Fisioterapia Centro Salus Ascoli Piceno

Fisioterapia Centro Salus Ascoli Piceno Il Centro Salus si occupa di rieducazione funzionale e riabilitazione in regime di convenzione con i

27/07/2025

Benvenuti a un nuovo episodio di “Commenta che ti passa: dove i tuoi commenti trasformano i nostri post!” 🤭

Ogni volta partiamo da un contenuto condiviso, ma è il confronto tra colleghi, pazienti, esperti e curiosi a renderlo più ricco, completo e utile.

Buona lettura!

Tacchi e carico sull’avampiede: cosa succede davvero quando cambiamo altezza?

Quando si parla di calzature, spesso il discorso si limita a estetica e moda. Ma in fisioterapia, e nella biomeccanica clinica in generale, ogni centimetro di tacco racconta una storia ben più complessa: quella della distribuzione del carico sul piede e delle ripercussioni che può avere su tutto il corpo.

La biomeccanica del tacco: più sali, più spingi avanti, semplice no?

Quando il piede è piatto sul terreno (cioè senza tacco), la distribuzione del peso corporeo è relativamente bilanciata: circa il 43% del carico grava sull’avampiede, mentre il 57% resta sul tallone. Questa proporzione rappresenta una condizione fisiologica, che il corpo ha imparato ad assorbire e gestire nel tempo.

Ma basta salire anche solo di qualche centimetro per cambiare il gioco.

Con un tacco di 4 cm, la situazione si ribalta: il 57% del carico passa sull’avampiede e il 43% sul tallone.

A 6 cm, la spinta anteriore aumenta, con un 75% del carico sull’avampiede e solo un 25% sul tallone.

Sopra i 10 cm, si può arrivare a scaricare fino al 90-100% del peso sull’avampiede, con una quasi totale esclusione del tallone dal gioco di carico.

Questo significa un enorme aumento dello stress sulle articolazioni metatarsali, sui muscoli flessori plantari e su tutte le strutture connettivali coinvolte nella gestione del carico.

Il rischio biomeccanico: dal piede alla colonna.

Il sovraccarico dell’avampiede può portare a condizioni dolorose e adattamenti posturali compensatori. Le metatarsalgie, ad esempio, sono tra le conseguenze più frequenti, ma non le uniche.

Una tensione continua sull’avampiede può contribuire nel tempo a sviluppare alluce valgo, deformità delle dita e ispessimenti plantari. Può creare squilibri muscolari e articolari a carico della caviglia, del ginocchio e dell’anca, alterando l’orientamento del bacino e la curvatura lombare. Tutto ciò può arrivare a modificare la postura globale.

Come osservato anche da Marco: “il punto non è tanto solo quanto carico si sposta, ma dove e come il piede dovrebbe stare quando è ben educato a farlo.”

Idealmente, un piede rieducato distribuisce il carico a terra con una ripartizione funzionale: 50% sul tallone, 40% sul primo metatarso, 10% sul quinto. Un equilibrio che favorisce stabilità, efficienza e postura corretta.

Ed è proprio da qui che nasce una delle riflessioni più importanti: sono le scarpe a doversi adattare ai nostri piedi, non il contrario.

“Barefoot o tradizionali?” Chiede Marina.

Nel dibattito che spesso anima le discussioni tra fisioterapisti, runner e pazienti, il tema delle scarpe barefoot (o minimaliste) divide. Ma è importante chiarire: non si tratta di moda, si tratta di funzione.

Come spiegato in risposta a Marina, le scarpe barefoot sono pensate per riprodurre la camminata a piedi nudi, permettendo una distribuzione più naturale del carico e stimolando i muscoli intrinseci del piede. Tuttavia, non sono adatte a tutti.

Chi non è abituato deve procedere con gradualità, proprio per evitare dolori o sovraccarichi. In questi casi, l’uso delle barefoot può e deve essere accompagnato da esercizi mirati, valutazione clinica e adattamento progressivo.

