa ci sia dentro il calderone, in maniera un po' più approfondita. Per cui, alla fine, questa sembra un qualcosa che "forse fa bene", anche se non si sa bene come, un po' come bere l'acqua col limone al mattino.
I primi studi di neuroscienze sulla meditazione risalgono agli anni 70, ma negli ultimi anni c'è stata una vera e propria esplosione in termini di quantità e qualità di sperimentazioni. Oggi abbiamo una vastità impressionante di pubblicazioni, e queste ci hanno dato tante risposte, anche se la ricerca potrebbe proseguire all'infinito.
Studi di risonanza magnetica hanno mostrato che dopo un programma di otto settimane di mindfulness, la struttura stessa del cervello cambia: l’ippocampo e la neocorteccia, aree legate all’apprendimento e alla regolazione delle emozioni, si ispessiscono; l’amigdala, che attiva la risposta di allarme e di ansia, riduce la sua iperattività. È come se la mente imparasse a non restare prigioniera del “pulsante d’emergenza” che si accende troppo spesso. Poi si osservano modifiche nell'insula, legata alla consapevolezza corporea e ai sensi, e aumenta l'attività di scambio tra lobo destro e sinistro.
Tutto dipende dalla neuroplasticità: la capacità del nostro cervello di modificarsi in base alle esperienze. Ogni volta che pratichiamo attenzione consapevole, stiamo letteralmente creando nuove connessioni neurali, che rafforzano calma e lucidità invece che ansia e reattività.
La mindfulness non si limita a modificare la struttura del nostro cervello. Cambia anche il nostro modo di sentire: durante la pratica aumenta la produzione di neurotrasmettitori come serotonina e dopamina, che regolano il tono dell’umore, ma anche acetilcolina, che favorisce un profondo stato di rilassamento.
La cosa più affascinante è che non servono anni di pratica. All'inizio è difficile, faticoso, e ci si sente inadeguati. Dopo poche settimane di allenamento costante, superato lo scoglio del "non sono capace, non fa per me", meditare diventa semplice, e sempre di più un appuntamento irrinunciabile con sè stessi. È un po’ come imparare a suonare uno strumento: all’inizio sembra impossibile, poi le dita si muovono da sole. Con la mindfulness succede lo stesso: la mente impara a tornare al presente con naturalezza.
Forse per questo, al di là delle mode, la mindfulness continua ad attrarre scienziati e curiosi. Perché ci mostra che cambiare è possibile, non solo nelle nostre abitudini, ma nella materia viva del cervello.