Dr Francesco Sansone

Dr Francesco Sansone Informazioni di contatto, mappa e indicazioni stradali, modulo di contatto, orari di apertura, servizi, valutazioni, foto, video e annunci di Dr Francesco Sansone, Psicoterapeuta, Via Rettifilo 44, Avellino.

Riconoscere il Vero "Figlio Unico" che è in Te.Non è l'essere figlio unico in sé a determinare narcisismo o dipendenza, ...
30/07/2025

Riconoscere il Vero "Figlio Unico" che è in Te.

Non è l'essere figlio unico in sé a determinare narcisismo o dipendenza, ma piuttosto
le dinamiche familiari, specialmente la presenza di tratti narcisistici nei genitori. La
domanda cruciale è proprio questa: il vissuto di "unicità" acquisito dal bambino si
traduce in un sentirsi "speciale" o "perfetto", oppure in una dipendenza emotiva?
Sentirsi "Speciale" o "Perfetto": Se i genitori idealizzano eccessivamente il figlio
unico, lo colmano di attenzioni esclusive e gratificazioni, senza porre limiti o favorire
un confronto con la realtà esterna, il bambino potrebbe sviluppare un senso di
grandiosità. Questo può, in alcuni casi, sfociare in tratti narcisistici, dove il bambino
impara a credere di meritare un trattamento speciale e di essere superiore agli altri.
Non è la sua "unicità" a renderlo narcisista, ma l'amplificazione distorta di questa
unicità da parte dei genitori. Dipendenza Emotiva: Al contrario, se il legame con i
genitori è "simbiotico e privo di confini", il rischio è che il bambino sviluppi una
forte dipendenza emotiva. In queste dinamiche, il figlio potrebbe avere difficoltà a
sviluppare un'identità autonoma, a prendere decisioni indipendenti o a stabilire
relazioni sane al di fuori del nucleo familiare. L'eccessiva fusione con i genitori può
impedire al bambino di esplorare il mondo e di costruirsi una propria individualità.
Gestire un genitore narcisista può essere emotivamente estenuante, Crescere con un
genitore narcisista è come vivere in una casa piena di specchi che riflettono solo
l’immagine dell’altro. Il tuo dolore non ha mai avuto spazio, le tue emozioni non
sono mai state il centro. Un figlio dipendente e vulnerabile spesso nasce da
dinamiche familiari disfunzionali, in cui il genitore (spesso narcisista o iperprotettivo)
esercita un controllo emotivo che ostacola lo sviluppo dell’autonomia. Questo tipo di
dipendenza può diventare patologica e influenzare profondamente la personalità e le
relazioni del figlio. Se sei cresciuto in un ambiente che ti ha insegnato a dubitare di te
stesso e arrivato il momento che puoi disimparare da quel dolore e riscoprire chi sei.
A volte ti senti fragile, come se il tuo valore dipendesse da ciò che gli altri pensano di
te anche se hai vissuto momenti in cui ti sei sentito invisibile, inascoltato, o troppo
piccolo per essere davvero visto. Ma ricordarti : tu vali. Non per quello che fai, non
per quanto sei utile, non per quanto riesci a compiacere gli altri. Tu vali perché esisti.
Hai dentro di te una forza che forse non hai ancora scoperto del tutto. Ogni volta che
hai avuto paura e hai continuato, ogni volta che hai sentito il peso del giudizio e hai
cercato comunque di essere te stesso… quella è forza. Quella è resilienza. Non sei