Una buona calzatura, sia essa barefoot o tradizionale, dovrebbe sempre rispettare tre criteri fondamentali.

Prima di tutto una suola flessibile, che consenta al piede di muoversi liberamente.
In secondo luogo uno spazio sufficiente per le dita, evitando compressioni e per ultimo un supporto adeguato, calibrato sul tipo di piede e sul livello di attività della persona.

Lo ha sottolineato bene anche Andrea, suggerendo (con ironia) di conservare il post come risposta pronta per chi critica le calzature barefoot: il punto non è schierarsi, ma capire quando e per chi sono adatte.

E la lunghezza del piede? Un fattore spesso dimenticato!

Una delle osservazioni più tecniche ma fondamentali è arrivata da Valeria, che ha posto un quesito tanto semplice quanto trascurato:

“Un tacco da 10 cm ha lo stesso effetto su un piede numero 36 e su un 41?”

La risposta è: assolutamente no. La lunghezza del piede cambia radicalmente l’inclinazione del piede stesso all’interno della scarpa, e di conseguenza la distribuzione del carico sull’avampiede.

Inoltre, aspetti come il cavismo, la dominanza del primo dito o la forma dell’arco plantare modificano ulteriormente l’effetto finale del tacco. Ogni piede ha la sua storia, la sua meccanica e le sue vulnerabilità. E riconoscerlo significa aprire la strada alla personalizzazione delle calzature e a una valutazione fisioterapica sempre più individualizzata.

Il consiglio pratico (con un tocco di buon senso) 😌

Se stai pensando di passare alle barefoot, inizia con cautela e criterio. Dai tempo al piede di adattarsi, lavora sull’elasticità, sulla forza dei muscoli plantari e sulla propriocezione. E se invece preferisci scarpe più strutturate, punta a comfort, flessibilità e rispetto della tua biomeccanica personale.

Come direbbe Gianni: “non è il piede che si deve adattare alla scarpa, ma il contrario.”

Avrete capito che il piede è una struttura dinamica, sensoriale, adattiva. Il tacco è solo un centimetro in più, ma può diventare un chilometro di differenza nella tua postura.

Questo contenuto è stato aggiornato e migliorato grazie ai commenti e alle osservazioni ricevute: un esempio concreto di come la conoscenza cresca nel dialogo.

Se l’hai trovato utile, condividilo con chi potrebbe beneficiarne: colleghi, studenti, pazienti o semplici curiosi.

E se anche tu hai qualcosa da aggiungere.. commenta che ti passa! 😉

Il prossimo episodio potrebbe nascere proprio dalla tua esperienza. 👏

19/07/2025
21/06/2025

Ed eccoci nuovamente alle porte del fine settimana, per un nuovo episodio di "Patologie Spiritose, dove affrontiamo i malanni.. tra curiosità e leggerezza!"

Oggi parliamo di un disturbo che arriva in punta di piedi.. anzi, di anca: la lesione del labbro acetabolare! Se sentite un “clic”, un blocco o un dolore profondo all’inguine, non sempre è colpa dei pantaloni troppo stretti: potrebbe essere proprio il labbro dell’anca che sta soffrendo.

Cos’è e dov’è?

Il labbro acetabolare è una struttura fibrocartilaginea che avvolge il bordo della cavità dell’acetabolo (la “coppa” che accoglie la testa del femore).
Serve a stabilizzare l’anca, aumentare la congruenza articolare e sigillare il liquido sinoviale. Quando si lesiona, può causare dolore, blocchi e una fastidiosa sensazione di “scatto” interno.

Curiosità divertente:

Nonostante il nome “labbro”, non c’entra nulla con il viso (e neanche con il bacio!). Ma può “sussurrare” dolore all’inguine, specialmente durante certi movimenti. E se senti clic o blocchi, non è l’anca che scrolla il feed, ma sta chiedendo aiuto!

