21/11/2025
𝐌𝐞𝐭𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐢 𝐛𝐚𝐦𝐛𝐢𝐧𝐢 𝐚𝐥 𝐜𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨, 𝐧𝐨𝐧 𝐥𝐚 𝐧𝐚𝐫𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞.
La storia dei “bambini del bosco” è stata raccontata con toni romantici, ma quando si parla di minori non possiamo affidarci al romanticismo, bensì ai loro diritti. Nei commenti leggo paragoni che non hanno senso: campi rom, casi estremi di cronaca, genitori violenti. Questi confronti spostano l’attenzione e creano solo confusione. La domanda vera è una: l’ambiente garantiva ai bambini ciò che la legge e la scienza dello sviluppo indicano come necessario? Parliamo di istruzione regolare, igiene e sicurezza adeguate, socializzazione con i pari, protezione da rischi reali, routine e stabilità emotiva. Non basta voler bene ai figli. L’amore è fondamentale, ma non sostituisce i bisogni evolutivi. La crescita richiede un contesto che li sostenga sul piano affettivo, cognitivo e sociale. E se quell’ambiente, pur nato da ideali positivi, non assicura gli standard minimi di tutela, lo Stato ha il dovere di intervenire: non per punire uno stile di vita alternativo, ma per proteggere minori che non possono scegliere. È facile affezionarsi all’immagine poetica della famiglia nel bosco, ma chi lavora con l’infanzia sa che i bambini hanno bisogno anche di continuità, confini, sicurezza, cure adeguate e opportunità di sviluppo. Il giudizio non può basarsi su sensazioni o narrazioni idealizzate. Le decisioni sui minori devono restare ancorate alla realtà. E la realtà, in questo caso, dice che i bambini vanno messi al centro, anche quando la storia che li circonda è suggestiva.
I piccoli sono stati portati in una casa famiglia insieme alla madre in seguito al provvedimento del Tribunale per i minorenni dell’Aquila