solo. E non sei sbagliato. Sei un essere umano che merita amore, rispetto e libertà.
Meriti relazioni che ti nutrono, non che ti svuotano. Meriti di scegliere, di sbagliare,
di imparare, di essere imperfetto. Da oggi, prova a trattarti come tratteresti un amico
che ami: con gentilezza, con pazienza, con cura. Non devi dimostrare nulla. Devi solo
essere te. La tua storia non ti definisce. Può spiegare da dove vieni, ma non decide
dove puoi andare. Ogni passo verso l’autonomia è un atto di guarigione. Anche quelli
piccoli, anche quelli incerti. Hai il diritto di essere ascoltato, rispettato e amato per
ciò che sei. Non per ciò che gli altri vogliono che tu sia. Se mai ti sentirai di nuovo
perso, sappi che puoi usare l’osservatore non partecipante.“Non sei nato per
compiacere chi non ti vede. Sei nato per diventare chi sei, anche se questo significa
deludere chi ti voleva diverso.”. “Tienila con te nei momenti in cui ti senti smarrito. Il
figlio unico, se non impara a navigare l'oceano da solo, rischia di naufragare nel porto
dei genitori”. Puoi avere la sindrome del figlio unico, ciò accade perché le dinamiche
familiari sono complesse e la percezione del proprio ruolo all'interno della famiglia
non dipende solo dal numero di fratelli, ma da molti altri fattori. Se i tuoi fratelli sono
molto più grandi o molto più piccoli di te, potresti aver trascorso periodi significativi
della tua infanzia sentendoti come un "figlio unico" in termini di compagnia e
interazione con i pari all'interno della famiglia. Potrebbe esserci stata una fase in cui i
tuoi genitori si sono concentrati maggiormente su di te (ad esempio, se eri il primo,
l'ultimo nato, o se avevi particolari esigenze in un certo periodo), facendoti sentire al
centro dell'attenzione in modo simile a un figlio unico. Potresti aver assunto un ruolo
specifico all'interno della famiglia che ti isolava in qualche modo dagli altri fratelli
(ad esempio, il "pacifico", il "responsabile", il “ribelle", il "capro espiatorio"),
portandoti a sentire meno la connessione o la competizione tipica tra fratelli. Anche
con fratelli presenti, potrebbero esserci stati periodi di distanza emotiva o fisica, o
relazioni meno strette, che ti hanno portato a sentirti più solo o a dover contare
maggiormente su te stesso o sui genitori. A volte, un figlio può sentire il peso delle
aspettative genitoriali in modo simile a un figlio unico, soprattutto se i genitori
proiettano su di lui ambizioni o desideri specifici, indipendentemente dalla presenza
di altri figli. La tua personalità intrinseca potrebbe portarti a preferire la solitudine, a
essere più introspettivo o a cercare l'autonomia, caratteristiche che a volte vengono
associate ai figli unici. La tua esperienza è unica. Anche se oggettivamente hai
fratelli, la tua percezione di come sei stato cresciuto e del tuo posto nella famiglia può
farti sentire in un modo che rispecchia alcuni degli effetti di essere il 'preferito' o il
'meno considerato’. Siamo tutti fratelli ma c'è già una diffusa tendenza, in certi
momenti, a sentirci figli unici. Figlio unico, figlio capriccioso. Figlio unico: o tutto
matto o tutto savio. Il figlio unico è sempre disgraziato, perché troppo accarezzato.
Un figlio è poco, e due sono troppi.