Come si sviluppa?

Le lesioni possono essere:

- traumatiche (cadute, torsioni improvvise)

– degenerative (sovraccarico, displasia, FAI ovvero conflitto femoro-acetabolare)

Il labbro può fissurarsi o staccarsi parzialmente, generando attrito, infiammazione e alterazioni nella biomeccanica del bacino.

Nella vita quotidiana:

I sintomi più comuni sono:

- dolore profondo all’inguine, soprattutto nei movimenti di flessione o rotazione,

- sensazione di scatto o clic interno,

- a volte limitazione nei movimenti o debolezza nel camminare o salire le scale
Anche restare troppo seduti o incrociare le gambe può accentuare il dolore.

Parole complicate, spiegate semplici

Labbro acetabolare: un anello cartilagineo che tiene fermo il femore nell’acetabolo e rende l’anca più stabile.

FAI (Femoro-Acetabular Impingement): una condizione in cui il femore e l’acetabolo vanno in conflitto meccanico, schiacciando il labbro.

Accenni di fisioterapia

Se la lesione non è severa o non chirurgica, il trattamento fisioterapico mira a:

– rinforzare i muscoli del core e dell’anca per ridurre il carico articolare,

– correggere il gesto motorio (soprattutto sportivo),

– lavorare su mobilità, stabilità lombo-pelvica e rieducazione posturale,

– evitare movimenti estremi in flessione + rotazione interna.

Se la lesione è significativa, può essere necessario l’intervento artroscopico (riparazione o debridement).

Curiosità scientifica

Molti pazienti con lesione del labbro acetabolare vengono trattati inizialmente per pubalgia o ernia inguinale, senza successo. Solo con RMN specifica o artro-RMN si arriva alla diagnosi corretta. E il tempo è prezioso: una lesione trascurata può portare a degenerazione articolare precoce.

Conclusione

Il labbro dell’anca può essere piccolo, ma il suo ruolo è enorme. Se inizia a “lamentarsi”, non ignorarlo! Con una valutazione precisa e un piano fisioterapico mirato, puoi evitare peggioramenti e.. tornare a muoverti con stile.

A sabato prossimo per il prossimo episodio! 👋

18/05/2025

Benvenuti a un nuovo episodio di “Patologie Spiritose”, dove affrontiamo i malanni.. tra curiosità e leggerezza! Oggi scendiamo.. proprio in basso! Parliamo infatti di un dolore fastidioso sotto al piede, quello che ti fa dire “ahi!” appena scendi dal letto. Se il tuo tallone ti dà il buongiorno con una stilettata, potresti avere a che fare con la fascite plantare! 👣

Cos’è e dov’è?

La fascite plantare è un’infiammazione della fascia plantare, una struttura fibrosa che collega il calcagno (tallone) alle dita del piede. La sua funzione è quella di sostenere l’arco plantare e ammortizzare l’impatto durante il cammino. Ma quando la si sovraccarica, si infiamma e.. camminare diventa una tortura! 🔥

Curiosità divertente

Sai qual è il momento della giornata in cui la fascite plantare si fa sentire di più? Appena scendi dal letto! Il piede ha “riposato” tutta la notte, e la fascia, accorciata, viene stirata di colpo al primo passo. È un po’ come ti**re un elastico freddo: protesta subito!

Come si sviluppa?

Questa condizione si sviluppa a causa di sovraccarico meccanico, calzature inadeguate, appoggio scorretto o aumento repentino dell’attività fisica (soprattutto corsa o camminata). È particolarmente frequente in persone con piedi piatti o cavi, sovrappeso, o in chi passa molte ore in piedi.

