
29/09/2025
Quando un bambino o un adulto vive qualcosa di troppo grande da gestire e non trova un testimone empatico, una figura che lo veda e lo accompagni, la sofferenza resta congelata, dissociata, e diventa ferita traumatica.
In altre parole: non è solo l’urto dell’evento, ma il vuoto relazionale che lo segue a rendere il dolore intollerabile.
Il terapeuta, co-regola, offre al paziente la possibilità di sentirsi accompagnato dentro ciò che prima era insopportabile da vivere da soli.
È questo passaggio che apre la strada...
Quando l’accesso al ricordo è troppo difficile si utilizzano le tecniche sensomotorie. Queste lavorano sul corpo, senza bisogno di “ricordare tutto a parole”, e aiutano a sciogliere le tracce del trauma rimaste nella memoria implicita.
Alcuni esempi:
-notare le sensazioni fisiche presenti qui e ora e imparare a modularle;
-lavorare su posture e movimenti interrotti (es. un gesto di difesa mai completato) per dare al corpo la possibilità di “finire l’azione bloccata”;
-esercizi di radicamento e confine corporeo, che rafforzano la percezione di sicurezza.
L’EMDR, integrato con l’approccio sensomotorio, consente poi di rielaborare i ricordi congelati: non serve riviverli per intero, ma gradualmente trasformarli da frammenti traumatici a memorie integrate.
In questo modo, la terapia non forza mai il paziente ad affrontare da solo il trauma, ma lo accompagna passo dopo passo: dal corpo alla mente, dal silenzio alla parola, dalla solitudine alla relazione.