La Paranoia: Quando il Sospetto Diventa OmbraLa paranoia è un'esperienza umana che può variare da una leggera diffidenza...
16/07/2025

La Paranoia: Quando il Sospetto Diventa Ombra

La paranoia è un'esperienza umana che può variare da una leggera diffidenza a una
profonda e irrazionale convinzione di essere perseguitati. Al suo cuore c'è un pensiero
persistente e irrazionale, dominato da un eccessivo sospetto e diffidenza verso gli
altri. Chi ne soffre è spesso convinto di subire ingiustizie, di essere bersaglio di
intenzioni malevole, o persino di trovarsi al centro di una cospirazione. La sensazione
prevalente è quella di una minaccia incombente, di un pericolo o di un'aggressione
imminente. Il termine "paranoia" ha radici antiche, derivando dal greco "para" (oltre,
irregolare) e "noos" (mente). Comprendere le cause della paranoia è complesso,
poiché spesso è il risultato di un intreccio di fattori: Esperienze traumatiche, come
avversità e abusi vissuti precocemente, possono distorcere ricordi, pensieri ed
emozioni, aumentando il rischio di ideazione paranoide e psicosi. Lo stress, sia acuto
che prolungato, sembra rendere le persone più vulnerabili. Fattori socio-ambientali,
come vivere in contesti con bassa coesione sociale, possono contribuire. La
deprivazione di sonno è un altro elemento da considerare, potendo indurre
cambiamenti temporanei nell'umore e nella cognizione. Infine, esperienze avversive
come il bullismo e altre forme di vittimizzazione reiterata sono state associate
all'esordio di fenomeni psicotici. Questi sentimenti includono paure di rifiuto legate
all'ansia sociale e convinzioni negative su se stessi, che generano un senso di
inferiorità. Immagini o ricordi negativi e la percezione di un minor controllo sugli
eventi possono ulteriormente alimentare la sensazione di essere vulnerabili ed
"esposti" a minacce esterne. In questo circolo vizioso, le convinzioni positive su se
stessi sono spesso troppo deboli per contrastare il senso di vulnerabilità. La paura di
subire un danno viene alimentata da una ruminazione mentale costante sulle proprie
preoccupazioni, mentre sensazioni e percezioni interne insolite – come sintomi
d'ansia inspiegabili, dissociazione e dispercezioni – portano l'individuo a formulare
spiegazioni spaventose e minacciose. Per proteggersi, la persona può adottare
comportamenti di ricerca di sicurezza che, se da un lato bloccano temporaneamente le
paure, dall'altro impediscono di cercare prove razionali che possano confermare o
smentire le proprie spiegazioni. Questi comportamenti protettivi possono includere
l'evitamento, ma anche strategie più sottili come una vigilanza costante o il
mantenimento di un profilo basso. Una Luce nel Labirinto Paranoico? La
mindfulness è un'attitudine che si coltiva attraverso pratiche specifiche, focalizzando
l'attenzione in modo non giudicante sul momento presente, il cosiddetto hic et nunc.
Spostare l'attenzione sul presente in modo non giudicante favorisce lo sviluppo di un
atteggiamento di accettazione di sé, dei propri pensieri e delle proprie emozioni, un
approccio che potrebbe rivelarsi prezioso nel labirinto della paranoia. Il bambino che
da adulto svilupperà un funzionamento paranoide ha patito sistematicamente una
serie di“ferite” a livello del proprio valore e delle proprie capacità. Egli ha quasi
sempre esperito momenti di abbandono, sopruso e umiliazione. Il contesto familiare
paranoide è dominato dalle critiche e dalla ridicolizzazioni del figlio che verrà spesso
utilizzato come capro espiatorio delle tensioni familiari oppure come bersaglio delle
proiezioni di conflitti all’interno della famiglia. Il soggetto paranoide spesso si sente
come l’elemento “debole” della famiglia e scifta incosapevolmente nel ruolo del
paziente designato. Sopraffazione, svalutazione e diffidenza: il “terreno fertile” per lo
sviluppo della paranoia. La persona paranoica è pertanto perennemente preoccupata
da questioni di potere e da sospetti sulle intenzioni malevoli degli altri, con
conseguente chiusura e rischio di isolamento sociale nei casi più gravi. Tuttavia, a
differenza dei soggetti psicopatici e antisociali, nelle primissime fasi della loro
infanzia le persone paranoidi hanno colto una primitiva forma di presenza emotiva e
interesse nei loro confronti. Questa piccola “reminiscenza” è ciò che consente di
mantenere un barlume di empatia, seppur contaminato dalla diffidenza e dalla
sospettosità. È a partire da questa “fiammella” di empatia in grado di dare inizio ad
un costruttivo percorso alterrnativo alla mera esistenza alla vita. Siamo spiacenti di
informarti che hai raggiunto il limite di pensieri ansiosi e assurdi consentiti. Per
continuare a riempirti la testa di paranoie e preoccupazioni, ti consigliamo di
approfittare della nostra offerta Premium, che ti assegnerà un amore non corrisposto,
un lavoro che non ti piace, un futuro nero o una malattia a scelta.
(Fabrizio Caramagna)

Logica-menteIn geometria, 360 gradi rappresentano una rotazione completa, come fare un giro susé stessi e tornare al pun...
02/07/2025