Nella vita quotidiana

Se senti dolore acuto al tallone appena ti alzi, o dopo lunghe camminate, potresti avere una fascite plantare. Il dolore può diminuire con il movimento, ma peggiora a fine giornata o dopo l’attività. E no, non è solo colpa delle scarpe.. spesso è tutto l’assetto posturale a influire! 😵

Parole complicate, spiegate semplici

Fascia plantare: una specie di “corda tesa” sotto il piede che aiuta a mantenere l’arco e a distribuire le forze quando cammini.

Infiammazione: la reazione del corpo quando una struttura è troppo sollecitata. Il dolore è il suo modo di chiedere una pausa!

Accenni di fisioterapia

Il trattamento prevede stretching mirato della fascia plantare e del tricipite surale, mobilizzazione dell’arco plantare, rinforzo muscolare del piede e della catena posturale inferiore, oltre all’uso di solette personalizzate se c’è un appoggio anomalo. Tecniche manuali, rieducazione propriocettiva e terapia miofasciale completano l’intervento.

Curiosità scientifica

Sapevi che la fascite plantare è una delle principali cause di dolore al tallone negli adulti? E che la spina calcaneare, quando presente, non è la causa del dolore, ma una conseguenza cronica dello stress sulla fascia?

Conclusione

La fascite plantare può rallentare ogni tuo passo, ma con attenzione, buone calzature e fisioterapia mirata, puoi tornare a camminare con leggerezza. E la mattina, il primo passo sarà solo l’inizio di una giornata.. non di un dolore!

A sabato prossimo per il prossimo episodio! 👋

08/04/2025

Scopri consigli pratici e approfondimenti sul benessere fisico e la fisioterapia. Leggi i nostri articoli su EduCare Fisio.

05/04/2025
30/03/2025

La pubalgia, nota anche come sindrome retto-adduttoria, è una delle patologie più temute da calciatori, runner e atleti che eseguono movimenti esplosivi con gli arti inferiori. Si manifesta con dolore nella regione pubica, inguinale o sulla parte interna della coscia, spesso peggiorando con l’attività fisica e compromettendo le prestazioni sportive.

Anatomia coinvolta

Il problema nasce dall’interazione tra muscoli adduttori e retti dell’addome. Questi due gruppi muscolari si inseriscono sul p**e e, in caso di squilibrio, possono creare sovraccarichi e infiammazione sulla sinfisi pubica.

I principali responsabili sono:

Muscoli adduttori (Adduttore lungo, breve e grande, pettineo, gracile) → Sollecitati nei movimenti di chiusura delle gambe e nei cambi di direzione.

Muscoli retti dell’addome → Importanti per la stabilizzazione del core e il trasferimento di forza tra tronco e gambe.

Muscolo ileopsoas → Se troppo rigido, altera la dinamica del bacino e può contribuire alla disfunzione biomeccanica.

⚠️ Perché si manifesta la pubalgia?

Le cause principali includono:

- squilibrio tra muscoli adduttori e retti dell’addome → Se gli adduttori sono troppo contratti o i retti addominali troppo deboli, il p**e diventa il punto di compensazione.

- sovraccarico funzionale e microtraumi ripetuti → Sport come il calcio, il rugby o il tennis richiedono movimenti esplosivi e improvvisi cambi di direzione, aumentando il rischio.

- deficit di mobilità dell’anca e del bacino → Un’alterata biomeccanica può creare tensioni eccessive sui tessuti molli della regione pubica.

- rigidità lombare e instabilità del core → Se la stabilità del tronco è compromessa, gli adduttori vengono sovraccaricati per compensare la mancanza di controllo.

Valutazione e strategie di trattamento

📌 Test clinici per la diagnosi:

Test di squeeze → Il paziente stringe le ginocchia contro resistenza, evocando dolore pubico.

Test di resistenza adduttoria → Valutazione della forza e del dolore sugli adduttori.

Palpazione della sinfisi pubica → Per identificare infiammazione o sensibilità locale.

📌 Trattamento e prevenzione:

Rieducazione posturale e core stability → Rinforzare gli addominali profondi e migliorare il controllo del bacino.

Stretching e mobilità dell’anca → Migliorare la flessibilità degli adduttori e del comparto anteriore del bacino.

Tecniche di terapia manuale → Per ridurre tensioni miofasciali e migliorare la funzione muscolare.

Potenziamento graduale e ritorno allo sport → Rinforzare progressivamente i gruppi muscolari coinvolti per evitare recidive.

Conclusione

La pubalgia non è un semplice fastidio, ma un campanello d’allarme biomeccanico. Ignorarla significa rischiare di aggravare la situazione e allungare i tempi di recupero. L’approccio giusto prevede un lavoro mirato su mobilità, stabilità e forza per garantire una ripresa completa e duratura.

⚠️ Se avverti dolore pubico persistente, non aspettare! Un’analisi biomeccanica approfondita e una strategia di trattamento personalizzata sono fondamentali per risolvere il problema alla radice.

17/03/2025

Ti è mai capitato di avvertire formicolio, intorpidimento o dolore irradiato al braccio, alla spalla o al collo senza una causa apparente? Potrebbe essere coinvolta una radice cervicale!

I dermatomeri cervicali sono le aree cutanee innervate dalle radici spinali C1-C8 e svolgono un ruolo fondamentale nella percezione sensoriale dell’arto superiore e del collo.

PERCHÉ È IMPORTANTE CONOSCERLI?

Ogni radice nervosa cervicale invia segnali a una zona specifica del corpo. Se una di queste radici viene compressa, irritata o danneggiata (ad esempio, da un’ernia discale, spondilosi cervicale o stenosi), il paziente può riferire alterazioni della sensibilità e dolore irradiato lungo il percorso nervoso.

MAPPA DEI DERMATOMERI CERVICALI

C2 → Sensibilità alla parte posteriore della testa e della nuca
C3 → Collo posteriore e laterale
C4 → Spalla e zona clavicolare
C5 → Parte laterale del braccio fino al gomito
C6 → Faccia laterale dell’avambraccio, pollice e indice (il classico dolore della radicolopatia C6)
C7 → Dita medie della mano, con estensione fino all’avambraccio posteriore
C8 → Mignolo, anulare e bordo ulnare della mano

QUANDO UN DERMATOMERO È ALTERATO?

Una compressione radicolare può manifestarsi con sintomi come:

Dolore radicolare. Dolore che segue il percorso della radice nervosa
Parestesie. Formicolii, intorpidimenti, sensazioni di “scossa elettrica”
Ipoestesia. Riduzione della sensibilità tattile
Debolezza muscolare. Se oltre alla sensibilità, è coinvolta anche la componente motoria

Esempi pratici:

Se il pollice e l’indice sono intorpiditi o dolenti → Possibile compressione di C6

Se il dito medio è colpito → Possibile coinvolgimento di C7

Se il mignolo e l’anulare sono interessati → Attenzione alla radice C8

COSA PUÒ PROVOCARE UNA RADICOLOPATIA CERVICALE?

Ernia del disco → Compressione della radice a livello foraminale

Artrosi cervicale → Riduzione dello spazio intervertebrale e osteofiti

Disfunzioni posturali → Compressione cronica dovuta a iperlordosi cervicale o tensioni muscolari

Traumi e colpi di frusta → Infiammazioni o stiramenti delle radici nervose

QUANDO PREOCCUPARSI?

Se i sintomi persistono, peggiorano o si associano a perdita di forza, difficoltà motorie o alterazioni della funzione degli arti superiori, è fondamentale eseguire una valutazione fisioterapica e neurologica per comprendere la causa del problema e impostare un trattamento mirato.

CONCLUSIONE: CONOSCERE I DERMATOMERI SIGNIFICA PREVENIRE!

Saper riconoscere il pattern dermatomerico aiuta a identificare precocemente l’origine di un dolore irradiato e a trattarlo nel modo più efficace.