Logica-mente

In geometria, 360 gradi rappresentano una rotazione completa, come fare un giro su
sé stessi e tornare al punto di partenza. Ma matematicamente, non c'è nulla che
impedisca di continuare a ruotare oltre: ad esempio, un angolo di 450 gradi significa
fare un giro completo (360°) e poi ancora 90°. È un po’ come quando un orologio
continua a girare: se sono passate 13 ore, tecnicamente hai fatto un giro completo (12
ore) e poi un’altra ora in più. L’ansia può emergere proprio quando la realtà
contraddice queste aspettative rigide. Ma è anche un’occasione preziosa per rimettere
in discussione i nostri schemi mentali e aprirci a nuove comprensioni. Alla fine,
anche il cervello fa un po’ le sue rivoluzioni, come gli angoli… la mente mente.
Quante volte hai avuto una preoccupazione che poi si è rivelata infondata? Diventare
consapevoli della mente che mente… è come svegliarsi dentro un sogno, e decidere
di riscriverne la sceneggiatura. Tu non sei il pensiero. Questa frase, tanto semplice
quanto rivoluzionaria, è come un risveglio nel bel mezzo del sogno. I pensieri
arrivano, urlano, bisbigliano, ci turbano… ma non sei tu. Tu sei colui che li osserva.
Sei lo spazio silenzioso in cui accadono. Sei la consapevolezza che li guarda passare,
come nuvole nel cielo o scene su uno schermo. Quando dici "io penso", spesso in
realtà è il pensiero che "ti pensa". Ma quando riconosci la distanza tra te e quel
pensiero, nasce la libertà. Nasce la possibilità di dire: "questo pensiero esiste... ma
non lo seguirò ciecamente. "Attivare l’osservatore non partecipante è come salire su
una collina interna e guardare i tuoi pensieri che si muovono nella valle sotto di te—
senza giudicarli, senza fermarli, solo vedendoli. Immagina che ogni pensiero sia una
figura che attraversa un palcoscenico. Alcuni sono vestiti da paure, altri da ricordi,
alcuni urlano, altri sussurrano. Tu non sei nessuno di loro. Tu sei seduto tra il
pubblico. Silenzioso. Immobile. Testimone. Non devi scacciare gli attori. Non devi
applaudirli. Solo vederli entrare... e poi uscire. Uno dice: “Fallirai.” Un altro: “Non
sei abbastanza.” Tu... resti seduto. Respiri. Li lasci passare. Come nuvole su uno
schermo interiore. Ogni volta che ti identifichi troppo con un pensiero, ricorda: puoi
sempre tornare a quel posto in prima fila, dove guardi senza farti trascinare. “Questo
è un pensiero. Lo vedo. Lo lascio.” Come un’àncora. Ti ricorda che tu sei colui che
guarda, non ciò che viene guardato: “Io non sono il pensiero. Io sono lo spazio che lo
ospita.” L'ansia è spesso la "voce" rumorosa, frettolosa, piena di scenari catastrofici.
È il sistema di allarme del nostro cervello che va in sovraccarico, distorto dagli errori
cognitivi e dal tentativo di controllare l'incontrollabile. È una forza che ci spinge a
reagire, a fuggire, a preoccuparci, spesso senza una minaccia immediata e reale. Il
Saggio Interiore, d'altra parte, è quella voce calma, profonda e intuitiva che abbiamo
imparato a riconoscere. Non è spinto dalla paura, non giudica, e offre una prospettiva
più ampia e compassionevole. È la tua saggezza innata, la parte di te che sa cosa è
veramente importante e come navigare le sfide della vita con equilibrio. Il Saggio
Interiore ti aiuta a vedere l'ansia non come una verità assoluta da seguire ciecamente,
ma come un messaggero. Spesso, l'ansia porta un messaggio (es. "C'è qualcosa che
mi preoccupa," "Ho bisogno di riposo," "Devo affrontare una situazione"). Il Saggio
Interiore ti permette di decodificare quel messaggio senza farti travolgere dalla sua
intensità o dalle sue distorsioni. Ti invita a chiedere: "Cosa stai cercando di dirmi,
ansia, al di là della paura?”. Quando l'ansia si fa sentire, il Saggio Interiore ti guida ad
attivare l'osservatore non partecipante. Ti ricorda che non sei l'ansia, ma colui che la
osserva. L'ansia è spesso legata a pensieri specifici, spesso carichi di
catastrofizzazione o di pensiero dicotomico. Il Saggio Interiore non accetta queste
narrazioni come verità. Ti spinge a chiederti con gentilezza: "Questo pensiero è
davvero supportato dai fatti? C'è un'altra prospettiva che l'ansia mi sta impedendo di
vedere?”. L'ansia spesso paralizza o spinge a reazioni impulsive. Il Saggio Interiore,
invece, ti orienta verso un'azione consapevole e allineata ai tuoi valori. Se l'ansia ti
dice di fuggire, il Saggio potrebbe suggerire un piccolo passo coraggioso, o
l'accettazione che non tutto è sotto il tuo controllo. Il Saggio Interiore comprende che
l'ansia è una parte dell'esperienza umana, specie per gli esseri imperfetti e mortali. Ti
invita a trattare l'ansia non come un nemico da sconfiggere, ma come una parte
sofferente di te che ha bisogno di gentilezza e comprensione. Questa accettazione
riduce la lotta interna che spesso amplifica la sofferenza. In sostanza, il Saggio
Interiore è il tuo navigatore più affidabile quando l'ansia si scatena. Non la nega, ma
ti fornisce la lucidità, la compassione e la saggezza per comprenderla, attraversarla e,
in ultimo, imparare da essa, senza lasciarti definire o controllare. Il passato deve
essere distrutto prima che nasca un nuovo futuro. Ogni crescita è un segno che tu stai
dando ancora vita a te stesso; in ogni momento nasce il bambino. Ed è un processo
continuo, senza fine; non giunge mai ad una conclusione. Puoi riposarti per un
attimo, ma il viaggio non finisce mai.
Osho, Discorsi, 1953/90