Hai mai avuto un dolore irradiato al braccio o alla mano? Raccontaci la tua esperienza nei commenti! 🗣

25/01/2025
04/01/2025

Cisti di Baker: il misterioso rigonfiamento dietro il ginocchio! 🦵

Benvenuti a un nuovo episodio di "Patologie Spiritose", dove affrontiamo i malanni… tra curiosità e leggerezza! Oggi parliamo della cisti di Baker, un ospite indesiderato che si presenta come un rigonfiamento dietro il ginocchio. Se vi sembra di avere un palloncino in quella zona, potrebbe essere proprio lei! Scopriamo insieme di cosa si tratta e cosa possiamo fare per sgonfiarla. 🎈

Cos’è e dov’è?

La cisti di Baker è un accumulo di liquido sinoviale che si forma dietro il ginocchio, creando un rigonfiamento visibile e spesso fastidioso. Si sviluppa quando c’è un’infiammazione o un problema all’articolazione del ginocchio, come un’artrosi o una lesione del menisco, o da sovraccarico. Insomma, il ginocchio decide di farsi un cuscinetto extra, ma non nel posto giusto! 🦶

Curiosità divertente

Sapete perché si chiama così? Il nome deriva dal chirurgo William Morrant Baker, che per primo descrisse questa condizione nel XIX secolo. Immaginiamo il dottor Baker dire: "Ecco un’altra cisti dietro il ginocchio… questa me la prendo io!" 🤓

Come si sviluppa?

La cisti di Baker si sviluppa quando il liquido sinoviale, prodotto per lubrificare l’articolazione, si accumula in eccesso e si sposta nella parte posteriore del ginocchio. Questo può succedere a causa di infiammazioni croniche, traumi o lesioni interne. Più liquido c’è, più la cisti si gonfia, creando fastidi o limitazioni nei movimenti. 💧

La cisti di Baker nella vita quotidiana

Se avete difficoltà a piegare o estendere il ginocchio, sentite una sensazione di tensione o notate un rigonfiamento dietro il ginocchio, potrebbe essere una cisti di Baker. Attenzione: può peggiorare dopo attività che stressano il ginocchio, come salire le scale o fare jogging. 🏃‍♀️

Parole complicate, spiegate semplici

Liquido sinoviale: una sorta di "olio lubrificante" naturale che aiuta l’articolazione a muoversi senza attrito. 🛢️

Cisti: una sacca piena di liquido che si forma dove non dovrebbe. 🎈

Accenni di fisioterapia

La fisioterapia per la cisti di Baker include esercizi per migliorare la mobilità del ginocchio, rafforzare i muscoli circostanti e ridurre l’infiammazione. Tecniche di drenaggio linfatico e massoterapia possono aiutare a ridurre il gonfiore. Nei casi più avanzati, si lavora per alleviare le cause sottostanti, come l’artrosi o la lesione del menisco. 💪

Curiosità scientifica

Sapevate che la cisti di Baker è più comune nei corridori e in chi ha lavori che richiedono di stare molto in piedi? La pressione costante sull’articolazione del ginocchio può favorirne la formazione. 🏋️

Conclusione

La cisti di Baker può sembrare un mistero all’inizio, ma con un approccio mirato e qualche esercizio possiamo risolvere il problema e tornare a muoverci senza fastidi.

A sabato prossimo per il prossimo episodio! 👋

14/12/2024

Anni di studio, notti insonni su libri di anatomia, esami su esami per imparare a decifrare i misteri del sistema nervoso. E poi la realtà ti accoglie con la sua ironia.

Ultimo paziente della giornata, iniziata alle 8:00: "Dottore, credo di avere un nervo accavallato!"