Quando la Seduzione si fa Amore: Oltre il Primo SguardoLa seduzione, in senso lato, implica l'uso abile del fascino e de...
18/06/2025

Quando la Seduzione si fa Amore: Oltre il Primo Sguardo

La seduzione, in senso lato, implica l'uso abile del fascino e dell'attrattiva per ottenere
ammirazione, stima o interesse romantico, con l'intenzione ultima di stabilire una
connessione. Il termine "seduzione" ha radici profonde nel latino, derivando da
"seductio", che significa "condurre a lato" o "separare". Inizialmente, questo concetto
era neutro, indicando semplicemente un allontanamento da un percorso stabilito.
Tuttavia, nel latino ecclesiastico, la sua connotazione mutò radicalmente, assumendo
un significato negativo di "sviare dal bene attraverso lusinghe e incitamenti". La
seduzione è un processo profondo, capace di attivare un "imprinting iniziale"
dell'esistenza umana, richiamando la dinamica in cui il sorriso di un bambino evoca
tenerezza nella madre. Questa dinamica primordiale riemerge continuamente negli
incontri adulti. Essere "sviati" da una situazione seduttiva può, paradossalmente,
facilitare un incontro con "aspetti nascosti della propria personalità" o con “l’ Ombra"
junghiana, suggerendo un potenziale di auto-scoperta anche attraverso ciò che
potrebbe apparire come inganno. Ciò indica che la seduzione può fungere da
catalizzatore per un'esplorazione interiore, portando alla luce parti dell'anima che
altrimenti sarebbero rimaste in ombra .Le interpretazioni moderne spesso definiscono
la seduzione come "l'affermazione di una volontà soggettiva raggiunta per mezzo
dell'inganno", dove il seduttore è il "protagonista attivo" e il sedotto è la sua "vittima,
in varia misura ingannato e colpevole". La seduzione è un'arte complessa che
coinvolge l'attrazione e la connessione con un'altra persona. Esistono principalmente
due approcci per farlo: la seduzione diretta e la seduzione indiretta. Entrambi hanno i
loro meriti e le loro situazioni ideali di applicazione. La seduzione diretta è, come
suggerisce il nome, un approccio schietto e senza mezzi termini. Si basa
sull'esprimere chiaramente il proprio interesse fin dall’inizio. Fin dal primo
approccio, si rende evidente l'interesse romantico o sessuale. Seduzione Indiretta: è
un approccio più sottile e graduale. Si concentra sulla creazione di un rapporto, sulla
dimostrazione di valore e sulla costruzione di un'attrazione attraverso la
conversazione e l'interazione, prima di rivelare l'intento romantico. L'interesse
romantico non è dichiarato esplicitamente all'inizio. L'approccio può iniziare come
una semplice conversazione amichevole…L'amore per il sé non è egoismo, ma
autentica accettazione e cura di chi siamo. Significa riconoscere il proprio valore,
accettare le proprie imperfezioni e prendersi cura delle proprie esigenze emotive,
fisiche e mentali. Quando siamo distimici, tendiamo a cercarlo disperatamente
all'esterno. Questo può portarci a dipendere dall'approvazione altrui: ci sentiamo
validi solo quando gli altri ci riconoscono e ci apprezzano. Accettiamo meno di ciò
che meritiamo per paura di rimanere soli o di non essere amati. Mettiamo sempre i
bisogni degli altri prima dei nostri, perdendo di vista la nostra identità. Costruire
l'amore verso se stessi significa diventare il proprio porto sicuro. Quando coltiviamo
l'amore per noi stessi, la nostra capacità di amare gli altri si espande e si trasforma.
L'amore verso l'altro diventa meno un bisogno e più una scelta consapevole e
generosa. Siamo in grado di connetterci con le emozioni e le esperienze altrui senza
proiettare le nostre insicurezze. Onoriamo l'individualità dell'altro, i suoi spazi e le
sue scelte. Esprimiamo i nostri pensieri e sentimenti in modo chiaro e onesto, e siamo
in grado di ascoltare attivamente. Desideriamo il bene dell'altro e lo incoraggiamo a
realizzare il suo potenziale. Non cerchiamo di controllare o possedere l'altro, ma
celebriamo la sua indipendenza. Senza amore per il sé, l'amore verso l'altro può
facilmente trasformarsi in dipendenza emotiva, manipolazione o risentimento. Se il
nostro serbatoio interno è vuoto, cercheremo di riempirlo con l'amore degli altri,
creando un ciclo insostenibile. Il Circolo Virtuoso: Amare Sé Stessi per Amare
Meglio. “L'omo ha desiderio d'intendere se la femmina è cedibile alla dimandata
lussuria, e intendendo di sì e come ell'ha desiderio dell'omo, elli la richiede e mette in
opera il suo desiderio, e intender nol può se non confessa, e confessando fotte.”
Leonardo Da Vinci

07/06/2025
Interpretazione paranoide e locus of controlImmagina di camminare per strada e ogni sguardo, ogni risata, ogni conversaz...
04/06/2025

Interpretazione paranoide e locus of control

Immagina di camminare per strada e ogni sguardo, ogni risata, ogni conversazione
sussurrata, sembra direttamente collegata a te. Non in un modo positivo, ma come se
ci fosse un'ombra di minaccia che ti segue ovunque. Questa è, in sintesi, la paranoia.
È una lente distorta attraverso cui il mondo appare non come un luogo neutro o
benevolo, ma come un palcoscenico in cui tutti gli altri sono potenzialmente attori in
un complotto contro di te. Non parliamo di un sospetto occasionale o di una sana
cautela. La paranoia è un dubbio radicato e pervasivo che si tinge di irrazionalità. La
persona paranoica può interpretare un commento innocuo come una frecciata
velenosa, un ritardo come un boicottaggio intenzionale, o un gruppo di persone che
ridono come se stessero ridendo di lei. Questo stato mentale è caratterizzato da
Diffidenza Cronica: Una incapacità profonda e quasi automatica di fidarsi degli altri,
percepiti come potenzialmente ingannevoli, infidi o malevoli. Sentimento di
Persecuzione: La convinzione che gli altri stiano cospirando per farle del male,
umiliarla, sfruttarla o danneggiarla in qualche modo. Possono sentirsi "sotto
osservazione" o "presi di mira". Ipervigilanza: Un costante stato di allerta, dove ogni
dettaglio viene scandagliato alla ricerca di indizi che confermino i propri sospetti.
Ogni sguardo, ogni tono di voce, ogni gesto, viene analizzato come un potenziale
segnale di ostilità. Interpretazione Distorta: Eventi neutrali o ambigui vengono
sistematicamente interpretati in chiave negativa e personale, rafforzando le
convinzioni persecutorie. Il locus of control è come una bussola interna che indica
che dove pensiamo risieda il potere sulle nostre vite. È la risposta implicita alla
domanda: "Sono io il capitano della mia nave, o sono solo un passeggero in balia
delle onde?" Locus of Control Interno. Il Capitano della Propria Nave: Immagina una
persona che si alza al mattino e sente di avere le redini della propria giornata in mano.
Se le cose vanno bene, sa che è merito del suo impegno, della sua intelligenza o delle
sue scelte. Se qualcosa va storto, non si arrende; piuttosto, analizza cosa può aver
sbagliato, cosa può imparare e come può modificare il suo percorso per il futuro.
Queste persone credono fermamente che il loro successo o fallimento sia direttamente
attribuibile alle loro azioni, decisioni e sforzi. Si sentono responsabili e, proprio per
questo, sono più propense a: Prendere iniziative e cercare opportunità. Affrontare le
sfide con proattività. Imparare dai propri errori. Avere una maggiore autostima e
senso di efficacia personale. Sono i "fautori del proprio destino". Locus of Control
Esterno: Il Passeggero in Balia delle Onde: Ora, immagina l'opposto: una persona che
percepisce la sua vita come un flusso di eventi su cui ha poco o nessun controllo. Se
ottiene un buon risultato, è stata fortuna, un colpo di mano del destino, o l'aiuto di
qualcuno. Se fallisce, è colpa delle circostanze sfortunate, di un sistema ingiusto, del
cattivo tempo o di altre persone. Queste persone tendono a credere che la loro vita sia
guidata da forze esterne – il caso, la fortuna, il destino, le decisioni altrui, l'influenza
della società. Possono sentirsi più impotenti e inclini a: Mostrare apatia o
rassegnazione. Evitare di assumersi responsabilità. Sviluppare un senso di
vittimismo. Sentirsi demotivate, perché percepiscono che i loro sforzi non
cambieranno l'esito. Sono i "giocattoli del destino". Ed è qui che le due strade si
incrociano in modo significativo. La paranoia trova un terreno fertile nel locus of
control esterno, specialmente quando quest'ultimo si focalizza sulla convinzione che
la propria vita sia controllata da altri, e che questi "altri" siano malevoli. Pensa al
paranoico: se la sua mente è costantemente all'erta per minacce e complotti, non può
credere di essere lui stesso a influenzare gli eventi in modo positivo e sicuro. Invece,
la sua percezione del mondo è dominata dalla convinzione che: Il male viene da
fuori: Le sfortune, i problemi, le delusioni non sono attribuite alle proprie azioni o al
caso, ma a "qualcuno" o "qualcosa" che agisce attivamente contro di lui. Gli altri
sono i "controllori" malevoli: Invece di attribuire il controllo al destino o alla fortuna,
la persona paranoica lo attribuisce specificamente ad agenti umani o entità (spesso
vaghe ma sempre ostili) che tramano e ordiscono. Questo trasforma il locus di
controllo esterno in una vera e propria persecuzione esterna. Un senso di impotenza
radicato: Se il mondo è costellato di minacce e gli "altri" hanno un potere così grande
da poterti danneggiare a piacimento, è logico sentirsi impotenti. Questa impotenza
rafforza la convinzione che la propria vita sia fuori controllo, e che la minaccia sia
sempre imminente e inevitabile. In pratica, mentre una persona con un locus di
control esterno potrebbe semplicemente sentirsi sfortunata, la persona paranoica si
sente perseguitata. Non è solo che gli eventi sfuggono al suo controllo, ma che
qualcuno o qualcosa li sta attivamente manipolando per farle del male. Questa
attribuzione malevola e personale del controllo esterno è il ponte che unisce la
paranoia a questa specifica manifestazione del locus of control. La loro natura
aggressiva e sospettosa può suscitare risposte ostili negli altri, confermando le loro
aspettative originali e creando una "profezia che si autoavvera". A causa della loro
scarsa fiducia negli altri, tendono a essere eccessivamente autosufficienti e autonomi.
Potremmo azzardarci ad affermare che l'isteria è la caricatura di una creazione
artistica, che la nevrosi ossessiva è la caricatura di una religione, che il delirio
paranoico è la caricatura di un sistema filosofico.” Sigmund Freud