Ah, la fisioterapia: metà scienza, metà missione divina per sfatare miti! 😂

E in quel momento te lo chiedi: "sto zitto o spiego?" E poi, inevitabilmente, spiego. Fino all'ultimo istante, perché la scienza merita sempre l'ultima parola! 💪

08/12/2024

LA SINDROME DELLA BANDELLETTA ILEOTIBIALE: quando la corsa diventa una sofferenza laterale!

Benvenuti a un nuovo episodio di "Patologie Spiritose", dove affrontiamo i malanni… tra curiosità e leggerezza! Oggi parliamo di un problema molto comune tra i corridori, ma che può colpire anche chi cammina tanto o fa sport: la sindrome della bandelletta ileotibiale. Sentite un dolore fastidioso sul lato esterno del ginocchio quando correte? Potrebbe essere lei che vi dice di rallentare un po’! Scopriamo insieme cos’è e come evitarla.

Cos’è e dov’è?

La bandelletta ileotibiale è una fascia fibrosa che corre lungo il lato esterno della coscia, dal bacino fino al ginocchio. Quando questa fascia si infiamma o si irrita a causa di un uso eccessivo, può causare dolore proprio sul lato esterno del ginocchio, rendendo difficile continuare a correre o camminare.

Curiosità divertente

La sindrome della bandelletta ileotibiale è conosciuta come la "maledizione dei corridori", ma non colpisce solo loro! Anche ciclisti e escursionisti possono soffrire di questo fastidio. Insomma, è una sindrome che non discrimina, colpisce chiunque ami muoversi!

Come si sviluppa?

La sindrome si sviluppa quando la bandelletta ileotibiale sfrega troppo contro l’osso del ginocchio durante l’attività fisica, specialmente durante la corsa o il ciclismo. Questa frizione provoca infiammazione e dolore, che può iniziare come un leggero fastidio e peggiorare fino a rendere impossibile correre o camminare senza provare dolore.

E nella vita quotidiana?

Se siete corridori, ciclisti o amate fare lunghe passeggiate, potreste essere a rischio. Anche un aumento improvviso dell’intensità dell’allenamento o scarpe inadatte possono contribuire allo sviluppo di questo problema. Insomma, a volte il nostro corpo ci dice che dobbiamo andare con più calma!

Parole complicate, spiegate semplici

• Bandelletta ileotibiale: è una fascia di tessuto che parte dall’anca e arriva fino al ginocchio. Serve a stabilizzare la gamba, ma quando si irrita, diventa davvero fastidiosa.

• Infiammazione: quando il nostro corpo reagisce a uno sforzo o irritazione, causando gonfiore e dolore.

Come prevenirla?

È importante fare stretching regolarmente, rinforzare i muscoli delle gambe e usare scarpe adatte alla corsa o alle lunghe camminate. E, naturalmente, ascoltare il corpo: se inizia a far male, meglio rallentare!

Curiosità scientifica

Sapevate che la sindrome della bandelletta ileotibiale è una delle cause più comuni di dolore al ginocchio nei corridori? Infatti, può rappresentare fino al 12% delle lesioni legate alla corsa!

Conclusione

La sindrome della bandelletta ileotibiale può farci rallentare un po’, ma con i giusti esercizi e qualche accorgimento, possiamo tornare a correre senza problemi… e magari anche con più gioia! 😄

Ci vediamo sabato prossimo con il nuovo episodio di Patologie spiritose, dove affrontiamo i malanni.. tra curiosità e leggerezza! 🥰

Indirizzo

Via Palestro 17
Ascoli
63100

Orario di apertura

Lunedì 08:00 - 13:00
15:00 - 19:00
Martedì 08:00 - 13:00
15:00 - 19:00
Mercoledì 08:00 - 13:00
15:00 - 19:00
Giovedì 08:00 - 13:00
15:00 - 19:00
Venerdì 08:00 - 13:00
15:00 - 19:00

Telefono

0736257476

Sito Web

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Fisioterapia Centro Salus Ascoli Piceno pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Condividi