Sindrome di HikikomoriUn fenomeno sociale che, per come lo conosciamo, nasce nel Giappone del boomtecnologico degli Anni...
22/05/2025

Sindrome di Hikikomori

Un fenomeno sociale che, per come lo conosciamo, nasce nel Giappone del boom
tecnologico degli Anni '80, ma che ha oggi degli "omologhi" un po' in tutto il mondo,
Italia compresa. Un fenomeno preoccupante, che porta all'alienazione e
all'estraneazione dalla società di una consistente fetta di giovani, che finiscono prima
col rinchiudersi in sé stessi e poi rinchiudersi nel "buio" di quattro mura (solitamente
la loro cameretta). Ci riferiamo al fenomeno degli hikikomori (in Giapponese) o neet
(acronimo di Not in Education, Employment or Training), adolescenti (uomini,
nell'80% dei casi) incapaci di reggere la pressione sociale e il confronto con gli altri
che finiscono per avere come unica finestra sul mondo lo schermo del loro computer.
In un’epoca in cui la vita virtuale è diventata importante quasi quanto quella reale, un
fenomeno sociale come la sindrome da hikikomori si sta imponendo sempre più
all’attenzione. Con il termine giapponese hikikomori, traducibile in “isolamento”, si
designa una sindrome che colpisce per lo più gli adolescenti che scelgono di ritirarsi
dalla vita sociale, isolandosi nelle proprie abitazioni e creando un mondo alternativo
nel quale sono gli unici protagonisti. All’origine dell’isolamento ci sarebbero le alte
aspettative riposte dalla famiglia sulle capacità del figlio, la severità del sistema
scolastico e l’esclusione dal gruppo dei coetanei. Gli Hikikomori sviluppano una
Noosfobia, ossia una paura angosciosa delle intenzioni, dei sentimenti, dei pensieri
dell’altro, percepito come malvagio e giudicante; da qui l’adozione da parte del
soggetto di tecniche difensive che sfociano nella fobia sociale e nel ritiro, con la
creazione di un mondo alternativo, spesso virtuale, dove tramite i device è possibile
instaurare relazioni basate su emozioni controllabili perché estranee alle intenzioni
altrui. In assenza di cure, gli Hikikomori imboccano la strada verso il non umano,
riducendo le persone a “cose”. Per capire il tema del ritiro sociale nell’adolescenza
(ritiro che potrebbe essere visto come un rifiuto verso il contatto sociale), è bene
partire dal significato della parola giapponese hikikomori, che alla lettera significa
“stare in disparte”. Nel concreto, questa espressione sta a indicare la tendenza a
isolarsi in casa, interrompendo la frequenza scolastica e i rapporti sociali e riducendo
al minimo le interazioni dirette con il mondo esterno, sostituite dalla comunicazione
tramite i canali digitali. La mancanza di fiducia interna impedisce di elaborare il lutto
dell’ideale infantile e diventa incertezza e timore del fallimento. Una protezione a
tutto questo viene trovata dall’adolescente nella chiusura. Se a questa chiusura si
associano casi di bullismo, la sofferenza e il senso di sfiducia possono lasciare ferite
profonde. Il modo in cui gli hikikomori passano il tempo può variare notevolmente da
persona a persona. Alcuni trascorrono il tempo navigando su Internet, da cui spesso
sono altamente dipendenti, giocando a videogiochi o guardando film e serie TV. Altri
potrebbero dedicarsi a hobby creativi come la scrittura, il disegno o la musica. Alcuni
hikikomori potrebbero concentrarsi su attività autodistruttive o passare gran parte del
tempo dormendo. Il ritiro sociale viene visto dall’adolescente hikikomori come la
soluzione immediata al suo dolore: somatizzazione e angosce tendono a sparire, e si
ha l’illusione momentanea del controllo. Una sorta di farmaco che anestetizza le
frustrazioni della vita. In questo “bunker regressivo” i ragazzi pensano di essere al
riparo dai nuovi compiti evolutivi: cambiamenti del corpo, delle responsabilità
scolastiche, personali, e delle relazioni, che hanno ormai delle sfumature erotiche e
sessuali. Perché mi sento sempre così inadeguato nel contatto con gli altri? Questo
senso di fragilità è conseguenza del confronto tra gli ideali propri, o della famiglia, e
la realtà. Lo scarto che si produce in questo confronto determina un forte senso di
inadeguatezza che ostacola la crescita. L’adolescente evita l’esplorazione di sé e non
sperimenta l’erotismo, la sessualità, l’amicalità, vissuti forse nella rete. Il timore del
giudizio mi blocca. Il tema dello sguardo dei pari è cruciale. Lo sguardo degli amici,
dei compagni di classe, il confronto con i modelli estetici visti in rete possono essere
vissuti con estrema sofferenza. Un commento stonato o un impercettibile risolino
possono diventare fonti di umiliazioni. Se non ho contatti con gli altri, vuol dire che
sono depresso? Per una diagnosi di depressione è necessaria la presenza di alcuni
sintomi: umore depresso per la maggior parte della giornata, perdita di interesse per
le attività, disturbi del sonno (come insonnia o ipersonnia), idee di morte,
rallentamento psicomotorio e mancanza di energia. Nella realtà clinica si può
osservare come i disturbi legati alla presenza di livelli elevati di ansia sociale siano
disposti lungo un continuum che va dalla timidezza ed inibizione comportamentale a
quadri clinici complessi e invalidanti, caratterizzati da evitamento marcato di tutte le
situazioni interpersonali e prestazionali a causa di una eccessiva sensibilità al giudizio
e alla critica. Sarebbe davvero molto interessante riuscire a collocare la sindrome di
Hikikomori e la Fobia Sociale lungo questo continuum, perché questo passaggio ci
potrebbe aiutare a definire la cronologia dello sviluppo dei due disturbi e l’eventuale
comorbilità tra essi. In Italia, il fenomeno hikikomori esiste ed è in crescita, sia per
alcune condizioni che lo rendono simile al Giappone: eccessiva protezione della
famiglia, narcisismo, stretta relazione madre-figlio, sia per le condizioni sociali che
favoriscono uno stato di incertezza, insicurezza e disorientamento, che, per chi è
emotivamente più esposto, possono rappresentare una spinta decisiva verso il ritiro”.

Indirizzo

Via Rettifilo 44
Avellino
83012

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 17:00
Martedì 09:00 - 17:00
Mercoledì 09:00 - 17:00
Giovedì 09:00 - 17:00
Venerdì 09:00 - 17:00
Sabato 08:00 - 17:00

Telefono

+393333050949

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Dr Francesco Sansone pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Condividi

Digitare